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Chieti, come può un uomo arrivare ad uccidere suo figlio

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Le cronache ci parlano con ripetitività di omicidi fra cui spiccano i femminicidi. Fortunatamente il numero annuale è, negli anni, in calo sia per gli uni che per gli altri. Si tratta comunque di eventi che si verificano ogni due o tre giorni per cui tendiamo ad assuefarci. Quando, come nel caso recente, un uomo uccide la propria figlia rimaniamo annichiliti e dentro di noi compaiono innumerevoli dubbi. Come può succedere? Ma veramente era imprevedibile? Come mai immancabilmente i vicini di casa e gli amici cadono dalle nuvole non sapendo fornire spiegazioni?

In questi giorni ho visitato due pazienti affetti dallo stesso disturbo ossessivo. Soffrono per un pensiero che non riescono a scacciare dalla mente: il timore di poter far del male, in un raptus incontrollabile, ai propri figli. Sono venute al consulto psicologico perché impaurite sentendo la televisione e leggendo i giornali. Persone ossessive come queste non faranno mai dei gesti inconsulti in quanto il loro meccanismo di difesa rispetto alle ansietà della vita è quello di rimuginarci sopra e pensare e ripensare ad ogni dettaglio. Coloro che in situazioni di stress acuto agiranno con aggressività etero ed auto diretta presentano, al contrario, meccanismi di difesa dall’ansia improntati all’azione e una personalità paranoidea.

L’ansia è una sensazione che è presente in tutta la vita dell’uomo. Fino ad un certo livello è normale ed utile per la nostra vita. Come il dolore che ci aiuta a capire che occorre evitare di mettere la mano sul fuoco anche l’ansia ci permette di comprendere quali siano le azioni utili o dannose. Ad esempio non studiare ci metterà fin da piccoli nella condizione di provare ansia al momento dell’interrogazione mentre aver una buona preparazione ci esime, almeno in parte, da questa sensazione sgradevole.

L’ansia però, al pari del dolore, può divenire una patologia quando non ha più collegamenti con gli eventi e diviene una costante e inquietante presenza che ci accompagna sempre.

Tre sono i modi in cui si trasforma all’interno dei diversi esseri umani. Il primo modo è la somatizzazione per cui l’ansia si trasforma in tensione corporea con una reazione simile a quella che i nostri avi avevano quando incontravano un leone. La reazione da stress se prolungata e ripetuta potrà sfociare in malattie corporee. Il secondo meccanismo è la trasformazione in paure, pensieri o emozioni disturbanti che accompagnano la vita facendoci soffrire. Il terzo meccanismo è uno scarico attraverso l’azione del proprio malessere. I comportamenti devianti più tipici sono aggressività verso gli altri o  verso se stessi con l’uso di alcol, droghe o atti suicidi.

Non sappiamo quali stati d’animo e quali ansie abbiano attraversato la mente della persona che arriva ad uccidere il proprio figlio. Sappiamo però che, con ogni probabilità, la sua personalità era caratterizzata dal passaggio rapido all’azione. Per questo motivo costoro sono persone che nel contesto sociale sono ottimamente integrati e soprattutto non mostrano, quasi mai, segnali di sofferenza psicologica. Colui che somatizza o che prova ansie psichiche, come l’ossessivo o il fobico, appare insicuro e palesemente sofferente. La persona che scarica l’ansia con l’azione è apparentemente molto più “normale” e sicura di sé.

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