Il Tar del Lazio ha sospeso il regolamento della Regione guidata da Nicola Zingaretti sulle nomine dei direttori regionali, impedendo di fatto all’amministrazione l’affidamento di nuovi incarichi di vertice. La sentenza, datata 19 maggio, è l’onda lunga della vicenda della rimozione del responsabile dell’anticorruzione della Regione, Pompeo Savarino. Quest’ultimo il 21 marzo scorso era stato allontanato da Zingaretti in persona: due giorni prima si era rifiutato di firmare il provvedimento di nomina di un commissario (Stefano Acanfora) in un ente vigilato dalla Regione Lazio reo di aver dichiarato il falso.
Dopo la censura dell’Autorità nazionale anti corruzione (Anac) sulla decisione del governatore e la sentenza del Tar, che ha chiesto il reintegro di Savarino, Zingaretti era stato costretto a fare un passo indietro, ma la macchina della giustizia amministrativa è andata avanti. Si perché in Regione, dopo le elezioni, il regolamento sulla nomina dei direttori è stato cambiato ben due volte. La seconda modifica è arrivata il 24 aprile, un mese dopo la rimozione di Savarino, e la Direr Sidirs, sindacato dei dirigenti regionali, l’ha impugnata al Tar, ottenendo la sospensione della delibera regionale in questione.
Ora la Regione, in attesa che la camera di consiglio del Tar si pronunci il prossimo 29 maggio, è sostanzialmente in un’impasse amministrativo e potrebbe rimanerci anche dopo, se il tribunale amministrativo confermerà la sospensione della delibera che modifica il regolamento sulle nomine dei direttori regionali. In tal caso gli scenari per la Regione possono essere due. O attendere il giudizio di merito del Tar che, visti i tempi della giustizia, potrebbe arrivare fra circa un anno, o fare ricorso al Consiglio di Stato. Fino a queste due scadenze giudiziarie per la Regione Lazio la strada delle nomine di vertice future è sbarrata.
“Abbiamo impugnato la modifica del regolamento – spiega Roberta Bernardeschi della Direr Sidirs – per due motivi ben precisi. Innanzitutto perché nella nuova norma non è prevista una verifica delle professionalità interne, prima di ricercare candidati direttori all’esterno dell’amministrazione regionale per un’eventuale nomina. L’altro aspetto che abbiamo esposto al Tribunale amministrativo è la mancata separazione, come previsto per legge, tra procedimenti amministrativi e d’indirizzo politico. Questo perché il regolamento, approvato lo scorso 24 aprile, dà alla Giunta la possibilità di scegliere i direttori, appropriandosi di fatto anche dei procedimenti amministrativi che invece devono essere indipendenti dalla politica. Questo per garantire una trasparenza nelle nomine, scongiurando anche eventuali episodi di corruzione. Il Tar ora – conclude la Bernardeschi – su entrambe le questioni ci ha dato ragione, bloccando di fatto la Regione sulle nomine dei direttori”.