A Ricengo, paese in provincia di Cremona con 1.740 abitanti, un’osteria, la scuola e l’edicola, quando fai il nome di Emilio Zagheni ne parlano tutti con orgoglio: è il fiore all’occhiello del paese, perché è il concittadino che ha fatto carriera all’estero. Lui, 36 anni, da poco nominato co-direttore dell’istituto Max Planck per la ricerca demografica a Rostock in Germania, resta quello di sempre. Uno che non se la “tira”: “Mi raccomando, vorrei che questo pezzo pezzo contribuisse alla discussione sugli italiani all’estero, e che non fosse una mia ‘passerella’”.

Emilio ha alle spalle un curriculum di tutto rispetto: laurea alla Bocconi di Milano in scienze economiche statistiche e sociali; un dottorato in demografia a Berkeley in California; una cattedra all’università di New York e un incarico all’ateneo di Seattle. La Pianura Padana l’ha lasciata presto: “Da studente universitario ho avuto l’opportunità di passare un semestre all’università di Montreal grazie ad un programma simile all’Erasmus e ad una borsa di studio. Volevo scoprire il mondo e quello era il modo migliore. Quell’esperienza mi ha entusiasmato ed è stata la prima di una serie. L’anno dopo ho fatto uno stage in un ufficio delle Nazioni Unite a Vienna”.

Dall’università a Montreal allo stage all’Onu a Vienna. “Volevo scoprire il mondo”

La valigia del giovane cremasco è sempre pronta. Anche ora che si è trasferito a Rostock in Germania e “dato che mi sento europeo, per me è quasi come rientrare”, confida Emilio. Al Max Planck si occupa di due grandi temi: le stime e previsioni dei flussi migratori e lo studio delle conseguenze dell’ invecchiamento della popolazione per le nostre società e per le relazioni tra generazioni. Ma Emilio non volta le spalle al suo Paese. Ammette che “in media la capacità dell’Italia di offrire opportunità per persone con elevati livelli di qualifica è più bassa rispetto a quella di altri Paesi dove ci sono molte più possibilità” ma non dimentica che se oggi è un uomo in carriera è anche grazie a chi ha incontrato nella sua infanzia: “Le chance che ho avuto le devo all’Italia, grazie a tutte le persone che mi hanno aiutato a crescere come persona e professionalmente, grazie alla famiglia, agli amici, ai maestri e maestre delle elementari, fino al relatore della mia tesi alla Bocconi. Se non fosse per tutte le persone che mi hanno aiutato a crescere nel corso degli anni, non avrei avuto nessuna possibilità”.

Il neo direttore aggiunge una riflessione riguardo le opportunità: “Quando ho finito il dottorato in California nel 2010, poco dopo una grave crisi economica, c’erano pochissime possibilità nel mio campo in quel luogo. In quel momento nel mio ambito c’era lavoro in Germania. Se avessi potuto solo rimanere in California, avrei avuto meno occasioni. In altri ambiti la situazione è diversa: un dottorando americano che ho conosciuto a Berkeley e che studiava fisica è venuto in Italia per collaborare con ricercatori a Trieste. Un mio studente americano di Seattle è ora al centro “Dondena” alla Bocconi per fare un postdoc. È in Italia non solo perché l’Italia è un bellissimo Paese, ma soprattutto perché qui ha l’opportunità migliore per crescere professionalmente”.

Negli Stati Uniti vengono valorizzati idee o progetti indipendentemente da chi le propone

Resta il fatto che “negli Stati Uniti – aggiunge Emilio – vengono valorizzati idee o progetti indipendentemente da chi le propone. Che tu sia studente, stagista, bidello, professoressa, giovane o anziano, se hai una buona idea ci sono più canali per valorizzarla”. Dopo anni all’estero Zagheni inizia a sentire un po’ di nostalgia per le persone con cui è cresciuto ma se dovesse dare un consiglio ad un giovane laureato non ha dubbi: “Se le proprie passioni portano all’estero, vale la pena sperimentare e cogliere le opportunità che si presentano”.

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