Cultura

Il Caso Enzo Tortora, a 30 anni dalla morte del giornalista il libro che è un legal thriller di sconvolgente attualità

Lo scrittore e criminlogo Luca Steffenoni, per Chiarelettere, ha scritto di una vicenda che nasce molto prima dell’arresto del presentatore e interseca le faide che si susseguono a fine anni Settanta, il brigatismo rosso, il rapimento dell’assessore Cirillo, la lottizzazione Rai, l’uso strumentale dei pentiti. E ancora, la tentazione di alcune aree dello Stato a coltivare trattative inconfessabili, la lotta alla Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo, gli eterni umori giustizialisti del popolo italiano

di F. Q.

Gli attori di questa Gomorra sono piano piano venuti alla luce. Numerosi, e ognuno con la sua fetta di responsabilità. Delinquenti senza nulla da perdere, Democrazia cristiana, ministero dell’Interno e ministero di Grazia e giustizia, Sismi, Sisde, carabinieri, giudici, istituzioni carcerarie, e non ultima una stampa accucciata ai piedi del potere politico e giudiziario. Un ginepraio di malaffare e di cinica interpretazione della ragione di Stato. Molti questa storia non la possono più raccontare. Qualcuno, come l’onorevole Ciro Cirillo o come il
serial killer delle carceri Pasquale Barra, ha concluso la sua muta esistenza nel proprio letto, i più sono saltati in aria a bordo di macchine imbottite di tritolo, ammazzati sotto i colpi dei kalashnikov, sepolti dentro blocchi di cemento. Qualcuno però ha parlato, e ciò è stato sufficiente per porre il caso Tortora sotto una luce diversa. Si è espresso, quando ha potuto farlo, Raffaele Cutolo, il capo della Nuova camorra organizzata che in quegli anni dominava la Campania. Ha raccontato la sua verità Francesco Pazienza, il faccendiere 007 che ha
partecipato alla prima trattativa Stato-camorra. Hanno confessato le pressioni subite da parte dei carabinieri molti dei falsi pentiti che accusavano Enzo Tortora. Un grande contributo è arrivato da alcuni magistrati. Da chi ha seguito i tre tronconi processuali nati dal
maxiblitz che ha portato all’arresto del presentatore e da chi, come Carlo Alemi, l’allora giudice istruttore di Napoli poi trasferito a Caserta, tra mille difficoltà, e mettendo a rischio la propria incolumità, ha puntato il dito contro la Democrazia cristiana, svelando i contorni
della liberazione dell’assessore Cirillo.

Da tempo le tessere del puzzle sono sul tavolo. Basta riprenderle in mano per raccontare una storia che a trent’anni di distanza non ha perso vigore. La storia di un agnello sacrificale, prima che della vittima di una persecuzione giudiziaria. Un legal thriller incredibile e terribile, che si può ricostruire solo uscendo dalle mura di Castel Capuano, allora sede della Procura penale napoletana, per infilarsi
nell’inferno delle carceri, avventurandosi tra assassini, camorristi, agenti dei servizi segreti, mitomani e psicopatici. Un viaggio che prevede una sosta negli studi di un monopolio Rai in procinto di cambiare pelle e nelle redazioni di giornali che di cambiare, in quel
primo scorcio degli anni Ottanta, non avevano alcuna intenzione. E, infine, un salto nelle caserme partenopee e un trillo di campanello alla porta dei palazzi del potere.

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