Sono sette gli imprenditori e i tecnici indagati, in attesa che una perizia confermi se è stato per davvero il cedimento di un gancio a causare il gravissimo incidente di domenica mattina alle Acciaierie Venete di Padova, quando una colata di ghisa incandescente ha ustionato quattro operai, due dei quali in modo gravissimo. Gli esperti dello Spisal dell’Ulss 6 Euganea hanno già accertato che la probabile causa è costituita proprio da quell’elemento in acciaio, che ha fatto cadere a terra una siviera contenente 90 tonnellate di liquido, il cui calore, disperdendosi, ha letteralmente fuso le tute e le protezioni che indossavano gli operai più vicini.
Nell’elenco degli indagati figurano innanzitutto i vertici dell’azienda, che ha sede in zona industriale a Padova, ovvero il titolare Alessandro Banzato e il direttore dello stabilimento, Giorgio Zuccaro, con delega alla sicurezza. Ci sono poi i responsabili della società friulana Danieli di Buttrio, in provincia di Udine, dove è stata progettata la traversa in acciaio, la cui rottura sembra all’origine dell’incidente. Ufficiali di polizia giudiziaria, inviati dal pm padovano, hanno effettuato una perquisizione alle Officine Meccaniche di Buttrio, notificando gli avvisi al presidente Giampiero Benedetti, nonché ai consiglieri Giacomo Mareschi Danieli e Alessandro Trivillin. Gli investigatori hanno acquisito tutto il materiale informativo riguardante l’uso, la manutenzione e la progettazione della traversa incriminata. Nel fascicolo penale per lesioni gravi sono stati iscritti anche i nomi di Vito Nicola Plasmati, legale rappresentante della Hayama Tech, con sede a Fagagna (Udine), la ditta incaricata della manutenzione degli impianti nello stabilimento di Camin, e Dario Fabbro, responsabile della sede bresciana della Danieli, dove è stato rilasciato il certificato di conformità del prodotto alle norme europee. In attesa degli accertamenti, lo stabilimento rimane sotto sequestro e la produzione è ferma.
Tre i quesiti del pubblico ministero Sanzari ai consulenti indicano le piste dell’inchiesta. Il primo riguarda la valutazione delle caratteristiche del macchinario, per individuare eventuali difetti di produzione o di impiego. Il secondo si appunta sul rispetto delle normative in materia di sicurezza nell’utilizzo dell’impianto, con particolare attenzione all’organizzazione del lavoro interno e alle aree limitrofe a quelle dove si trovano le enormi quantità di ghisa. Il terzo quesito chiede di accertare le cause che hanno provocato la rottura del gancio che sosteneva il contenitore di ghisa.
“L’informazione di garanzia è un atto dovuto da parte della Procura – ha precisato l’avvocato Maurizio Miculan, legale dell’impresa Danieli – come avviene tutte le volte in cui gli inquirenti devono procedere con accertamenti tecnici non ripetibili”. La Danieli “ha fornito nel 2014 la traversa di sollevamento su cui si sarebbe verificato l’infortunio. Ma non è nemmeno certo che l’infortunio si sia verificato a causa della rottura del macchinario fornito da Danieli, non potendosi nemmeno escludere che quello originariamente fornito non abbia subito in questi quattro anni modifiche di sorta”.
Continuano le prese di posizione dei sindacati di categoria. “Siamo ormai in presenza di una interminabile catena di morti sul lavoro che in questi mesi ha funestato il Veneto e il Paese. Occorre fermarla al più presto per garantire a tutti i lavoratori e in tutti i luoghi di lavoro il diritto alla salute e alla sicurezza”.