È durato più di cinque mesi l’incubo dei 497 lavoratori dell’Embraco di Riva di Chieri, in provincia di Torino, che all’inizio dell’anno si sono visti recapitare una lettera di licenziamento in tronco. Cinque mesi durante i quali, sul futuro dell’azienda del gruppo Whirlpool, poi ceduta ai giapponesi della Nidec, si è promesso di tutto: dalla creazione di un fondo per evitare la fuga delle imprese all’estero, all’ipotesi di chiedere una deroga alle regole europee sugli aiuti di Stato, fino a un piano di reindustrializzazione annunciato solo a parole. Ma ora per circa 430 dipendenti di Embraco (una settantina di loro hanno già lasciato la società approfittando degli incentivi all’esodo annunciati a marzo) sembra essere arrivata la svolta. “Oggi sono stati presentati ai sindacati i progetti delle due aziende che investiranno nell’ex Embraco riprendendo tutti i lavoratori con gli stessi diritti e le stesse retribuzioni, senza nessun supporto di denaro pubblico”, ha dichiarato il ministro dello Sviluppo economico uscente Carlo Calenda al termine di un incontro avvenuto al Mise con tutti i rappresentanti sindacali.
La soluzione annunciata da Calenda è a un passo dall’approvazione definitiva. Le parti “si vedranno venerdì prossimo all’Unione industriali di Torino per capire il dettaglio del passaggio”, ha aggiunto il ministro. Manca solo la firma, insomma, affinché i lavoratori di Embraco possano tornare a dormire sonni tranquilli. Le due aziende in campo per il riassorbimento sono una joint venture israelo-cinese, che vuole produrre robot per la pulizia dei pannelli fotovoltaici e filtri per l’acqua, e la torinese Astelav, che si occupa di rigenerazione di frigoriferi usati. Il piano non prevede interventi pubblici perché, spiega Calenda, “le due società useranno la dote che Whirlpool ed Embraco hanno messo a disposizione per i lavoratori” nello stabilimento di Riva di Chieri. “È ovvio che poi bisogna stare molto attenti e vedere che le cose funzionino come sono state presentate“, ha concluso il ministro.
Soddisfatti i sindacati, soprattutto perché la “promessa” è quella di riassorbire tutti i lavoratori con le stesse “condizioni economiche e normative” che avevano in passato. “Venerdì sarà definito il modo, ma il principio da cui si parte è questo”, ha spiegato Ugo Bolognesi della Fiom Torino, aggiungendo che “i progetti sembrano interessanti, ma bisognerà poi valutare nella concretezza dei fatti quello che succederà”. Gli fa eco Arcangelo Montemarano della Fim Cisl, che aggiunge: “Sono due società che hanno progetti ambiziosi e seri. Possiamo essere un esempio di reindustrializzazione seria e vera per tutto il Paese”.
Entusiasmi a parte, non sono ancora chiari i tempi con cui questo piano verrà attuato. Sul tema è intervenuto Dario Basso, segretario generale Uilm Torino, il quale ha assicurato che l’azienda israelo-cinese “ha necessità di produrre molto presto e di assumere circa 370 persone”, mentre l’Astelav “si è impegnata ad assumere immediatamente 30 persone e poi altre 10”. E i lavoratori rimanenti? Per loro, aggiunge Basso, verrà creata una “piccola società che si occuperà di servizi”. Fiom Torino fa sapere che le due società si insedieranno nello stabilimento di Riva di Chieri a partire da giugno. È solo a quel punto che la storia dei 497 lavoratori di Embraco potrà dirsi davvero conclusa.