Il sociologo Marco Omizzolo, sotto scorta per le intimidazioni seguite agli studi sulle agro-mafie condotti nell'Agro Pontino tramite la cooperativa Inmigrazione, racconta la condizione dei braccianti sikh di Latina, costretti a lavorare con paghe da fame e orari da schiavi. Imbrigliati in un sistema che li tiene schiacciati in una condizione da cui non riescono a liberarsi. E sul numero di Fq Millennium in edicola da sabato 5 maggio l'inchiesta che racconta come all'interno di questa comunità sia in aumento il numero dei tossicodipendenti da fatica
Il 9 marzo scorso ha ritrovato la propria macchina con il cofano sfondato, i vetri spaccati e le ruote tagliate. È solo l’ultima delle intimidazioni che sono arrivate a Marco Omizzolo, sociologo di Sabaudia che da anni, attraverso pubblicazioni scientifiche e a attraverso il lavoro con la cooperativa Inmigrazione, denuncia il grave sfruttamento dei braccianti indiani sikh nelle aziende agricole dell’Agro Pontino. “Se tocchi un sistema di potere economicamente e politicamente così forte è normale scatenare queste reazioni – racconta Omizzolo a ilfattoquotidiano.it – io mi sono occupato anche delle mafie che sfruttano l’Agro Pontino dalla camorra che tradizionalmente aspira al controllo del basso Lazio a Cosa Nostra che si occupa della logistica. Io la chiamo la Quinta mafia: un sistema sovra-clanico in cui varie mafie collaborano senza farsi concorrenza o dividersi il territorio in combutta con politica e liberi professionisti locali. A questo si aggiunge a mio avviso una proto-mafia sulla tratta internazionale di esseri umani gestita da caporali indiani e padroni italiani che è basata sull’associazione e sull’intimidazione”. Anche per questo il sociologo laziale è sottoposto ad un regime di vigilanza e protezione da parte della polizia.
Omizzolo per un anno ha vissuto con la comunità sikh, raccontanto di voler fare una ricerca sulla loro religione, il sikkismo. Unico italiano a frequentare le loro case, a mangiare con loro, ha perfino fatto il bracciante con loro. E così ha conosciuto il sistema del caporalato, il padrone che fa camminare l’operaio tre passi indietro e si fa chiamare ‘padrone’, orari di lavoro che arrivano a 14 ore al giorno invece delle 6 e 30 del contratto nazionale, paghe che invece dei 9 euro lordi si aggiravano all’epoca dai 50 centesimi l’ora ai 2 euro e mezzo, per 6 giorni e mezzo a settimana. “Una condizione che può essere definita di grave sfruttamento lavorativo e quindi di riduzione in schiavitù secondo le normative internazionali”. Conclude Omizzolo.
Sono 10mila le aziende agricole che lavorano nell’Agro Pontino che impiegano la quasi totalità della comunità sikh, che nella sola provincia di Latina si aggira attorno alle 20, 30 mila persone. “Arrivano attraverso dei mediatori indiani che in combutta con il datore di lavoro italiano recluta in punjab – racconta a ilfattoquotidiano.it Sarbjit Chauhan mediatore culturale arrivato anche lui come bracciante – queste persone descrivono l’Italia come il paradiso, un euro vale 80 rupie e anche solo guadagnarne 500 sembra tantissimo. Poi uno arriva in Italia e si trova bloccato in una serra ma non può neanche tornare indietro perché ha contratto un debito che si aggira attorno ai 12 mila euro e non parlando la lingua è totalmente dipendente dal caporale e resta confinato nel ghetto e nel giro di sfruttamento nelle campagne”.
Il lavoro scientifico e giornalistico di Inmigrazione e Omizzolo hanno portato piano piano ad una consapevolezza degli operai agricoli che per la prima volta hanno organizzato uno sciopero il 18 aprile 2016. “Lo sciopero di braccianti più importante degli ultimi cinquant’anni – dice Omizzolo – che ha portato anche all’approvazione della legge sul caporalato la 199 del 2016”. Quattromila braccianti sikh si sono ritrovati quel giorno di fronte alla prefettura di Latina per chiedere diritti e rispetto. Da allora le paghe sono migliorate, c’è più consapevolezza e riferimenti per i lavoratori che vogliono chiedere aiuto se si trovano in condizioni di sfruttamento. La cooperativa Inmigrazione ha raccolto 150 denunce per caporalato e grave sfruttamento lavorativo e la provincia di Latina ha il numero più alto di caporali e padroni arrestati grazie alla nuova legge.
Il problema è che i processi hanno tempi lunghissimi in Italia, che demotiva chi ha denunciato. Quando poi anche l’attenzione mediatica diminuisce, i tentativi di sfruttamento si ripropongono molto velocemente, le mafie si riorganizzano e anche le intimidazioni, come dimostra l’ultimo danneggiamento alla macchina di Omizzolo, riprendono.
Sikh a Latina, tre morti per overdose e decine in cura per droga. L’inchiesta su Fq Millennium in edicola da sabato 5 maggio