Vorrei placidamente e socraticamente replicare al signor Caldarola, che scompostamente e con voce tremante mi accusa di non aver letto e men che meno inteso Gramsci. Lo farò con la docile forza del logon didonai di socratica memoria e con l’olimpica compostezza atarassica degli antichi epicurei. Un po’ di Gramsci l’ho letto – mi perdonerà il Caldarola – e ho anche avuto modo di tenere un seminario sul mio libro Antonio Gramsci. La passione di essere nel mondo (Feltrinelli, ora tradotto anche in spagnuolo da Akal) presso l’università di Harvard. Giusto per dir qualcosa alla generosa accusa mossami con poco socratica postura dal Caldarola: secondo cui sarei un analfabeta di ritorno (sic!). Transeat. Dicevano i greci che quando non si è in grado di attaccare il poema si attacca allora il poeta.
So bene che Caldarola e gli altri affossatori della lettera e dello spirito di Gramsci vorrebbero riservare a se stessi il monopolio ermeneutico, e me ne scuso. Mi scuso per essermi arrogato il diritto di dare anch’io la mia interpretazione. La si può senz’altro discutere: ma con la ragione e non con l’insulto, con la forza ermeneutica e non con quella della voce alta. Mi scuso altresì di aver mostrato come la lotta di Gramsci per il Lavoro sia stata tradita dalle forze politiche cui Caldarola, salvo errore, si pregia di appartenere. Le quali hanno preso da tempo a lottare per il Capitale contro il Lavoro, per i Globalizzatori contro i Popoli, per i Dominanti contro i Dominati.
Insomma, un tradimento totale di Gramsci. Sarà per accidens che negli ultimi trent’anni ogni vittoria delle sinistre è stata una sconfitta per la classe lavoratrice? È nel vero il Caldarola quando asserisce, con dito sentenziante, che i fascisti uccisero barbaramente Gramsci. Omette però di parlare della seconda uccisione del Gramsci: operata dalle sinistre demofobiche e atlantiste, nemiche dei lavoratori e delle classi subalterne. Spiace davvero constatare che il Caldarola s’è scomposto e, al placido dialogo socratico, ha preferito, come usa dire, il gesto del rovesciare la scacchiera. Dal logon didonai è passato all’insulto livoroso. Offendendo invero, ça va sans dire, solo la propria intelligenza, che in molti mi garantiscono esservi. A insulti e offese preferisco la via pacata, serena e alethophila del dialogo. Dialogo con tutti, compresi i turbocapitalisti e CasaPound, liberal-libertari e monarchici, comunisti e craxiani. Ripeto, socraticamente con tutti: perfino con il signor Caldarola.