"Quella di sabato sarà l'ultima partita con questi colori" ha detto il numero uno in conferenza stampa. Ed è l'unica certezza insieme a una carriera che lo ha portato di diritto ai livelli più alti della storia del calcio mondiale. Nessuno, almeno in Serie A, ha vinto più di lui. Gli manca solo la massima competizione europea per club. Proprio per questo motivo potrebbe accettare di dire sì a una delle proposte arrivategli: si parla di Liverpool, Psg e Real Madrid
C’è una parata che riporta il sorriso sulla bocca di tutti gli italiani. Il cronometro segna il minuto 103 della finale del Mondiale 2006, Zidane colpisce di testa un pallone diretto sotto la traversa, ma il guantone del numero uno azzurro smanaccia in calcio d’angolo. Lui stesso, Gianluigi Buffon, l’ha definita la sua parata più grande, più importante. E un gesto del genere, non lo vedremo mai più. Buffon sabato giocherà la sua “ultima partita con la Juventus”, come ha annunciato in conferenza stampa all’Allianz Stadium. La maglia azzurra invece non la vestirà più: non sarà in campo il 4 giugno per quella che doveva essere la sua ultima partita con la Nazionale, “perché non ho bisogno di attestati di stima e celebrazioni”, ha spiegato. Di fronte ai microfoni ha malcelato il fastidio per le critiche degli ultimi tempi, proprio dopo l’eliminazione dai Mondiali contro la Svezia e soprattutto in seguito allo sfogo di Madrid.
Episodi che hanno segnato il più forte e più vincente portiere della storia d’Italia e la sua decisione di lasciare i colori bianconeri e la Nazionale. Ma che hanno anche fatto nascere in Buffon la voglia di non smettere. Ha delle proposte, alcune da dirigente certo, ma anche altre per continuare a giocare, all’estero. C’è la tentazione di non lasciare quei pali, tra i quali Buffon è e resta un campione indiscutibile: parlano 23 anni di carriera in cui ha portato la Nazionale sul tetto del mondo, ha parato tanto e vinto ancora di più (18 trofei, tra cui manca solo la Champions League). Proprio quella coppa per la quale potrebbe decidere di infilare ancora i guantoni nella prossima stagione. E la sensazione è che nella sua testa la parola fine non sia ancora stata scritta.
L’esordio a Parma – L’inizio invece è stato da predestinato. Non puoi essere definito in altro modo se a 14 anni, quando ancora giochi da centrocampista, ti ritrovi a fare il portiere nelle giovanili del Parma per via di una serie di infortuni e dopo due partite hai già la maglia da titolare. Era il 1992, tre anni dopo l’esordio non ancora maggiorenne in un Parma-Milan: Buffon è subito il migliore in campo. Nel 1996 la porta emiliana è ormai roba sua: negli anni con i Ducali vince già una Coppa UEFA, una Coppa Italia e una Supercoppa italiana. Una perla la parata su Recoba nello spareggio Champions con l’Inter del 2000, quando Buffon si dovette arrendere solo di fronte alle magie del miglior Roberto Baggio mai visto a San Siro.
L’arrivo alla Juve – Negli anni degli sceicchi e degli acquisti folli a tre cifre, nessuno è ancora riuscito a battere il record dei 75 miliardi di lire sborsati dalla Juventus nell’estate 2001 per portare Buffon a Torino: mai un portiere è stato pagato tanto. Forse ci penserà Donnarumma, destinato a prendere il suo posto anche nella nuova Italia di Mancini. Le sue papere nell’ultima finale di Coppa Italia non ne scalfiscono il valore. Hanno voluto solo ricordarci, tramite un confronto spietato, come uno forte come Buffon potrebbe anche non nascere mai più. Quando Gianluigi a 23 anni arriva alla Juve è già un leader e forse in pochi ricorderanno che all’inizio anche lui trema, ha qualche incertezza. Poi esplode.
