“Putin ci ha risposto ieri (mercoledì per chi legge, ndr), circa la possibilità di permettere a Kirill Serebrennikov di viaggiare, dicendo sia al Festival di Cannes che al governo francese che sarebbe stato lieto di aiutare, ma che in Russia la giustizia è indipendente“. L’organizzazione ha spiegato così la sedia vuota, con tanto di cavaliere in bella vista a ricordare il nome del regista assente, alla conferenza stampa del film Leto (Estate), in gara per la Palma d’Oro e diretto dal cineasta russo, ai domiciliari in patria accusato di frode fiscale per aver sottratto 68 milioni di rubli (900mila euro all’incirca) per finanziare il progetto artistico Platforma.
Secondo molti attori e registi coinvolti in quel progetto tutto questo non è assolutamente vero, sarebbero piuttosto le posizioni politiche di Serebrennikov, già oppostosi all’annessione della Crimea e sostenitore della causa Lgbt, a renderlo inviso ai vertici del Cremlino. Arrestato durante le riprese del film, Serebrennikov ha ultimato il montaggio a casa, da solo, senza la possibilità di comunicare né con il cast né con la troupe. Una situazione differente rispetto all’altro regista quest’anno in concorso a Cannes, l’iraniano Jafar Panahi (il film in gara è Three Faces), al quale è stato ufficialmente proibito di realizzare film e abbandonare il paese. In Leto, Serebrennikov si concentra su un’estate (come da titolo) cruciale nella Leningrado dei primi anni ’80: è quella del passaggio del testimone tra gli affermati ‘Zoopark’ e gli ancora non nati ‘Kino’, due delle band più significative della scena rock new wave del sound sovietico. Il pubblico e la critica hanno gradito