A San Luca, paese nel cuore dell’Aspromonte impenetrabile, vivono quasi quattromila persone. Ma non c’è un sindaco, perché dal 2013 nessuno si vuole candidare.

Chi si reca per la prima volta a San Luca rimane colpito dall’architettura delle case incompiute all’esterno, dalle donne con i capelli bianchi vestite di nero sedute sugli scalini davanti al portone d’ingresso. È stupefacente il silenzio per le vie al passaggio di un “forestiero”, che viene controllato in ogni suo movimento. Se un giornalista deve andare a San Luca è sempre meglio che siano i carabinieri a scortarlo, potrebbe dare fastidio. San Luca appare un paese dove il tempo si è fermato, con le sue tradizioni e il pellegrinaggio al santuario della Madonna di Polsi, a cui tutta la provincia reggina è devota.

Ogni estate quel luogo carico di simbolismo e fede, viene raggiunto a piedi da pellegrini che viaggiano fra le montagne dell’Aspromonte anche tutta la notte, per sacrificio e devozione alla Madonna. Ma Polsi è anche il luogo in cui per anni, in occasione della Festa del Santo, si sono svolti i summit di mafia più importati, dove i più potenti boss si sono riuniti decidendo affari e sorti della regione, e non solo. In un paese piccolo ognuno ha in famiglia qualche legame sospetto, qualche lontana parentela. L’ombra della ‘ndrangheta a San Luca non è mito o una leggenda.

Video di Lucio Musolino

Dall’anonima sequestri, alla faida fra cosche rivali, culminata il 15 agosto 2017 con la Strage di Duisburg, (una lunga scia di sangue tra le famiglie Pelle Vottari in guerra con i Nirta Strangio) la cittadina calabrese è immobile, nessuno del paese è disposto a candidarsi a sindaco e i cittadini sono d’accordo.

Preferiscono i commissari che mandano avanti la baracca, la rassegnazione che tutto è così e non può cambiare sembra aver preso il sopravvento, così come la paura. Perché come in tutti i paesi calabresi, non ci sono solo mafiosi. Ma anche tanta brava gente, la maggior parte, che però deve fare i conti con la paura. Tutti sanno quanto è difficile amministrare un paese come San Luca, con la presenza ingombrante della ‘ndrangheta che entra in comune, bussa e chiede, altrimenti minaccia o, peggio ancora, colpisce. A chiusura dei termini per la presentazione delle liste è arrivata la provocatoria proposta di Klaus Davi. Il massmediologo si dice disponibile a correre per la carica di sindaco, mettendo a disposizione del prefetto Michele di Bari il suo know how. Davi ha anche precisato di avere l’appoggio dei suoi amici Massimo Giletti e Lapo Elkann.

Peccato che i tempi siano maturi e – per legge – è molto difficile che la prefettura e il ministero degli Interni facciano una proroga, per consentire a una lista di volti più o meno noti di amministrare un comune che ha bisogno di amore, di conoscenza, di nuove generazioni pronte a cercare un riscatto. La mafiosità non è una cosa che i calabresi hanno nel loro Dna, ma è nel vuoto che c’è nelle vite di giovani, di donne, di madri disperate per il sangue versato dai loro figli. Servirebbe che la politica, per una volta, mettesse in piedi un progetto serio a San Luca, educando i più giovani alla legalità, al bene, alla bellezza.

Non servono eroi, premi, targhe, sfilate sporadiche di politici che poi dimenticano presto. Come successe qualche anno fa a Platì, quando il Pd e Matteo Renzi in persona, in condizioni simili a quelle di San Luca oggi, candidò una giovane donna, Anna Rita Leonardi, a sindaco della città. Candidatura ritirata prima del voto. A San Luca anche l’antimafia ha fatto la sua parte, con l’ex paladina della legalità Rosy Canale, finita nel mirino della magistratura per aver agevolato solo se stessa con i soldi dell’associazione nata per tutelare le donne di San Luca.

Ora, la Canale, da New York, sta organizzando una manifestazione a Reggio Calabria, per protestare contro magistrati (soprattutto contro Nicola Gratteri) dal titolo “Uniti o morti” contro “la macchina del fango da parte dei servi della Procura”. Una manifestazione nazionale “contro la criminalizzazione del Sud Italia” e contro chi evidenzia le storture che ci sono al Sud (come al Nord) a cui già sembrano aderire parecchie persone. Uno dei figli migliori di San Luca, Corrado Alvaro, scriveva, nel 1961 in Diario Ultimo che “La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile”. È questa idea che bisogna contrastare.

E mi rivolgo al M5S: non c’è nessuno di voi che si vuole candidare a San Luca e combattere la mafia?

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