Entrare in casa, accendere la luce e preparare un caffè con un semplice comando vocale? Sarà fantascienza ancora per poco perché abitazioni con assistenti digitali attivati attraverso il suono della voce che controllano dispositivi intelligenti sono ormai più il presente che il futuro. Un futuro che per ora porta la firma di Amazon. Il colosso dell’e-commerce da tempo ha avviato una collaborazione con Lennar, il più grande costruttore di case degli Stati Uniti (quasi 30.000 nel 2017) per dare vita alle famose smart houses, case intelligenti in grado di controllare dispositivi ed elettrodomestici.
Ora la novità si chiama Amazon Experience Center: un vero spazio “modello” che permetterà ai cittadini americani di testare le soluzioni, i vantaggi e i privilegi di una casa smart. La sperimentazione partirà negli States in questi giorni nelle città di Atlanta, Dallas, Los Angeles, Miami, Orlando, San Francisco, Seattle e Washington. Nelle case targate Amazon e Lennar l’assistente digitale preinstallato sarà Alexa, il sistema intelligente sviluppato dal colosso di Jeff Bezos e capace di interagire con la voce, impostare sveglie o allarmi, riprodurre brani musicali e audiolibri, dare le previsioni del tempo e interagire con altri dispositivi.
Come i prodotti della linea di speaker intelligenti Echo di Amazon, presenti negli spazi dell’Amazon Experience Center con un Echo Show (un altoparlante abilitato per Alexa con uno schermo integrato) e un Echo Dot (un altoparlante solo audio) capaci di controllare le porte, la temperatura e le luci. Questi Experience Center, inoltre, diventeranno un luogo fisico dove chiunque può presentarsi per ordinare uno dei servizi a domicilio compresi nell’Amazon Home Services come l’intervento di un elettricista o di un idraulico.
Nelle ultime ore, tuttavia, molti media statunitensi hanno ripreso i risultati di uno studio della UC Berkeley che desta non poche preoccupazioni. Il team di ricercatori ha dimostrato come sia possibile inserire all’interno di canzoni dei comandi nascosti con frequenze non udibili all’uomo e in grado di interagire con gli assistenti digitali, sia Alexa che Siri (Apple) e Google Assistant. Prima dei californiani anche ricercatori cinesi si erano intestarditi a trovare il modo di ingannare Siri. Trovandolo nel cosiddetto “Dolphin Attack” (attacco del delfino), una tecnica di controllo attraverso altissime frequenze udibili ai delfini ma mute al nostro orecchio. Si tratta di rischi ancora limitati ma con l’aumento della libertà d’azione concessa agli assistenti intelligenti, dall’invio di e-mail o messaggi e fino a quello di somme di denaro attraverso l’uso della propria voce, il livello di pericolo proporzionale all’avanzare della tecnologia. Già lo scorso marzo vari organi d’informazione americana si erano chiesti che cosa Alexa potesse ascoltare e cosa avrebbe fatto con le nostre parole. Amazon e Google hanno spiegato che gli assistenti registrano ed elaborano l’audio solo dopo che gli utenti li hanno attivati con un tasto o con una frase come “Ehi, Alexa” o “OK, Google”.
Il timore che anche gli assistenti vocali potessero “spiare” le conversazioni a scopi commerciali tuttavia si è diffuso sempre di più. Ogni azienda ha depositato brevetti che delineano una serie di possibilità su come questi dispositivi potrebbero monitorare più di ciò che gli utenti dicono e fanno. Amazon però in una dichiarazione ha sostenuto di aver preso sul serio “la privacy” di non aver “utilizzato le registrazioni vocali dei clienti per pubblicità mirata”. Il pubblico di utenti si è diviso. Il sogno di assistenti digitali che attraverso il riconoscimento vocale possano identificare la presenza di un bambino che piange da solo in casa si deve scontrare con il pericolo di strumenti in grado di identificare i desideri o gli interessi di una persona, estratti per annunci e raccomandazioni sui prodotti. Intanto però la corsa per il futuro va sempre più veloce.