Pierangelo Daccò, l’imprenditore e presunto faccendiere, e l’ex assessore lombardo Antonio Simone, due degli imputati al processo di secondo grado in corso a Milano per i casi Maugeri e San Raffaele, hanno ottenuto di pateggiare. La IV corte d’appello di Milano dopo circa un’ora e mezza di Camera di consiglio ha accolto le istanze di concordato in appello rispettivamente a due anni e sette mesi di carcere e quattro anni e otto mesi e quindici giorni di carcere. I due nella proposta di questa sorta di patteggiamento hanno rinunciato ai motivi d’appello e hanno accettato anche le condizioni della Procura relative alle confisca dei beni. Simone si è visto trasformare l’interdizione perpetua ai pubblici uffici in interdizione temporanea per cinque anni. Per Daccò poi è stata considerata la continuazione con i nove anni passati in giudicato per il crack del San Raffaele e quindi la pena complessiva è di 11 anni e 7 mesi di carcere. La loro posizione è stata stralciata e il processo va quindi avanti il prossimo 24 maggio nei confronti dell’ex governatore Roberto Formigoni, dell’ex amministratore della Fondazione Maugeri Costantino Passerino e altre persone. Simone ha scritto di suo pugno una dichiarazione allegata all’istanza di concordato in cui ammette gli addebiti ottenendo così le attenuanti generiche.
Tra gli imputati c’è l’ex governatore della Lombardia, Roberto Formigoni. L’ex presidente il 22 dicembre 2016 era stato condannato dal Tribunale a 6 anni di carcere. Anche l’ex senatore di Ap aveva proposto informalmente tempo fa di patteggiare una pena a due anni. Da quanto è stato riferito oggi in aula, all’apertura del processo d’appello, la proposta non è mai stata formalizzata in quanto il sostituto procuratore generale Vincenzo Calia fin da subito l’aveva giudicata inidonea (con pena troppo bassa) considerando anche il fatto che il procuratore aggiunto Laura Pedio, nei suoi motivi d’appello, aveva chiesto una pena più severa.
In primo grado i giudici avevano anche inflitto all’ex direttore amministrativo della Maugeri, Costantino Passerino, 7 anni e all’imprenditore Carlo Farina 3 anni e 4 mesi. Allora vennero assolti invece l’ex direttore generale della Sanità lombarda Carlo Lucchina, l’ex segretario generale del Pirellone Nicola Maria Sanese, l’ex dirigente regionale Alessandra Massei, l’ex moglie di Simone Carla Vites e Alberto Perego, amico storico dell’ex presidente lombardo. Per questi la Procura non ha impugnato la sentenza dei giudici Larocca-Minerva-Formentin e non ha nemmeno impugnato l’assoluzione relativa al reato di associazione per delinquere. Ha invece chiesto per le persone già condannate pene più severe. “Sto partecipando al processo d’appello per la Fondazione Maugeri. Sono fiducioso. So quello che ho fatto e quello che non ho fatto e so di non aver commesso reati” ha detto l’ex governatore. Che alla notizia del patteggiato ha aggiunto: “Una scelta loro incommentabile”. Formigoni, a chi gli ha fatto notare che Simone alla sua richiesta di concordato in appello, ha allegato una dichiarazione con cui ammette gli addebiti, l’ex Presidente lombardo ed ex senatore, ha aggiunto “si vede che li ha commessi”.
“Tengo a precisare – ha proseguito Formigoni – che non ho fatto alcuna richiesta di patteggiamento“, a 2 anni di carcere, nemmeno, a suo dire, un sondaggio informale. “Quando gli altri imputati hanno chiesto il patteggiamento – ha proseguito – nella speranza di renderlo più accettabile hanno chiesto ai miei difensori se ero disponibile anch’io. E loro hanno risposto: ‘solo a due anni’. Io vado avanti con il processo. Sono tranquillo riguardo alla mia assoluta innocenza. Le dichiarazioni di Simone non corrispondono alla verità: dei suoi atti ne risponde lui, i miei atti sono limpidi”. Sempre in relazione alla richiesta di patteggiamento si è saputo però che oggi i suoi legali, in aula, avrebbero di nuovo proposto informalmente e a voce una pena che questa volta si sarebbe aggirata attorno ai tre anni e mezzo. Pena che per la Procura generale resta non congrua.