Ai due è contestata la violenza sessuale aggravata. Davanti al tribunale militare inoltre è fissata per il prossimo 27 giugno l’udienza preliminare per i reati di concorso in violata consegna e in peculato militare
La procura di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio di Marco Camuffo e Pietro Costa, i due militari, di recente destituiti dall’Arma dei carabinieri, accusati di aver violentato due studentesse americane di 20 e 21 anni a Firenze la notte del 7 settembre scorso, dopo averle riaccompagnate a casa con l’auto di servizio. Per entrambi l’accusa è violenza sessuale aggravata.
Nei giorni scorsi Costa e Camuffo erano stati destituiti con una decisione adottata dall’Arma al termine di un’indagine disciplinare, avviata parallelamente all’inchiesta penale a seguito delle denuncia delle giovani americane. Entrambi erano già stati sospesi e tenuti a metà stipendio. Davanti al tribunale militare inoltre è fissata per il prossimo 27 giugno l’udienza preliminare per i reati di concorso in violata consegna e in peculato militare.
Nelle scorse settimane, alla chiusura delle indagini condotte dalla pm Ornella Galeoffi, era emerso che Camuffo aveva definito “una galanteria” l’aver riaccompagnato a casa le due: “Avrei dovuto avvisare il comandante, ma non l’ho fatto. Ma si è sempre fatto così – ha spiegato ai magistrati – perché magari per motivi di sicurezza le aggrediscono nel portone. Così ci siamo consultati, perché eravamo titubanti”. Eppure, secondo l’inchiesta, alla fine furono proprio loro due ad approfittare delle ragazze, abusando della loro condizione di ubriachezza, una volta arrivati in Borgo Santissimi Apostoli. Entrati nell’androne, aggiunse il carabiniere durante l’interroagtorio “capii che si era realizzata un’occasione di sesso e così ci siamo comportati da maschietti“. “Non sono degli stupratori, sarà dimostrata la loro innocenza nel processo penale che verrà fatto e chiederemo così la loro riammissione nell’Arma”, aveva ribattuto il legale di Costa, Giorgio Carta, che preannuncia ricorso al Tar per l’annullamento del provvedimento deciso dai vertici dell’Arma.