Il patrimonio di biodiversità, composto da piante e animali diversi da cui dipende la vita del pianeta, si va impoverendo a un ritmo inquietante. Dietro c’è la mano dell’uomo, che continua a distruggere habitat per far posto a campi e allevamenti e privilegiando alla natura, caccia, pesca, bracconaggio e commercio illegale. Inquinamento, riscaldamento globale e l’introduzione di specie esotiche danno il loro contributo al disastro che si sta attuando ai danni degli ecosistemi. Quest’anno si celebrano i 25 anni della Convenzione sulla diversità biologica, entrata in vigore nel 1993 per difendere animali e piante da una serie di minacce che spesso derivano da attività umane. In primo luogo la distruzione degli habitat, a cominciare dalle foreste che, nel mondo, ospitano l’80% delle specie esistenti. E in occasione della Giornata mondiale della biodiversità proclamata dall’Onu, che ricorre il 22 maggio, è proprio il segretario della Convenzione, Cristiana Pasca Palmer, a mettere in guardia: “La biodiversità continua ad essere in declino in tutte le regioni del mondo a ritmi allarmanti”. Un allarme lanciato anche al World Economic Forum, che nel Rapporto sui rischi globali 2018 ha inserito nuovamente la perdita di biodiversità e il collasso di ecosistemi tra le minacce principali.

LE MINACCE ALLA BIODIVERSITÀ – Per molti biologi la sesta estinzione di massa è già iniziata. La perdita di mammiferi è dalle 20 alle 100 volte più veloce rispetto al passato. Nell’ultimo secolo 69 specie si sono estinte, insieme ad altri 400 vertebrati. Stando all’Unione internazionale per la conservazione della natura, rischiano di scomparire il 26% dei mammiferi, il 41% degli anfibi e il 13% degli uccelli. “In Italia il 31% degli animali vertebrati e la metà delle specie vegetali sono a rischio estinzione” spiega l’Ispra, mentre il Wwf ricorda che bracconaggio e traffici illeciti minacciano 7mila specie nel mondo. Solo nel 2016, stando ai calcoli dell’università del Maryland, la Terra ha perso 30 milioni di ettari di copertura arborea. Legambiente e Ispra, poi, puntano il dito contro le piante e gli animali esotici e invasivi, che possono causare l’estinzione delle specie autoctone. Gli ‘invasori’ causano danni economici e sociali per 12 miliardi di euro all’anno solo in Ue. In Italia si contano più di tremila specie aliene, di cui il 15% invasive. “Negli ultimi 30 anni – evidenziano ancora Ispra e Legambiente – il numero delle specie aliene nel nostro Paese è aumentato del 96%”. A porre l’accento sul problema a livello europeo è Life Asap, il progetto Ue di formazione e informazione sulle specie aliene invasive e i loro impatti sul territorio, di cui Ispra è capofila. Tra i mari del Vecchio Continente, il Mediterraneo è il più colpito: “Qui il numero di specie marine aliene è più che raddoppiato tra il 1970 e il 2015, e ora se ne contano 837, di cui 186 arrivate attraverso il canale di Suez. Nei mari italiani si contano 42 nuove specie ittiche”.

IL PIANO STRATEGICO SULLA DIVERSITÀ – Entro il 2020, secondo il Piano strategico sulla biodiversità, vanno centrati 20 obiettivi – dal dimezzamento della perdita di habitat alla gestione sostenibile di pesca e agricoltura, fino alla creazione di aree protette – che si suddividono in 56 indicatori. In base al Global Biodiversity Outlook dell’Onu, però, solo 5 dei 56 indicatori, sono sulla buona strada per essere raggiunti a fine decennio, mentre 33 segnalano qualche progresso ma a un tasso insoddisfacente per raggiungere l’obiettivo previsto, 10 non mostrano alcun progresso, 5 mostrano addirittura un peggioramento e 3 non sono stati valutati. “Così gli impegni di tutela su scala globale – conferma l’Ispra – si avviano a un misero fallimento”. Secondo della Convenzione bisogna sfruttare i prossimi due anni per raggiungere gli obiettivi internazionali del Piano strategico e “per fissare un nuovo accordo che crei le condizioni per cui gli esseri umani possano prosperare e svilupparsi armonia con la natura entro il 2050”.

IL RUOLO DELL’ITALIA – In questa battaglia l’Italia vive una situazione particolare, perché pur conoscendo le minacce alla biodiversità presenti sul nostro territorio come in tutto il mondo, è diventata il paese più green d’Europa con primati che vanno dal numero di certificazioni di prodotti a denominazione di origine Dop/Igp, alle 60mila imprese che coltivano biologico, dalla minor incidenza di prodotti agroalimentari con residui chimici fuori norma alla decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati. Lo afferma la Coldiretti, ricordando che l’Italia vanta 5047 prodotti alimentari tradizionali censiti, 293 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg. “Sul territorio nazionale – spiega Coldiretti – ci sono 504 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei cugini francesi e su 533 varietà di olive contro le 70 spagnole”. Ci sono, inoltre, 40mila aziende agricole impegnare nel custodire semi o piante a rischio di estinzione. E, in questa giornata, parla del ruolo dell’Italia anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “Lo straordinario patrimonio italiano di diversità naturali, elemento chiave di connessione ecologica nel bacino del Mediterraneo – ha detto – va preservato e valorizzato attraverso l’attuazione della strategia nazionale per la biodiversità, in una crescente consapevolezza collettiva del suo valore non riproducibile e vitale”.

NON SOLO XYLELLA – Ma anche l’Italia deve difendere la propria biodiversità da alcuni nemici. Non solo la Xylella fastidiosa, che sta facendo strage di ulivi in Puglia, ma – come sottolina Coldiretti – anche la Popillia japonica, la Drosophila suzukii e l’Aetina tumida. Sono i parassiti alieni provenienti da altri continenti che, a causa dell’intensificarsi degli scambi commerciali, sono arrivati in Italia dove hanno trovato un habitat favorevole a causa dei cambiamenti climatici. Sotto attacco ci sono i simboli dell’agricoltura italiana, dall’ulivo al pomodoro, dagli agrumi al castagno, dalle ciliegie ai mirtilli, ma anche le piante ornamentali come le palme e perfino le api. 

L’ultima arrivata è la cimice marmorata asiaticà (Halyomorpha halys) che sta distruggendo i raccolti nei frutteti e le coltivazioni di soia e mais nel nord Italia, ma preoccupa anche la Popillia japonica che può attaccare 295 specie vegetali, come il mais, la vite, il pomodoro, i meli, i fiori. Se hanno invece già pagato un conto salatissimo le castagne per colpa del cinipide galligeno, il Dryocosmus kuriphilus proveniente dalla Cina, la Drosophila Suzukii il moscerino killer ha attaccato ciliegie, mirtilli e uva soprattutto in Veneto. A minacciare la produzione made in Italy di miele è invece il coleottero killer Aethina tumida che aveva già invaso il Nord America alla fine degli anni ’90, mentre gli agrumi della Sicilia sono stati attaccati dalla Tristeza (Citrus Tristeza Virus) i meli e i peri dal colpo di fuoco batterico (Erwinia amylovora). Ma c’è anche il punteruolo rosso Rhynchophorus ferrugineus originario dell’Asia che ha fatto strage di palme.

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