Una è la capitale europea con la sicurezza stradale peggiore, l’altra è il fiore all’occhiello in fatto di mobilità sostenibile. La prima è Roma, la seconda è Copenaghen rispettivamente fanalino di coda e medaglia d’oro nel report Living. Moving. Breathing. Ranking of European cities in sustainable transport, realizzato dal Wuppertal Institute per conto di Greenpeace. Il dossier, utilizzando i dati relativi al 2016 e provenienti da fonti pubbliche ufficiali o direttamente dalle amministrazioni cittadine, compara la performance di 13 città europee in fatto di mobilità sostenibile, assegnando un massimo di 20 punti a ciascuno dei parametri utilizzati: sicurezza stradale, qualità dell’aria, gestione della mobilità, trasporti pubblici, mobilità attiva. Secondo l’analisi condotta, al primo posto si classifica proprio Copenaghen, con un punteggio di 57 su 100, seguita nell’ordine da Amsterdam (55) e Oslo (50). Ultima classificata è Roma (27), preceduta da Mosca (30,75), Londra e Berlino (entrambe a quota 34,50). Una conferma per la capitale italiana, tenuto conto che proprio in queste ore, ad esempio, Salvaiciclisti-Roma e Cittadini per l’aria hanno presentato la prima mappatura del biossido di azoto (NO2) realizzata dagli abitanti di Roma che restituisce un’immagine inquietante dell’aria che si respira nella Capitale. In tre casi su cinque, infatti, la concentrazione di NO2 è superiore ai limiti di legge.

LA PEGGIORE MOBILITÀ D’EUROPA: LE STRADE DI ROMA POCO SICURE – Il risultato di Roma nella ricerca del Wuppertal Institute è determinato da performance molto negative su alcuni degli indicatori della ricerca, in particolare la sicurezza stradale e la gestione della mobilità, ma anche dal basso livello di utilizzo della bicicletta e dai pochi spostamenti a piedi. Entrando nel merito della sicurezza stradale, durante il 2016 a Roma si sono registrati 25 incidenti mortali che hanno coinvolto ciclisti e 47 che hanno coinvolto pedoni. Nello stesso periodo, ci sono stati 110 incidenti ogni diecimila spostamenti in bici e 133 incidenti ogni diecimila spostamenti a piedi. Roma, in termini di sicurezza stradale, è la città più insicura tra quelle analizzate dalla ricerca. Anche Londra, Bruxelles, Zurigo e Berlino hanno tutte guadagnato una posizione estremamente bassa nello studio per quanto riguarda le condizioni di sicurezza stradale, mentre Amsterdam, Madrid e Oslo affiancano Copenaghen nel primato di città più sicure per ciclisti e pedoni.

MOBILITY MANAGEMENT: MISURE SCARSE – La Capitale, però, mostra tutte le sue pecche anche in fatto di mobility management, dato che si disincentiva poco o affatto l’uso del mezzo privato. Il costo del parcheggio rappresenta il 12% del costo di un giorno di alimentazione. Questo vuol dire, tra l’altro, che parcheggiare l’auto per un’ora è più economico di un biglietto dell’autobus. Roma, inoltre, ha una ZTL che prevede fasce orarie di libero ingresso e non permanente. “Si tratta di un’implementazione piuttosto debole del modello di Low Emission Zone sviluppato da altre città – sottolinea Greenpeace – se paragonato a esperienze analoghe che prevedono restrizioni di accesso permanenti”.

Il primo effetto di questa mancanza è una mobilità fortemente congestionata, con un incremento di circa il 40 per cento dei tempi di spostamento, causato dall’alto numero di automobili presenti sulle strade. Infine, anche se la città ha implementato sistemi di bike e car sharing, la disponibilità di questi servizi è ancora limitata. Anche il trasporto pubblico romano mostra profondi segni di crisi. Roma ha il più alto tasso di impiego dell’auto privata e il più basso tasso di impiego della bicicletta. Gli spostamenti pedonali coprono il 6% del totale, mentre il 29% è soddisfatto dal trasporto pubblico locale. L’effetto finale è un’aria insalubre, soprattutto per quanto riguarda le concentrazioni di biossido di azoto, un gas cancerogeno tipico delle emissioni dei veicoli diesel.

