In Veneto tornano i professionisti della politica, i consiglieri regionali a cui la carica piace così tanto che non la lascerebbero mai, i rappresentanti del popolo che si sono affezionati agli scranni di Palazzo Ferro Fini, al punto da non volerli lasciare neppure dopo due legislature, ovvero dieci anni di mandato. A Venezia, nel corso della piccola maratona per l’approvazione della nuova legge elettorale, gli Zaia-boys, i leghisti in genere e gli altri rappresentanti della maggioranza di centrodestra, hanno presentato – e approvato – un emendamento che toglie il limite dei due mandati istituito non più tardi di tre anni fa. Un’inversione di marcia piuttosto vistosa, considerando che il limite dei due mandati è, per legge dello Stato, previsto per il governatore e gli assessori, mentre per i semplici consiglieri è affidato alla normativa regionale.
Di questo sbarramento a chi è intenzionato a trasformare la politica in un’attività permanente, il governatore Luca Zaia aveva fatto un motivo di vanto. Ospite il 6 marzo ad Antenna Tre, due giorni dopo le elezioni politiche, il governatore aveva dichiarato: “I grillini? Sono i miei discepoli. Dicono di voler introdurre il limite dei due mandati in Parlamento. Bene, in Veneto lo facciamo già dal 2012, benvenuti! Noi siamo l’unica regione che ha introdotto il blocco dei mandati a due per presidente, assessori e consiglieri regionali, a valere dal 2015”. È bastato un voto della maggioranza, appena tre anni dopo, per cancellare tutto.
In realtà la legge numero 5 del 16 gennaio 2012 aveva fissato il paletto dei due mandati, ma per il solo presidente della giunta e per gli assessori, con la possibilità di un terzo mandato se uno dei due non aveva superato i due anni e mezzo di durata. È stata poi la legge numero 1 del 27 gennaio 2015, pochi mesi prima della fine della IX legislatura, ad introdurre il limite anche per i consiglieri. Era un segnale (votato all’unanimità) di rinnovamento della politica. È durato lo spazio di tre anni finché i capigruppo di maggioranza hanno inserito nel dibattito in corso in consiglio regionale l’emendamento che ha fatto cadere quella fragile barriera. Sul limite dei due mandati, a giustificazione del voto del consiglio, è intervenuto il presidente della commissione Affari Istituzionali, il leghista Marino Fantozzi. È stato lui a mettere la firma alla proposta di modifica decisa dai capigruppo della maggioranza. “In Italia solo noi con i due mandati e il Friuli con tre abbiamo questa limitazione, che si rivela una discriminazione. Si tratta di una norma che fu voluta nella scorsa legislatura da consiglieri senza più chance di rielezione, per avvelenare i pozzi”.
Dall’entourage del governatore Zaia non arrivano dichiarazioni ufficiali. Di certo il presidente leghista non ha gradito, perlomeno perché il voto è la sfacciata sconfessione di quanto da lui dichiarato solo due mesi fa. Zaia ha sempre considerato “il consiglio regionale sovrano”, ma è evidente che un presidente con tale consenso in Veneto (dimostrato anche dai risultati della Lega alle ultime elezioni politiche, che si sta elettoralmente mangiando Forza Italia) è in grado di indirizzare le scelte dei consiglieri di una maggioranza che appare schiacciante. I “pontieri” tra giunta e consiglio sono già al lavoro per preparare una modifica legislativa, tra qualche mese, che salvi la faccia senza sconfessare platealmente i consiglieri di maggioranza.
La riforma elettorale che è in discussione punta a premiare il partito o la coalizione che ottiene almeno il 40 per cento dei voti, con il 60 per cento dei componenti del consiglio; se rimane sotto la soglia del 40 per cento, i seggi sono pari al 55 per cento. Ma ha anche tolto l’incompatibilità della carica di consiglieri regionali e di consiglieri comunali. Il che sembra fatto apposta per l’ex assessore Sergio Berlato (Fratelli d’Italia) e per il presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti (Lega), candidati per il consiglio comunale di Vicenza, nonché per i leghisti Riccardo Barbisan e l’assessore Federico Caner entrambi candidati alle amministrative di Treviso. La legge veneta ha dato il via libera anche alle candidature in tutti i sette collegi elettorali del Veneto, mentre prima un candidato poteva presentarsi soltanto in tre. La norma non è stata ancora approvata perché si cerca una via d’uscita sul tema degli assessori, ovvero sull’incompatibilità alla doppia carica di assessori e consiglieri. La proposta è quella di surrogare (dal 2020) un consigliere regionale che diventa assessore con un consigliere supplente. Il primo dei non eletti subentra al suo posto, ma nel caso l’assessore lasci l’incarico tornerebbe a occupare nuovamente il suo posto. Un paracadute per chi dovesse entrare in rotta di collisione con il governatore.