Il documento sarà discusso il 17 maggio. Eliminata la parte che prevede lo sfratto, ma si chiede un maggiore controllo dell'amministrazione sulla struttura. Protesta la presidente Koch
Ancora incerto il destino della Casa Internazionale delle Donne di Roma. È approdata il 15 maggio in Consiglio comunale (la discussione è prevista per giovedì 17 maggio con tanto di presidio in Campidoglio da parte delle attiviste) la mozione – prima firmataria Gemma Guerrini, consigliera 5 Stelle e presidente della Commissione delle elette del consiglio comunale di Roma – con cui si chiede che la sindaca Virginia Raggi e la giunta si impegnino in una serie di punti che, per il Consorzio di associazioni che oggi gestisce la Casa, “di fatto farebbe morire la Casa stessa”.
Ecco i punti: “riallineare e promuovere il ‘Progetto Casa Internazionale delle donne’ alle moderne esigenze dell’amministrazione capitolina e della cittadinanza”; valutare la creazione, nel complesso del Buon Pastore in via della Lungara, dove la Casa ha sede, di “un centro di coordinamento gestito da Roma Capitale, dei servizi per il sociale e per le pari opportunità”; e “il coinvolgimento delle realtà associative” mediante l’emanazione di “appositi bandi”. Sparisce, nella versione approdata in aula, un altro punto pur presente nella prima versione della mozione: far rientrare l’ex convento del ‘Buon Pastore’ “nella disponibilità di Roma Capitale”.
“Certo, la mozione è stata ammorbidita: avrebbe impegnato a uno sfratto che nessuno evidentemente vuole davvero fare”, dice a ilfatto.it la presidente della Casa internazionale delle donne Francesca Koch. “Ma la Casa resta in pericolo: questa mozione ne cancella l’autonomia”, dice. “Che vuol dire ‘moderne esigenze’? Che deve essere messa al servizio di esigenze di mercato?”, chiede. La consigliera Guerrini, dal canto suo, interpellata dalle attiviste e dai giornalisti in aula, non rilascia dichiarazioni.
Il punto è che la Casa non è solo servizi, spiegano dalle associazioni: “Rivendichiamo il valore politico e culturale della nostra presenza”, dice Koch. “E poi i nostri non sono servizi qualsiasi ma servizi delle donne per le donne, hanno una loro caratteristica femminista che così viene limitata”. Il Comune poi, prosegue la presidente, ha già a disposizione “il secondo piano dello stabile del Buon Pastore: peccato sia chiuso e inutilizzato”. Prima, spiega, “c’erano gli uffici delle Pari Opportunità”.
Nel pomeriggio il direttivo della CID è stato ricevuto dal presidente dell’assemblea capitolina, il 5 Stelle Marcello De Vito, che si è assunto nuovamente l’impegno di sollecitare la convocazione del tavolo (“sospeso a gennaio senza nessuna motivazione”, dicono alla Casa) con le assessore Flavia Marzano (Roma Semplice), Laura Baldassarre (Persona, Scuola e Comunità Solidale) e Rosalba Castiglione (Patrimonio) e coinvolgendo anche il vicesindaco Luca Bergamo e la sindaca. “Lui si è impegnato, poi la risposta dipende da lor signore”, dice Koch.
“Abbiamo anche fatto presente che quest’anno il governo italiano sarà chiamato a rispondere delle sue azioni davanti alla commissione Grevio, il gruppo che monitora la convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica”, chiosa dal direttivo della Casa Loretta Bondì.
Sulla Casa delle donne incombe un debito pregresso di 800mila euro per l’utilizzo dello stabile di via della Lungara. “Abbiamo presentato alle assessore, al consiglio e a chiunque abbia chiesto una memoria in cui proponiamo la rateizzazione del debito e soprattutto la riconsiderazione della sua entità: abbiamo infatti prodotto documenti che dimostrano che i nostri crediti – di manutenzione e non solo – superano la metà della somma richiesta”. E? “Chiediamo un tavolo e un dialogo sulla rateizzazione dei 400mila euro e le garanzie che chiedono”, conclude Francesca Koch. “Ma nessuno ci ha mai risposto: ci tengono a bagnomaria”.