Eccoli i nuovi potenti d’Italia. I nuovi padroni. Eppure, vedi i leader di Lega e M5S e non puoi trattenere un pensiero: la storia, l’esperienza e i curricula di questi signori non sembrano affatto più ricchi, anzi, di quelli di milioni di loro coetanei che invece sono senza lavoro. E questi si apprestano a guidare un Paese di 60 milioni di abitanti. A cambiare le nostre vite.
Eccola la nuova classe dirigente: gente che pare giunta al traguardo senza passare dal via. Ma dov’è l’altra Italia che Cinque Stelle e Lega promettevano di riscattare? Cervelli in fuga, professori, ricercatori, architetti di valore, ingegneri geniali, medici, artigiani, imprenditori, volontari impegnati sui fronti di guerra, giornalisti coraggiosi, avvocati, magistrati, artisti. Dove sono?
Ne trovi forse più per le nostre strade che ai vertici dei due partiti che decidono il governo. Il dubbio è che i nuovi potenti siano perfino meno meritevoli di quelli che li hanno preceduti e si rischi di affermare una demeritocrazia. Che invece di essere premiati lavoro, sacrificio, preparazione, coraggio, indipendenza e libertà, finiscano per vincere fedeltà, militanza, ossequio al capo.
E invece senti certi signori fare la morale, sentenziare, mostrare un volto indignato. Che tanto più stona e urta se chi parla non pare avere l’autorevolezza per farlo. Parlano indicano responsabili, colpevoli. Sempre altri. Non loro, non gli italiani che portano voti. I più deboli, i migranti per esempio. Quando l’Italia e gli italiani avrebbero proprio bisogno del contrario: qualcuno che ci ricordi le nostre responsabilità e ci spinga a cambiare. Mafia, corruzione, evasione, abusivismo sono i nostri mali. Provocano 500 miliardi l’anno di danni e ci condannano. Non i migranti che ci “costano” dieci miliardi e hanno bisogno di solidarietà e pietà (che tra l’altro fanno bene anche a noi).
Demeritocrazia e deresponsabilizzazione. Ecco, parrebbe, la nuova ricetta: impegnarsi, mettersi in discussione, rischiare non serve per vincere. E se perdiamo, le colpe sono degli altri. È questa la nuova Italia?