La Svizzera voterà per bandire i pesticidi sintetici grazie a un’iniziativa partita dalla società civile. Il gruppo Future 3.0 ha raccolto, infatti, circa 140mila sottoscrizioni, superando le 100mila necessarie per indire un referendum e chiedere il divieto di utilizzo di pesticidi sintetici che si applicherebbe ad agricoltori, industrie e a prodotti alimentari importati. L’iniziativa ‘Per una Svizzera senza pesticidi sintetici’ è stata lanciata nel novembre 2016 e il testo sarà depositato il 25 maggio alla Cancelleria federale. Una messa al bando totale nella ricca Svizzera sarebbe un messaggio molto più forte rispetto ai divieti di pesticidi sintetici già esistenti in diverse città del mondo e avrebbe un valore diverso anche dal divieto imposto nel 2013 dal Bhutan, paese dell’Asia meridionale infinitamente più povero e, a oggi, l’unico del pianeta dove vige, appunto, il bando totale. Tra l’altro proprio in Svizzera ha sede Syngenta, il più grande produttore mondiale di pesticidi. Si tratta di un tema molto attuale, anche e soprattutto in Europa, dopo che a fine 2017 l’Ue ha dato nuovamente il via libera all’utilizzo del glifosato, il diserbante più utilizzato al mondo, mentre altri Paesi, tra cui Italia e Francia, puntano a vietarlo.
L’INIZIATIVA E LE PROSSIME TAPPE – L’iniziativa svizzera è nata da un movimento apolitico di semplici cittadini che chiede “di potersi nutrire e di consumare senza subire conseguenze negative per la salute”. Dopo la presentazione alla Cancelleria federale, saranno avviati i controlli di autenticità e, quindi, le firme saranno trasmesse al Consiglio federale svizzero che avrà un anno di tempo per fornire osservazioni e raccomandazioni al Parlamento. A loro volta le Camere avranno altri due anni per accettare l’iniziativa e programmare un voto o, al contrario, per presentare un’iniziativa contraria. Facendo un po’ di calcoli, potrebbero passare almeno tre anni prima che gli elettori svizzeri possano andare alle urne.
IL CAMBIO DI ROTTA – È previsto comunque un periodo di transizione di dieci anni a partire da un eventuale voto favorevole. Le nuove norme si applicherebbero anche alle importazioni e avrebbero un impatto importante anche sui Paesi limitrofi. Basti pensare che, secondo i dati dell’Amministrazione federale delle dogane, la Svizzera importa quasi 500 chilogrammi di cibo pro capite all’anno. Impedendo l’uso e l’importazione dei pesticidi sul territorio svizzero l’obiettivo, come ha dichiarato il gruppo, è quello di creare le condizioni necessarie “per avere un’agricoltura sostenibile e rispettosa della salute pubblica”.
PRO E CONTRO – Il cambio di rotta non sarà una passeggiata. Lo ha confermato Antoinette Gilson, una delle leader di Future 3.0, che alla Bbc News ha detto la sua. “Non usare pesticidi provocherà un cambiamento completo nelle pratiche agricole, difficile da attuare – ha spiegato – anche se in Svizzera già il 13% circa dei coltivatori pratica agricoltura biologica. Ho parlato con molti di loro e non ne ho incontrato neppure uno che si sia pentito di aver rinunciato ai pesticidi”. Sono invece contrari a un referendum e a un eventuale bando totale gli agricoltori tradizionali e i rappresentanti dell’industria, convinti il testo del referendum sia troppo estremista e che difficilmente potrebbe ottenere il sostegno popolare. “L’iniziativa è troppo radicale e va oltre il suo obiettivo” ha dichiarato Anna Bozzi di Science Industries Switzerland, secondo cui “i prodotti fitosanitari sono indispensabili per scongiurare malattie e parassiti“. Per Bozzi non ci sono dubbi: “Un divieto generale inciderebbe enormemente sui rendimenti e sulla qualità dei prodotti agricoli in Svizzera, mentre il divieto di importazione ostacolerebbe l’offerta e aumenterebbe i prezzi“. Di fatto un bando totale in Svizzera potrebbe avere effetti a catena anche su altri Paesi.
IL DIBATTITO IN EUROPA – Il dibattito in Europa è acceso più che mai, soprattutto dopo la proroga della licenza di cinque anni, arrivata in extremis a novembre 2017, per il glifosato, erbicida sospettato di essere dannoso per la salute. I ventotto Paesi dell’Ue sono stati incapaci fino all’ultimo di trovare un accordo sul rinnovo dell’autorizzazione e la proroga non è andata giù al Parlamento europeo, che chiedeva invece di eliminare gradualmente il commercio e l’utilizzo del glifosato entro la fine del 2022. A questo si aggiungono nuovi tasselli. Uno di questi arriva proprio dall’Italia. Nelle ultime ore, infatti, sono stati pubblicati i risultati della fase pilota dello Studio Globale sul glifosato realizzato presso l’Istituto Ramazzini di Bentivoglio, Bologna, con l’obiettivo di valutare la tossicità di questo diserbante nei diversi periodi dello sviluppo. Secondo questo lavoro gli erbicidi a base di glifosate possono portare ad alcune importanti alterazioni biologiche anche dopo l’esposizione a dosi ritenute ‘sicure’. I risultati, che sono la base di un’indagine più approfondita, contraddicono in parte quanto affermato in passato dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) dell’Agenzia Europea per la Chimica (Echa). Queste sostanze mostrano effetti sullo sviluppo sessuale, sul microbioma intestinale e genotossicità, ossia possono danneggiare l’informazione genetica causando mutazioni nel Dna cellulare. Anche a dosi giornaliere ritenute ‘accettabili’ e dopo un periodo relativamente breve di esposizione.