Il riferimento è al primo "governo del presidente" guidato dall'economista Giuseppe Pella nel 1953 dopo che fu bocciato l'ottavo governo De Gasperi. All'epoca Einaudi "non ritenne di avvalersi delle indicazioni espresse dal principale gruppo parlamentare, quello della Dc", ha detto Mattarella. Il presidente ha poi definito "importantissima" la scelta dei ministri e ha ricordato i poteri che gli sono assegnati dalla Costituzione, come il rinvio al Parlamento di leggi approvate senza la dovuta copertura finanziaria
“Uso pieno delle prerogative” da capo dello Stato per la “nomina del presidente del Consiglio“. Scelta dei ministri “importantissima” secondo le “facoltà” attribuite dalla Carta. “Robusti contropoteri” per impedire “gli abusi“. “Moral suasion” nei confronti dei governi e delle sue proposte di legge. Sembrano parole appartenenti a un’altra epoca, ma il discorso pronunciato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Dogliani è un messaggio chiaro e diretto ai partiti. E in particolare a Movimento 5 stelle e Lega, che in queste ore sono in piena trattativa per la formazione del nuovo esecutivo. Quasi a voler ricordare che, se sarà necessario, l’ultima parola su nomine, leggi e profilo internazionale del Paese spetterà a lui. L’occasione è quella dei 70 anni dall’insediamento al Quirinale di Luigi Einaudi, il primo capo dello Stato eletto dal Parlamento italiano (Enrico de Nicola fu scelto dall’Assemblea costituente).
L’incarico al premier
“Cercando sempre leale sintonia con il governo e il Parlamento, Einaudi si servì in pieno delle prerogative attribuite al suo ufficio ogni volta che lo ritenne necessario”, ha detto Mattarella. “Fu il caso illuminante del potere di nomina del Presidente del Consiglio dei Ministri dopo le elezioni del 1953“. Il 17 agosto di quell’anno, infatti, Einaudi diede vita al primo “governo del Presidente” della storia costituzionale italiana, conferendo l’incarico di premier all’economista Giuseppe Pella dopo la bocciatura parlamentare dell’ottavo governo De Gasperi. Una nomina per cui lo statista piemontese, ha aggiunto Mattarella, “non ritenne di avvalersi delle indicazioni espresse dal principale gruppo parlamentare, quello della Dc“. È al presidente della Repubblica, quindi, e non ai partiti politici (anche se di maggioranza), che spetta la nomina del futuro premier.
La nomina dei ministri
Il discorso a Dogliani ha permesso al capo dello Stato di sottolineare che “solo una società libera e robusti contropoteri avrebbero impedito abusi”. È per questo che, ricorda Mattarella, “Einaudi reputava importantissimo il tema della scelta dei ministri, tanto da volerne fare oggetto di una nota, nel 1954, in occasione dell’incontro con i presidenti dei gruppi parlamentari della Dc, dopo le dimissioni del governo Pella”. Un riferimento che chiama direttamente in causa le scelte che Di Maio e Salvini stanno facendo in queste ore per la squadra di governo. E che sembra voler dire solo una cosa: Mattarella è pronto a respingere eventuali nomi a lui non graditi grazie alle prerogative che gli sono assicurate dalla Costituzione.
Il potere di respingere le leggi
Secondo il presidente della Repubblica, è lo statista piemontese ad aver mostrato il perimetro delle prerogative del Quirinale. “La sua fu una presidenza tutt’altro che notarile. Sapeva che i suoi atti avrebbero fissato confini all’esercizio del mandato presidenziale“. Quali sono questi confini? Nominare il premier e i ministri. Custodire “l’osservanza della legge fondamentale della Repubblica”. Risvegliarsi “nei rarissimi momenti nei quali la voce unanime, anche se tacita, del popolo gli chiede di farsi innanzi a risolvere una situazione che gli eletti del popolo da sé, non sono capaci di affrontare”, ha detto Mattarella citando le parole di Einaudi. Ma anche attraverso l’esercizio di una penetrante “moral suasion” nei rapporti con il governo, a partire dalla presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa governativa. “Einaudi rinviò due leggi approvate dal Parlamento, perché comportavano aumenti di spesa senza copertura finanziaria, in violazione dell’articolo 81 della Costituzione”, ha aggiunto il presidente.
L’europeismo e la presunzione di ‘verità’ dei politici
Mattarella è poi passato ad elogiare il forte europeismo di Luigi Einaudi: “La civiltà europea avrebbe potuto salvarsi dall’autodistruzione soltanto collocandosi nella prospettiva dell’integrazione e perseguendo la via degli Stati Uniti d’Europa“, ha detto il capo dello Stato, aggiungendo che lo scritto del presidente piemontese dedicato alla ratifica della Comunità Europea di Difesa “conserva un’incredibile freschezza“. Quasi un monito a chi oggi questa unità europea sembra volerla rimettere in discussione. A Dogliani Mattarella ha rivolto anche un pensiero – durissimo – alla classe dirigente: “Troppo spesso i politici sono persuasi non solo di dover ricercare la verità, ed è persuasione giusta e feconda, ma di conoscere già ‘quella’ verità, ‘una’ verità, e di non poterne tollerare la negazione. E questo è pericolo mortale“, ha detto il presidente citando il testo ‘Scuola e Libertà’ di Luigi Einaudi. “La verità vive solo perché essa può essere negata. Essendo liberi di negarla a ogni istante, noi affermiamo, ogni volta, l’impero della verità”.