Il legame con i colori bianconeri – Sono passati 17 anni dall’esplosione, dal primo scudetto vinto subito, al giorno dei saluti. Il legame tra Buffon e i colori bianconeri lo identifica e ha attirato per forza di cose le antipatie di molti altri tifosi. È il club che ha deciso di seguire e rappresentare anche dopo Calciopoli, in Serie B e negli anni bui prima dei sette scudetti consecutivi. Quella prima Juventus in cui arriva è anche fortissima, nonostante abbia appena venduto al Real Madrid proprio Zinedine Zidane, lo stesso della parata ai Mondiali 2006 e l’artefice da allenatore dell’ultimo grande dolore per Buffon, l’eliminazione ai quarti di Champions. Quella coppa che sfiora per la prima volta già nel 2003, dopo aver vinto un altro scudetto, aver parato un rigore a Figo in semifinale e compiuto un miracolo su Inzaghi nella sfida decisiva persa ai rigori.
La Nazionale e il Mondiale 2006 – In quegli anni Buffon diventa anche il proprietario indiscutibile della porta della Nazionale. Con la maglia azzurra aveva già esordito molto prima, in un Russia-Italia del 1997. Poi un grave infortunio e l’exploit di Toldo agli Europei 2000, ma ai drammatici Mondiali del 2002 in Corea del Sud tra i pali c’è di nuovo lui. Da lì comincia la parabola che porta alla vittoria del 2006. In quel torneo Buffon subisce solo due gol: un’autorete e un rigore. Non arriverà il Pallone d’Oro, ma per tutti è il portiere più forte al mondo.
Dalla B ai sette scudetti – Quell’estate, da portiere più forte al mondo, accetterà la retrocessione in Serie B per stare al fianco della sua Juventus. Una scelta ripagata tanti anni dopo, quando il 6 maggio 2012 da capitano conquista il primo dei sette scudetti consecutivi. Alla fine sono nove in tutto, uno dei numeri che descrivono la grandezza di Buffon. Mai nessuno ha avuto così tanti tricolori al petto, mai nessuno è rimasto imbattuto per 974 minuti consecutivi e non ha subito gol in 300 partite con la Juventus su 655 giocate. Tra i primati ci sono anche le 176 presenze con la Nazionale – record assoluto – che ha seguito fino all’eliminazione contro la Svezia dello scorso autunno.
Le cadute di stile fuori dal campo – È questa l’altra grande ferita di Buffon, insieme all’ennesima eliminazione dalla Champions, dopo tre finali perse. Ora tutti ricordano l’ultimo sfogo del numero uno, quell’”insensibile” diventato anche un coro negli stadi. Un’ultima caduta di stile, peraltro comprensibile, in una carriera che lo ha visto sempre impeccabile in campo ma non altrettanto fuori. Ci sono le ostentazioni di simboli legati al fascismo, già dai tempi di Parma, come la maglietta mostrata sotto la curva con la scritta “Boia chi molla” e l’88 – che per i neonazisti significa Heil Hitler – scelto come numero. C’è la vicenda del falso diploma, presentato per iscriversi all’Università, per cui ha patteggiato la pena a sei milioni di lire. E infine il suo coinvolgimento in un giro di scommesse clandestine che ha rischiato proprio di fargli saltare il Mondiale 2006.
Il futuro – Buffon è anche questo. Ha fatto parlare di sé anche nella vita privata, prima per il matrimonio con la modella Alena Seredova e poi per la storia d’amore con la signora del calcio su Sky, la conduttrice Ilaria D’Amico. E continuerà a far discutere anche ora, quando dopo l’addio alla sua Juventus si prenderà altri due e tre giorni di tempo “prima di prendere la decisione definitiva“. Gli sono arrivate proposte da dirigente, “la più importante proprio da Andrea Agnelli”, ha spiegato indicando il presidente seduto al suo fianco. L’altra arriva invece dalla Figc che lo cerca per guidare il nuovo Club Italia.
L’ossessione Champions – Prima però c’è da valutare l’ipotesi di non lasciare ancora la porta, mai per andare negli Stati Uniti o in Cina, sì per vincere quella benedetta Champions League. Le proposte “già ricevute” hanno i nomi di Liverpool, che cerca un grande numero uno per completare la rosa, e di Real Madrid e Psg che stanno alla finestra. Accetterà solo se potrà giocare per vincere, possibilmente in Europa. Anche se deciderà di inseguire ancora il sogno diventato ossessione, la sua carriera in e con l’Italia è invece sicuramente al capolinea. E si può già dire che, in porta, è stato il più grande di tutti.