Il collaboratore di giustizia Tullio Cannella in aula: "Me ne parlò nel dicembre 1993 quando io ancora non sapevo della discesa in campo di Berlusconi e mi fece il nome di Forza Italia ancora prima che diventasse di dominio pubblico. Mi venne detto che tutti i voti sarebbero andati a questo movimento..."
Cosa Nostra sapeva in anticipo che il partito di Silvio Berlusconi si sarebbe chiamato “Forza Italia”. A rivelarlo, oggi in un’aula di tribunale, è stato il collaboratore di giustizia Tullio Cannella sentito a Reggio Calabria nel processo “‘ndrangheta stragista” che vede alla sbarra il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, esponente di primo piano della cosca Piromalli di Gioia Tauro. Rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, il pentito siciliano ha ricostruito il suo rapporto con Leoluca Bagarella e si è soffermato, in particolare, sui vari movimenti separatisti che si stavano formando nel sud Italia all’inizio degli anni novanta quando “Sicilia Libera” e “Calabria Libera” organizzarono un incontro a Lamezia Terme: “Patania, il responsabile di Catania Libera, mi ha detto che era importante farla lì perché è lì che c’erano legami solidi con la massoneria e alcuni apparati statali che avrebbero dato copertura al movimento”.
Un incontro al quale ci sarebbero stati anche esponenti della Lega Nord. “C’era – ha riferito l’uomo di fiducia di Bagarella – un certo Marchioni che ho incontrato anche a Palermo e che faceva parte della segreteria della Lega Nord. ‘Calabria Libera’ invece era rappresentata da un onorevole della Regione, un certo Donnici, che aveva lo stesso ruolo che rivestivo io in Sicilia”. Nato come un semplice costruttore, Cannella si è ritagliato il ruolo di uomo politico legato a Bagarella: “La strategia dei vari movimenti separatisti era inserire soggetti politici pilotabili. Il fatto che Falcone andò al ministero con Martelli allontanò Cosa Nostra dal partito socialista”.
Così ha preso piede il progetto separatista che, però, subì lo stop direttamente dal cognato di Totò Riina: “Ad un certo punto, – è sempre la ricostruzione del pentito Cannella – prima delle elezioni, Bagarella mi disse che stava nascendo una situazione in cui loro credevano molto. Si trattava di un movimento che faceva capo all’onorevole Berlusconi e per questo dovevo stare calmo con ‘Sicilia Libera’. Bagarella parlava per lui, per Provenzano e a nome degli interessi di Cosa nostra. Me ne parlò nel dicembre 1993 quando io ancora non sapevo della discesa in campo di Berlusconi e mi fece il nome di Forza Italia ancora prima che diventasse di dominio pubblico. Mi venne detto che tutti i voti sarebbero andati a questo movimento e noi facemmo un club ‘Forza Italia-Sicilia Libera’”.
All’epoca, Cannella voleva essere coinvolto nella scelta dei candidati in modo da inserire qualcuno del movimento separatista nelle liste di Forza Italia: “Bagarella mi ha detto che c’erano candidati loro. Gli ho chiesto di farmi inserire qualcuno dei soggetti coinvolti in ‘Sicilia Libera’ e lui mi ha promesso di farmi avere un appuntamento con una persona per risolvere la questione. Tony Calvaruso mi ha detto che quella persona era Vittorio Mangano, ma l’incontro non c’è mai stato”. Del discorso di Forza Italia, Cannella si confrontò anche con il boss Giuseppe Graviano, imputato nel processo “‘ndrangheta stragista” con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio dei due carabinieri, uccisi sulla Salerno-Reggio Calabria nel 1994, e per il tentato omicidio di altri quattro. “Graviano mi disse di evitare queste cose e di lasciare fare a chi, come lui, ha i contatti giusti. Non mi ha fatto i nomi di questi contatti giusti. Mi disse che bisognava risolvere il problema dei pentiti”.