L'appuntato scelto Riccardo Casamassima si è presentato in aula e ha ripetuto le parole messe a verbale davanti al pm Giovanni Musarò. Dichiarazioni che hanno fatto riaprire il caso del geometra romano. Al Fatto Quotidiano aveva detto: "Ho paura. Ho ricevuto pressioni"
Alla fine è andato è andato in tribunale e ha confermato le accuse nei confronti dei suoi colleghi. Nonostante avesse paura a causa delle pressioni ricevute negli ultimi tempi e denunciate in un’intervista al Fatto Quotidiano l’appuntato scelto Riccardo Casamassima si è presentato in aula e ha ripetuto le parole messe a verbale davanti al pm Giovanni Musarò. Dichiarazioni che hanno fatto riaprire il caso Stefano Cucchi.
Il ruolo di Mandolini – “Nell’ottobre 2009, il maresciallo Roberto Mandolini si è presentato in caserma: mi confidò che c’era stato un casino perché un giovane era stato massacrato di botte dai ragazzi, quando si riferì ai ragazzi l’idea era che erano stati i militari che avevano proceduto all’arresto”, ha detto il carabiniere davanti alla corte d’Assise che sta processando cinque militari. Uno è Mandolini – presente in aula durante la testimonianza di Casamassima – che è accusato di falso nella compilazione del verbale di arresto del geometra romano insieme a Francesco Tedesco, e di calunnia nei confronti degli agenti di polizia penitenziaria che vennero accusati nel corso della prima inchiesta sul caso, insieme a Vincenzo Nicolardi. Alla sbarra ci sono poi Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro accusati di omicidio preterintenzional insieme a Tedesco.
“Hanno massacrato Cucchi” – “Il nome di Stefano Cucchi – ha continuato Casamassima – come del massacrato di botte fu percepito dalla mia compagna, Maria Rosati (anche lei nei carabinieri, ndr) che era dentro quell’ufficio e aggiunse che stavano cercando di scaricare la responsabilità sulla polizia penitenziaria“. Casamassima ha aggiunto anche di avere suggerito al maresciallo Mandolini nell’ottobre 2016 durante un incontro di andare “dal pm a dire le cose che sai. Ma mi rispose: no. Il pm ce l’ha a morte con me”. La donna ha confermato questa circostanza durante il suo esame oggi davanti ai giudici dell’assise. “Mandolini – ha detto la Rosati – disse che era successa una cosa brutta, un casino con un ragazzo che si chiama Cucchi, lo avevano massacrato”, che stavano cercando “di scaricarlo, ma non se lo voleva prendere nessuno”.
Le parole di Mastronardi jr – In aula, Casamassima ha confermato anche il resto della sua deposizione. “Il figlio del maresciallo Mastronardi, anche lui carabiniere, mettendosi le mani sulla fronte mi raccontò che nella notte dell’arresto vide personalmente Cucchi e lo vide ridotto male a causa del pestaggio subito. Disse che lui non aveva mai visto una persona combinata così”. Il testimone, interrogato dal pm Musarò, ha anche spiegato il motivo che lo ha convinto a raccontare i due episodi solo dopo quattro anni e mezzo dalla morte di Cucchi, e cioè nel maggio del 2015. “Pensavo che Mandolini volesse fare lui stesso qualcosa. Avevo paura di ritorsioni, dopo la mia testimonianza hanno cominciato a fare pressioni pesanti nei miei confronti. Ho avuto anche problemi perché ho rilasciato interviste non autorizzate; si stava cercando di screditarmi, e io dovevo far capire che tutto quello che dicevano non era vero”.
Ilaria Cucchi: “Verità in ritardo per colpa di Mandolini” –“Per anni io e la mia famiglia abbiamo rincorso la verità, abbiamo atteso troppo. Ritengo che il principale responsabile di questa attesa sia il maresciallo Mandolini – ha commentato Ilaria Cucchi – Ricordo bene quando venne in aula nel primo processo, quello sbagliato, a raccontarci la storiella che quella era stata una serata piacevole e che Stefano era stato anche simpatico. Adesso è il processo giusto, si parla di pestaggio. E ogni volta che entro in quest’aula ho la pelle d’oca. È inaccettabile che si sia cercato di scaricare tutto sulla polizia penitenziaria”.
L’intervista al Fatto.it – Casamassima e Mandolini dal 2016 lavorano nello stesso reparto al battaglione Tor di Quinto. “È per questo motivo – ha detto al Fatto.it – che ho chiesto di essere spostato per ricongiungimento familiare. Per evitare problemi ho chiesto di essere portato dove lavora anche la mia compagna. Ma mi è stato detto di no nonostante il ricongiungimento sia previsto da circolari specifiche”.