Il presidente degli Stati Uniti avrebbe avuto tempo fino al 12 maggio per prendere una decisione sul piano d’azione congiunto con l’Iran. Ma ha voluto con grande clamore anticiparne la decadenza all’8 Maggio così che il pianeta ne potesse essere doverosamente sorpreso anche nei tempi . Così vanno le cose in Medio Oriente. Tra guerre in atto e anniversari in corso (il 70° dalla nascita di Israele e della Nakba palestinese), accordi stracciati e provocazioni militari, si prepara a grandinare ulteriormente.
Quando il potere domina la verità, la critica diventa tradimento. È quanto sta avvenendo nella comunicazione di mezzo mondo e in particolare (l’avrete notato) tra le lobby mediatiche italiane a tutela di Donald Trump e Benjamin Netanyahu, apertamente disposti ad aprire un nuovo spaventoso fronte di guerra ma ostinatamente riproposti come tutori della pace, della democrazia, della civiltà, delle regole di mercato che nulla dovrebbero avere a che fare con il ricorso alle armi. Nessuna prova sulla ripresa del nucleare di Teheran è stata data dagli Usa: non gli servono.
Partiamo dai fatti. L’Iran e un gruppo di negoziatori di sei nazioni (Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Stati Uniti e Germania) hanno raggiunto un accordo storico noto come il piano d’azione congiunta globale nel luglio 2015. Ha posto fine a 12 anni di stallo sul programma nucleare di Teheran. L’accordo ha limitato il programma iraniano per rassicurare il resto del mondo che non sarebbe stato in grado di sviluppare armi nucleari, in cambio di sgravi delle sanzioni. L’Iran accetta i rigidi limiti del suo programma nucleare in cambio di una fuga dalle sanzioni che sono cresciute intorno alla sua economia oltre un decennio prima dell’accordo.
Sotto l’accordo l’Iran ha staccato 2/3 delle sue centrifughe, ha spedito il 98% del suo uranio arricchito e ha riempito il suo reattore di produzione di plutonio con cemento. Teheran ha anche accettato un ampio monitoraggio da parte dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), che si è sincerata 10 volte dell’accordo e che recentemente ha dichiarato che Teheran ha rispettato le sue condizioni. In cambio, tutte le sanzioni relative al nucleare sono state revocate a gennaio 2016, ricollegando l’Iran ai mercati globali.
Perché Trump vuole eliminare l’accordo? Ritiene che non sia sufficiente per affrontare il comportamento regionale dell’Iran o il suo programma missilistico. In vista dell’annuncio sul nucleare iraniano più di 100 figure di leadership scientifiche, diplomatiche e militari europee e oltre 500 parlamentari francesi, tedeschi e britannici stanno facendo appello al presidente Trump affinché non intraprenda un’azione unilaterale che metterebbe a repentaglio l’accordo e innescherebbe una crisi nelle relazioni Usa-Europa. La richiesta, concretamente, si traduce nel timore che Europa, Russia e Cina continuino nell’accordo con l’Iran, lasciando gli Stati Uniti isolati e indeboliti nel gestire sfide come quella con la Corea del Nord.
E qui veniamo al nocciolo della questione. La guerra all’Iran sarà un mix di azioni militari e diplomazia punitiva, cioè di accerchiamento economico. Ma l’Europa (con Francia e Gran Bretagna) è già entrata, sia pure indirettamente, in guerra con l’Iran attuando con gli Usa i raid dimostrativi che hanno colpito le basi siriane – evitando accuratamente quelle russe – per punire Bashar al-Assad dell’uso presunto di armi chimiche (di cui per altro non parla più nessuno). In caso di escalation è difficile immaginare che Paesi come la Germania e l’Italia (soprattutto) non sarebbero coinvolte. L’Italia ha il comando del settore ovest dell’Unifil con la presenza di oltre mille e 100 alpini della Brigata Julia.
L’era della destabilizzazione (cominciata con la guerra del 1979) è tornata oggi al punto di partenza mentre venivano disgregati gli Stati arabi in competizione con Israele, come l’Iraq nel 2003 e la Siria nel 2011. E adesso tocca all’Iran che non ha mai voluto rinunciare a proclamare la propria sovranità e indipendenza. La minaccia all’Europa e alla Russia è insita nella “verità” di Donald: le previsioni si sono rivelate fallaci e Trump non intende lasciare campo libero a Bruxelles e Mosca. A nulla è valso nemmeno il monitoraggio dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (che ripete a ogni piè sospinto che Teheran sta rispettando i termini dell’intesa). I timori europei si concentrano tanto su possibili sbocchi militari della rottura quanto sui danni alle imprese del vecchio continente che, dopo l’entrata in vigore dell’Irandeal, si sono gettate su un mercato enorme (80 milioni di persone pronte ad aprirsi al mondo dopo quattro decenni di isolamento) per poi restare al palo.
La maggior parte di un elettorato disorientato da una labile classe dirigente ignora probabilmente la presenza dei soldati italiani. E ancora di più ignora che in Iran le imprese italiane, minacciate da nuove sanzioni, hanno in essere commesse per circa 25-30 miliardi di euro: posti di lavoro decisi dagli americani e da Israele, non da Roma. Potremmo trarre per il momento cinque indicazioni, che evidenziano la gravità della situazione:
1. Decretando l’accordo con l’Iran, il presidente Trump ha spostato il giorno del giudizio più vicino a mezzanotte e potrebbe metterci tutti sotto una maggiore minaccia di guerra e uso di armi nucleari.
2. I restanti firmatari – Iran, Cina, Francia, Germania, Russia, Regno Unito e Ue – dovrebbero continuare a onorare e attuare l’accordo. L’Iran dovrebbe continuare a cooperare con l’Aiea per dimostrare la natura pacifica del suo programma nucleare.
3. L’unico modo per fermare la proliferazione nucleare è che il resto del mondo rigetti le armi nucleari come armi legittime e accettabili. Tutti gli stati devono costruire una norma più forte contro le armi nucleari attraverso l’adesione al Trattato Tpnw sostenuto dall’Ican.
4. La pace e la sicurezza internazionali non possono essere applicate unilateralmente. La pace e la sicurezza sostenibili possono essere raggiunte solo attraverso la coltivazione di norme e istituzioni condivise. L’atteggiamento sempre più capriccioso degli Stati Uniti nei confronti degli accordi internazionali mina la visione di un ordine internazionale basato su regole.
5. Questa azione potrebbe compromettere il prossimo incontro con la Corea del Nord. Invia un segnale che qualsiasi accordo con gli Stati Uniti non sarà onorato, anche se si denuclearizza. Mentre questa volta, il sostegno al Tpnw può creare incentivi affinché la Corea del Nord finisca il suo programma nucleare.