Sono almeno 7mila le specie minacciate dal bracconaggio e dal commercio illegale. Un fenomeno mondiale che colpisce anche l’Italia, paese ad alto tasso di criminalità ambientale, ma anche la nazione europea con la maggiore ricchezza di biodiversità. Il nuovo report Wwf Bracconaggio Connection accompagna la campagna Sos Animali in trappola con cui si raccolgono fondi per finanziare la difesa attiva sul territorio. Sul pianeta elefanti, trichechi e persino ippopotami (cacciati per i loro denti) vengono perseguitati e trasformati in avorio da commerciare. Ogni giorno sono uccisi 55 elefanti, 20mila ogni anno, mentre si massacrano rinoceronti per vendere sul mercato nero il loro corno a peso d’oro (66mila dollari al chilo, più di oro e platino). Bracconieri con fucili e trappole decimano le tigri, tanto che oggi sono appena 3890 gli esemplari in tutta l’Asia, per rivenderle a chi utilizza tutte le parti del corpo.
L’Italia, un Paese trappola – Per quanto riguarda l’Italia il report parla di 4 aree particolarmente ‘calde’. Le valli bresciane e bergamasche, un buco nero per i piccoli uccelli e rapaci: “Testimoni di questa pressione sulla fauna – si spiega nel rapporto – sono le decine di animali (come la punta di un iceberg) ricoverati ogni anno nei Centri di recupero WWF della Lombardia, Vanzago e Valpredina”. Altra area calda è il Delta del Po, un inferno per uccelli acquatici e specie di acqua dolce dove si usano perfino le bombe per pescare. Esiste poi un ‘triangolo della morte’ per il lupo: si tratta della zona tra Toscana, Marche e Romagna “dove il percorso di conciliazione tra attività umane e presenza di questo importante predatore è ancora molto lungo”. Infine i monti della Sicilia “una culla ma, al tempo stesso, una trappola per rapaci rarissimi come l’aquila di Bonelli, il falco lanario e il capovaccaio, i cui piccoli o uova vengono rubati e rivenduti sul mercato nero (soprattutto arabo) per diverse migliaia di euro”. In queste aree il Wwf vuol rafforzare gli interventi di controllo e sorveglianza munendo le guardie volontarie di attrezzature sempre più all’altezza dell’evoluzione tecnologica dei bracconieri e svolgere un’attività di sensibilizzazione ed educazione consentendo a specie simbolo come orsi e lupi di convivere pacificamente con le attività umane in alcune aree di ‘conflitto’.
L’impunità – Il nodo resta quello dell’impunità relativa che ancora persiste in Italia in caso di bracconaggio. Per questo il Wwf chiede di riformare il sistema sanzionatorio penale e introdurre il delitto di uccisione di specie protetta quando si tratta di uccisione, catture illegali, commercio illecito di animali appartenenti a specie protette dalle leggi italiane, europee o internazionali. “Una delle peggiori forme di crimini di natura, il bracconaggio, si è insinuato come un virus nel mondo, Italia compresa” spiega Donatella Bianchi, presidente di Wwf Italia, che sottolinea: “Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti per offrire ai nostri ranger le dotazioni necessarie per fermare i bracconieri e smantellare le reti criminali che spesso abbinano al traffico illegale di specie animali anche altri gravi forme di delinquenza, dal terrorismo al riciclaggio”. Ma un contributo, negli anni, nella difesa delle specie, lo hanno dato le cento oasi protette attive, che sono diventate dei rifugi preziosi per le migliaia di animali migratori lungo il percorso del loro viaggio dall’Africa al Nord Europa.
L’arsenale del bracconiere – Nel report c’è un vero e proprio catalogo dei vari metodi, spesso anche molto cruenti, usati dai bracconieri: accanto ai metodi tradizionali ogni anno si escogitano sempre nuovi stratagemmi nella speranza di non essere colti in flagrante. Innanzitutto fucili che abbattono ogni anno migliaia di vittime, specie uccelli migratori. Nelle valli bresciane e bergamasche si usano i roccoli, impianti fissi di cattura con reti alte fino a 5 metri e lunghe fino a 400 frammiste a vegetazione su cui gli uccelli stremati si posano: ogni roccolo può catturare centinaia di uccelli che poi vengono uccisi fratturando le ossa della testa ‘manualmente’. Oggi sono vietati per scopo venatorio, ma le guardie ne sequestrano continuamente. Anche le reti da uccellagione, ricoperte di vischio o altre colle, imprigionano ogni anno milioni di uccelli: vietate nel 2014 ogni vengono ancora utilizzate impunemente. Altre armi sono gli archetti, rami piegati a mo’ di trappola per catturare piccoli uccelli fratturando le zampe e destinandoli a una lenta agonia. E poi lacci di nylon, crini di cavallo, usati soprattutto in Sardegna per uccelli di piccola taglia.
I 10 peccati originali del bracconaggio – Nel rapporto vengono indicate le 10 cause che portano i ‘criminali di natura’ a infliggere un duro colpo alla biodiversità e fra queste c’è anche l’esistenza di pene deboli per chi commette crimini contro la natura. Un problema, dunque, che non riguarda solo l’Italia. Ad alimentare l’escalation del bracconaggio globale c’è il bisogno di facili guadagni da parte di popolazioni povere spinte anche dalla domanda proveniente da quelli ricchi: è il benessere di questi ultimi, soprattutto l’Asia “ad armare i bracconieri e alimentare un crimine illegale che si pone al quarto posto dopo quello di droga, beni contraffatti e traffico esseri umani”. E se un tempo il bracconaggio veniva praticato in forma ridotta, negli ultimi anni si è trasformato in un business globale che si avvale di reti criminali organizzate. Poi c’è internet. Il mercato nero viaggia anche sul web: questo nuovo strumento di commercio ha visto crescere del 70% i prodotti di fauna selvatica venduti illegalmente. Un altro peccato originale è rappresentato dal fatto che i crimini di natura si associano spesso ad altri gravissimi, tra cui delinquenza, attività terroristiche, immigrazione illegale. Il report del WWF mostra anche una mappa sulla Natura Connection, ovvero le connessioni tra crimini di natura e gruppi armati finanziati dal traffico illegale di specie, da Boko Haram in Nigeria ai narcotrafficanti in Sudamerica. Il commercio di avorio, corno di rinoceronte, pelli di animali in via d’estinzione ma anche altri prodotti e trofei servono a finanziare i conflitti del terrorismo e dei signori della guerra.
“Sfruttando il valore delle specie bersaglio – spiega il rapporto – i criminali locali e internazionali si muniscono di nuove armi che vengono usate sia per catturare altri animali sia per azioni terroristiche, un circolo vizioso che produce territori sempre più armati e habitat sempre più svuotati di specie di valore”. Il paradosso è che paesi ‘ricchi di natura’ diventano sempre più poveri, svuotati costantemente dei loro beni. La lunga filiera del bracconaggio poggia su una fitta rete globale di collegamento che a sua volta viene favorita anche dalla corruzione di funzionari pubblici che omettono controlli e facilitano il passaggio di merci illegali.