La teoria è di quelle talmente golose che è impossibile non condividerla: quando l’ho ascoltata, saltellavo emozionata per la redazione, condividevo il link con colleghi scettici e amici pazienti, eccitata come per tutte le sedicenti rivelazioni su Elena Ferrante. Solo che stavolta riguardava un altro noto napoletano. Liberato.
Secondo questa teoria, il famoso rapper partenopeo conosciuto come Liberato ma di cui nessuno conosce la vera identità (nei video diffusi online appare sempre di spalle, scritta “Liberato” sulla schiena) potrebbe essere un ragazzo (oppure più ragazzi) del carcere minorile di Nisida.
Nisida è un luogo fantastico, ci sono stata un paio di anni fa per un incontro sul cyberbullismo insieme ad alcuni alunni di scuole medie e superiori: si tratta di un’isoletta che fa parte dell’arcipelago delle Isole Flegree, alle spalle di Posillipo. Una serie di stradine tortuose porta a questa struttura che ospita in media una cinquantina di ragazzi e che ha decine di laboratori gestiti da associazioni che li animano e li tengono vivi.
A lanciare la teoria su Liberato è un famoso Youtuber napoletano, IutBBer Diego, che in un video pubblicato subito dopo il primo concerto del rapper sul lungomare di Napoli (20mila spettatori accorsi da tutta Italia dopo un annuncio criptico su Facebook: “Nove maggio, Napoli, Lungomare Tramonto Gratis”) spiega gli elementi a supporto della sua ipotesi.
Insomma: e se Liberato fosse un detenuto di Nisida e tutta la sua produzione fosse il frutto di una iniziativa per il recupero dei ragazzi della casa di detenzione? Se fosse il frutto di una delle attività del carcere?
Ovviamente, la teoria è supportata da due tipi di riferimenti. La prima serie è legata alla performance partenopea, la seconda ai nessi presenti nelle canzoni. Iniziamo dalla prima:
1. Numeri. Al concerto di Napoli, Liberato è arrivato su un gommone. Sull’imbarcazione c’erano sei persone, ma se ne sono esibite solo tre. Chi erano gli altri? Che fossero gli addetti alla sorveglianza o alla custodia? Da alcuni video trasmessi dalle emittenti locali, si nota poi che prima di arrivare alla rotonda Diaz, il gommone si è fermato accanto a una imbarcazione della polizia e si è mosso solo dopo il via libera degli agenti.
2. Sirene. Liberato ha fatto suonare, all’inizio e alla fin del suo concerto, una sirena a manovella che ha lo stesso suono dell’allarme delle carceri in caso di evasione. E se fosse – si chiede Diego – la manifestazione del suo “essere libero”, della “evasione” intesa sia come l’aver avuto un permesso per esibirsi, sia del suo modo di percepire la musica?
3. Traiettorie. Quando Liberato è andato via, la direzione imboccata dell’imbarcazione è proprio quella che porta verso Nisida.
4. Il nome. Liberato: ha scontato la sua pena oppure si sente “libero” grazie alla musica? E se la sua identità venisse rivelata solo quando avrà scontato la sua pena?
Diego IutuBBer passa poi all’analisi dei testi. “Immaginiamo – dice – che Liberato sia in carcere e che quindi la sua ragazza lo abbia lasciato per questo”.
(Chiedo scusa in anticipo per eventuali errate trascrizioni del napoletano, so quanto i madrelingua ci tengano, ndr)
1. Luoghi/1. Nella prima canzone, “Tu t’e scurdat’ e me” (“Ti sei dimenticata di me”) Liberato canta: Care ‘ngopp’ ‘o golf’ ‘na stella (“Cade sul Golfo una stella”) facendo riferimento a quel Golfo di Napoli che si vede bene da Nisida, così come da Nisida si vede l’isola di Procida (“Chiove ngopp a Procida”, “Piove su Procida”). Senza contare che “chiove”, nei testi di Liberato, sulla stessa Nisida, da cui si vede anche quella baia di Posillipo nominata nel passaggio legato alla “festa a Trentaremi”.
2. Luoghi/2.Altra citazione geografica – che è anche il titolo di una canzone – è “Gaiola portafotuna”: la Gaiola è un’isola (in verità sono due isolotti uniti da un ponte) che si trova proprio davanti a Nisida e che, pare, nel tempo abbia portato più sfortuna che fortuna ai suoi abitanti.
3. Sirene e bugie. Sempre nella canzone “Gaiola portafortuna”, poi, c’è un passaggio cruciale: “’A voce’e’na sirena. Quanno stev’ assieme a tte ” (“La voce di una sirena, quando stavo con te”): l’ipotesi è che si riferisse al momento dell’arresto, alle sirene della polizia arrivate mentre lui era assieme a lei. “Il cuore mi batteva”, dice, a simboleggiare l’agitazione e il timore. Poi, le continue giustificazioni: nel pezzo promette che non lo farà più (ma cosa?), parla di “Ciento lacreme pe’ ‘na bugia ”, cento lacrime per una bugia: magari proprio quella che aveva raccontato a lei.
4. Prigionia/1. Altro titolo, altra analogia, anche se più debole: “Me staje appennenn’amò (mi stai lasciando, amore): qui si parlerebbe di diversità intesa come cattività del corpo, di una persona imprigionata in un sesso che non sente proprio. Annotazione che, però, è poco efficace nella dimostrazione della tesi.
5. Prigionia/2. Si arriva poi all’ultimo brano di Liberato, “Into Street”, che nella sua accezione puramente fonetica (senza quindi pensare al modo in cui è scritto) può avere diversi significati. “Nello stretto”, ovvero “in un vicolo della strada”. Oppure “in una situazione scomoda”. Oppure, potrebbe rappresentare il modo in cui si sente un ragazzo rinchiuso in una cella: tanto in una situazione scomoda quanto in un luogo stretto.
6. Prigionia/3. “Puortem’ a casa mij, quant me manc nun puó cap ” (portami a casa mia, quanto mi manca non puoi capirlo): in questo passaggio, Liberato o comunque il soggetto della canzone, chiede di essere riportato a casa, come se fosse in un luogo in cui non vuole stare. E’ il suono della nostalgia.
7. Le luci. “E luci abbasc’o puort s’hanna stutà”, le luci giù al porto si devono spegnere: il riferimento, qui, sarebbe alle luci del porticciolo di Nisida. Eppure, il tema delle luci e del loro doversi spegnere (come se fosse un obbligo) ritorna in un verso in cui Liberato fa riferimento al gesto di mettersi le mani davanti agli occhi (Cu’ ‘e mmane ‘ngopp all’uocchie pe’ non te sunnà. ‘E luc’ ‘e ‘stu balcone s’hann”a stutà). Proprio come le mani per porteggersi dalle luci di un carcere che, solo a un certo punto, si spengono.
Quindi la conclusione: e se, da due anni, il fenomeno Liberato e tutto il marketing che lo circonda fosse legato a un progetto per uno o più ragazzi di Nisida? Si spiegherebbe perché sul palco si siano alternate più persone oppure perché nei video ogni “Liberato” abbia una corporatura diversa. Oppure si spiegherebbe il titolo del primo successo, data del primo concerto: 9 maggio. E’ il giorno di liberazione o di incarcerazione?
Ai fan, comunque, poco importa chi sia. “Lui – conclude lo Youtuber – è Liberato quando si parla di musica. Fuori dalla sua musica, la sua identità non esiste”. E noi, così, possiamo continuare a sognare.