Nel 2011 era il grimaldello che portò al colpo di Stato che fece cadere il suo governo per portare al potere gli euroburocrati. Oggi è il sintomo della “voglia di aiutare l’Italia”. Il rapporto tra Silvio Berlusconi e lo spread vive una giornata paradossale, con il differenziale di rendimento tra i Btp italiani e i Bund tedeschi che si trasforma da strumento truffaldino contro Forza Italia a scudo per la tenuta dei conti di una Paese che preoccupa l’Europa in vista di un governo M5s-Lega. In mezza giornata, quindi, è andata in scena la cancellazione di una narrazione complottista che ha accompagnato la comunicazione berlusconiana dal novembre 2011 a qualche ora fa. Come se nulla fosse. Le parole dell’ex Cavaliere, del resto, non lasciano spazio a interpretazioni alternative. Da Sofia, dove il leader azzurro ha partecipato al vertice del Partito popolare europeo, l’ex premier ha risposto così a chi gli chiedeva paragoni tra le turbolenze finanziarie che sette anni fa portarono alla caduta del suo governo e la reazione dei mercati alla possibilità di un esecutivo giallo-verde: “Per ora non c’è nessun complotto, anzi il contrario – ha risposto Berlusconi – C’è la voglia di aiutare l’Italia ad uscire dalla situazione in cui siamo. È il contrario del complotto”. E ancora: la prospettiva che grillini e leghisti possano far partire un governo “desta moltissima preoccupazione, in tutta Europa”. Tralasciando il fatto che Salvini resta alleato e leader della coalizione di cui fa parte il riabilitato Berlusconi, dalle odierne parole dell’ex Cavaliere emerge una concezione bifronte del legame tra spread e Ue. Dipende da quale posizione lo si osservi: arma e mandante di un colpo di Stato contro di lui, avviso del buon padre di famiglia preoccupato quando si tratta degli avversari.
“Tutto documentato, tutto arbitrario” diceva Giorgio Manganelli, citazione ripresa da Paolo Sorrentino per Loro 1, il film su Berlusconi. E anche quando si parla del rapporto tra Berlusconi e spread è tutto documentato dalle dichiarazioni pubbliche rese negli anni dall’ex presidente del Consiglio e dai suoi fidi collaboratori. Parole il cui significato, alla luce di quanto dichiarato oggi, diventa molto più che arbitrario. Tra le centinaia di sparate a favore di telecamera sul tema, una perla tra le perle è quella del 21 maggio 2014, quando l’ex presidente del Consiglio ospite di Agorà ebbe l’ardire di raccontare: “Non ho mai avuto ambizioni politiche. Sono sceso in campo nel ’94 perché temevo che i comunisti arrivassero al governo. Nel 2011 – ed ecco il complotto – ci fu un colpo di Stato con l’imbroglio dello spread e io mi ero ritirato, e stavo costruendo ospedali nel mondo, anzi ne avevo già costruito uno in Amazzonia“. Come detto, di centinaia di uscite pubbliche simili a questa è costellata la rete e gli archivi delle agenzie di stampa, anche perché sulla teoria del complotto degli euroburocrati con l’arma dello spread l’ex Cavaliere ha costruito un’intera campagna elettorale, quella per le politiche del 2013.
Quasi meglio di lui, però, è riuscito a fare Renato Brunetta. L’ex ministro, infatti, è stato addirittura coautore di un libro: trattasi di Un Golpe chiamato rating: così fu depredata l’Italia nel 2011, pubblicato nel novembre del 2014 da Il Giornale, quotidiano della famiglia Berlusconi. La teoria è sempre quella: i poteri forti europei hanno portato alle dimissioni l’ex Cavaliere agitando lo spauracchio della speculazione dei soliti noti, con lo spread alle stelle come sintomo della patologia irreversibile del Paese. Ma se la narrazione di Berlusconi negli ultimi anni si è un po’ pacata, quella di Brunetta non ha avuto soluzione di continuità. Se nel 2014 chiedeva di istituire “una commissione parlamentare d’inchiesta sul colpo di Stato del 2011″, a dicembre dello scorso anno (quindi appena sei mesi fa) la teoria non cambiava di una virgola. Testuale: “Voglio si dica tutto sulle crisi bancarie e sull’estate dello spread che fece cadere Berlusconi” diceva l’allora capogruppo dei deputati di Forza Italia al Corriere della Sera. Poi lo sfogo: “Sono sei anni che lavoro per arrivare a questa commissione d’inchiesta, sei anni che non dormo la notte se penso alle centinaia di migliaia di italiani finiti in miseria per quella maledetta estate del 2011, sei anni che penso al colpo di Stato”. Esagerazione? Guai a dirlo a Brunetta: “Abbiamo perso la nostra sovranità, ci è stata sottratta dai poteri finanziari che hanno speculato sul nostro debito sovrano. Se in gioco c’è la sovranità di un Paese – argomentava al quotidiano di via Solferino – come possiamo chiamarlo, se non colpo di Stato?”.
Coerenza vuole che oggi, a distanza di quasi 180 giorni da quelle parole appassionate, l’ex ministro non abbia cambiato idea. E invece…. Di uguale c’è solo la passione dell’eloquio: “È stata una giornata drammatica per la Borsa di Milano e per i nostri titoli di Stato” è l’allarme di Brunetta, che dopo aver dato i numeri dei mercati in subbuglio si è poi dedicato allo spread in preoccupante ascesa. Per poi dire: “Alle crescenti preoccupazioni degli investitori – ha avvertito – si sommano i timori legati ad un possibile downgrading dei nostri titoli di Stato da parte di Moody’s, dopo che l’agenzia di rating americana ha dichiarato che solo l’Italia ha un Outlook negativo che riflette il rischio che le future politiche del Governo non affrontino in modo sostenibile la vulnerabilità del paese a uno choc economico e finanziario”. Insomma, colpa della politica (che però nel 2011 era vittima). “Se si verificasse davvero questa eventualità – ha aggiunto l’ex ministro terrorizzato – i nostri titoli non sarebbero più eleggibili per rientrare nel perimetro dei titoli acquistabili dalla Banca Centrale Europea e quindi l’Italia uscirebbe dallo scudo protettivo della banca centrale. Una situazione del tutto analoga a quella già sperimentata dalla Grecia, che produrrebbe conseguenze disastrose per i rendimenti dei titoli sovrani e, di conseguenza, per la spese per interessi sul debito”. Finanza preoccupata, speculatori in agguato, ombre greche: per Brunetta è come nel 2011. Solo che allora era un colpo di Stato, oggi è la prova della reazione dei poteri economici all’inadeguatezza del governo penta-leghista. Così è spread, se vi pare.