“Ho incontrato il M5S e la Lega ieri sera, non sono andato a cena, erano le 21.30 circa… Vorrà dire che hanno cambiato parere. Io ci tenevo a fare qualcosa”. La speranza di Giulio Sapelli di “servire la patria” facendo il premier di un esecutivo gialloverde è durata meno di 24 ore. Poco dopo le 15 di lunedì fonti del Movimento hanno escluso la possibilità di fare il suo nome al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E al docente di Storia economica alla Statale di Milano, editorialista per diverse testate, saggista prolifico, entrato nemmeno ventenne nel centro studi della Olivetti, è rimasto il rimpianto per quella “piena disponibilità” concessa ma non sfruttata dai partiti che stanno cercando un accordo per fare il prossimo governo.

“Ci speravo? No, alla mia età spero solo di servire la patria, e lo si può fare anche scrivendo libri”, giurava qualche ora più tardi il docente che cerca di “unire economia, storia, filosofia, sociologia e cultura umanistica in una sintesi nuova” e una ventina di anni fa ha avuto tra i suoi studenti anche Matteo Salvini (il leader della Lega, si ricorda oggi, rinunciò a laurearsi con lui per dedicarsi alla politica). “E’ stata una interlocuzione seria, e il loro programma mi sembrava più che ragionevole“, ripete adesso, nonostante fiocchino analisi che cifrano il costo delle misure finora inserite nel “contratto” in una settantina di miliardi a stare stretti.

Non ha aiutato probabilmente il fatto che Sapelli avesse posto come condizione il fatto di essere affiancato dal “collega Domenico Siniscalco, una persona di alto profilo che spero di avere al mio fianco come ministro del Tesoro“. Siniscalco a via XX Settembre ci è già stato a lungo: durante il primo governo Berlusconi è stato nominato direttore generale del ministero e durante il secondo e il terzo governo dell’ex Cavaliere lo ha guidato da ministro. Dimessosi nel 2005, l’anno dopo è diventato vicepresidente di Morgan Stanley International. E attualmente è a processo davanti alla Corte dei Conti che accusa lui, Vittorio Grilli, il direttore generale del Tesoro Vincenzo La Via e Maria Cannata di aver causato un danno erariale da 4 miliardi di euro “ignorando e sottovalutando” i rischi dei contratti derivati sul debito pubblico sottoscritti proprio con Morgan Stanley.

Pochi giorni fa, peraltro, in un editoriale su ilsussidiario.net il docente aveva criticato la battaglia contro i vitalizi definendola “un atto di lesa maestà. Se vogliono, come dicono, che tutti facciano politica, tutelino il diritto dei poveri e non solo dei ricchi a fare politica. Ma per questo occorre una grande conversione intellettuale, disconoscendo il ventennale, capillare lavoro di chi per vent’anni ha spiegato agli italiani che la casta sono i politici. No. Le vere caste stanno altrove”. Posizione evidentemente impossibile da accettare per i pentastellati.

Il premier per una notte, che anche il grande pubblico conosce per le ospitate in tv, alla fine se n’è comunque fatta una ragione: “Va bene così. Chissà cosa hanno in mente questi ragazzi. Bisogna rispettare i rappresentanti del popolo“. E continua a sperare che l’accordo Di Maio-Salvini si faccia: “Spero che vada bene”, ci sono “pressioni enormi che non vengono dal capitale finanziario, che guarda al lungo periodo e non teme l’arrivo di questo nuovo governo: a temerlo è chi ha governato prima“.

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