LE ALTRE CAPITALI EUROPEE – Situazione differente per Copenaghen, classificatasi al primo posto nella ricerca. La città sta cercando di adoperare un’ampia varietà di soluzioni per migliorare la qualità dell’aria e di vita per i propri cittadini e sta dimostrando quanto una buona pianificazione possa apportare differenze tangibili. Con investimenti nelle infrastrutture di servizio alla mobilità ciclistica, l’introduzione di drastiche restrizioni alla circolazione dei mezzi pesanti, pedaggi e altre forme di pagamento (per gli automobilisti) dei costi reali dell’uso del mezzo privato, un impegno prioritario per innalzare i livelli di sicurezza stradale. “Se Roma vuole incrementare la mobilità sostenibile, deve cominciare a proteggere pedoni e ciclisti dal traffico motorizzato, che nella Capitale risulta aggressivo e troppo spesso mortale”, continua Andrea Boraschi, responsabile della campagna Trasporti di Greenpeace, secondo cui per ridurre l’uso privato della macchina si possono implementare sistemi di pedaggio per la mobilità privata. “L’esempio dell’Area C di Milano, per restare al contesto italiano – aggiunge – può essere di immediata ispirazione. Stessa funzione possono svolgere le esperienze, in tal senso, di Londra e Stoccolma”.

LA QUALITÀ DELL’ARIA – Altro indicatore chiave del report è il livello di inquinamento atmosferico, che spesso coincide con gravi crisi ambientali e sanitarie. Fra le città esaminate, Oslo e Vienna si posizionano bene tanto per i livelli di pulizia dell’aria, quanto per i trasporti pubblici. La città con l’aria migliore, in Europa, è Oslo. È l’unica città, tra le 13 analizzate, a mostrare livelli di concentrazione degli inquinanti inferiori anche rispetto alle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità. “Uno score alto su entrambi questi indicatori non è una mera casualità”, sottolinea Greenpeace. Lo studio dimostra, infatti, che esiste una correlazione forte tra qualità dell’aria e mobilità sostenibile.

UNA MAPPA FATTA DAI ROMANI PER I ROMANI – Per questo sono significativi i dati su Roma presentati da Salvaiciclisti-Roma e Cittadini per l’aria a conclusione del progetto di scienza partecipata “NO2, No grazie. Stop ai diesel in città”. Alla campagna hanno preso parte 150 volontari, che hanno rilevato i valori del biossido di azoto per un mese, dal 2 febbraio al 2 marzo 2018, davanti a casa, a scuola o al luogo di lavoro. Il lavoro ha prodotto una mappa fatta dai romani per i romani. Il valore-limite indicato dal decreto legislativo 155/2010 è una concentrazione media di biossido di azoto pari a 40 microgrammi per metro cubo su base annuale.

Dalla rilevazione mensile è stata quindi prodotta una stima relativa ai 12 mesi: a Roma, per il 60% dei punti di campionamento è stata stimata una concentrazione media annuale superiore ai limiti: tre fuorilegge su cinque. La mappa suggerisce che il centro città e le vicinanze delle arterie più trafficate siano i punti con le concentrazioni più elevate. Nell’aria della Capitale, i mezzi di trasporto a motore sono la prima origine degli ossidi di azoto (tra cui l’NO2): le emissioni di queste sostanze derivano dal trasporto per oltre l’80%, di cui al 92% da motori diesel. Anche i diesel di ultima generazione, gli Euro 6, su strada violano i limiti Ue alle emissioni in nove casi su dieci e producono ossidi di azoto in quantità fortemente superiori a quanto dichiarato, dal doppio fino a 13 volte di più.

Il biossido di azoto ha effetti acuti e cronici sull’apparato cardiovascolare (infarto del miocardio) e respiratorio (bronchiti, crisi respiratorie, edemi polmonari, enfisemi). Provoca inoltre danni all’apparato neurologico e al sistema cognitivo, anche durante lo sviluppo del feto, e problemi di attenzione in età scolare. “Per indicare la necessità di cambiare subito rotta per Roma, dando ai cittadini la possibilità di lasciare a casa l’auto e muoversi senza inquinare – spiega Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’aria – servono mezzi pubblici, mobilità sostenibile e tanta decisione per lasciare, innanzitutto, i diesel fuori dalla città e far rientrare al più presto Roma entro i limiti di legge per il biossido di azoto. Speriamo che questo sia il primo passo affinché si arrivi anche a uno sforzo comune tra Regione e Comune”.

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