Una delle credenze mistico-sciamaniche, veicolate attraverso poderosi ragli cibernetici su internet, asserisce che se i Paesi emettono la propria moneta sovrana, grazie a misteriosi flussi di energie orgasmico-trascendentali, non possono finire in bancarotta.

In un mondo dove la popolazione riceve un’istruzione scolastica sufficiente a padroneggiare la tavola pitagorica, questa menzogna susciterebbe lo stesso atteggiamento riservato nelle osterie di Pescaracas agli alcolizzati cronici. Quelli che, sorbito il primo caffè corretto del mattino, inveiscono, con la voce impastata, contro il medico che li ha in cura o la banca tedesca che li ha licenziati, riducendoli a sostentarsi con la vendita nei mercati rionali di croste incorniciate. Invece, in virtù (o, meglio, in vizio) dell’analfabetismo di ritorno (il cui tragitto è affidato a televisioni e giornali spazzatura), queste credenze si diffondono. E finiscono nelle bozze neo-dadaiste del “Contratto di Governo” o ispirano quelle esche per gonzi denominate minibot.

Per non invadere il campo della psichiatria, confutando con argomenti logici il profluvio di megabyte asinini, mi limito a segnalare il Technical Report 101 della Banca del Canada Database of Sovereign Defaults, 2017, di Beers e Mavalwalla, che riporta i dati delle bancarotte di Stati sovrani, per lo più battenti moneta sovrana, dal 1960 al 2016.

Nel 2016 su 214 Paesi censiti, 80 (dicesi ottanta) erano in bancarotta, cioè il 37% del totale. E il 2016 è stato un anno positivo se paragonato ad esempio al 2008, in cui su 213 Paesi, ben 102 (il 48% del totale) erano in bancarotta. Comunque meno orribile del 1998, quando su 210 Paesi, 113 (54% del totale) non erano in grado di onorare i debiti con istituzioni pubbliche, con banche, con privati o con organismi internazionali.

Negli anni tra il 1989 e il 2003 (con l’eccezione del 1991) furono più i Paesi in bancarotta che quelli in regola con i creditori. E il database non include svariate decine di casi in cui i governi si rivolsero per un salvataggio al Fondo Monetario Internazionale, come fece l’Italia nel 1974. Insomma, le stampanti della banca centrale funzionano come le Washball magnificate da Grillo (prima di magnificare Di Maio).

Ma le credenze mistico-sciamaniche non sono scalfite dalla realtà. Le grandi menti sovraniste ai fatti elementari obiettano che i governi vanno in default su debiti emessi in valuta straniera. Per quanto questo non sia sempre vero (leggasi il rapporto), occorre chiedersi come mai i governi emettano debito in moneta forte. La risposta, per i sani di mente, è ovvia: non si tratta di masochismo, banalmente, nessun governo di cialtroni trova abbastanza gonzi a cui rifilare paccottiglia in denominata in bolivar o in naira.

Il motivo per il quale i gonzi latitano scatena un corto circuito nel cerebro sovranista. Un default è un evento facile da capire per chi ha dimestichezza con il concetto di addizione e soprattutto quello di sottrazione. Se io presto 1000 bungalire a qualcuno, lo faccio non perché mi scatena una goduria ricevere dopo qualche anno un pezzo di carta colorato su cui sia scritto “1000 bungalire pagabili a vista”.

Presto perché mi aspetto di ricevere qualcosa che mi permetta di comprare beni tangibili o servizi reali. Se quando concedo il prestito con 1000 bungalire posso comprare 1000 chili di pasta, quando il debito viene saldato mi aspetto di ricevere indietro qualcosa che mi permetta di comprare almeno 1000 chili di pasta (oltre agli interessi). Se invece ricevo una banconota da 2000 bungalire con cui però compro al massimo una scatoletta di tonno (magari la stessa che Grillo paragona al Parlamento) ovviamente sono stato turlupinato.

Ma tale banalità non riesce a perforare la Linea Maginot eretta nei crani sovranisti a protezione delle sinapsi. Rimangono incrollabilmente persuasi che se un creditore ha ottenuto una banconota dal valore nominale doppio del prestito, la sua ricchezza sia raddoppiata e quindi il governo di criminali politici che l’ha rifilata non è in bancarotta. Anzi è un fulgido esempio per l’umanità equa e solidale.

Per fortuna di gonzi sovranisti se ne trovano pochi sul mercato e quei pochi spariscono presto nelle succitate osterie di Pescaracas. Però ce ne sono milioni tra gli elettori, convinti che la stampante della banca centrale abbia gli effetti taumaturgici del Campo dei Miracoli sito in agro di Acchiappa-citrulli.

Pertanto alla genìa borgatara appare del tutto logico che la Banca Centrale Europea faccia sparire 250 miliardi di debiti, come fossero diamanti della Tanzania. Rimane solo da chiedersi come mai, se il sortilegio della moneta filosofale funziona così bene, ci si debba limitare a far sparire solo 250 miliardi. Perché non cancellare tutti i debiti pubblici di tutti i Paesi del mondo? Anzi perché mai i Paesi sovrani dovrebbero emettere debito? Basterebbe inviare tutti conti alla banca centrale, senza nemmeno bisogno di imporre tasse, imposte e accise. Anzi, ognuno potrebbe avere la stampante a casa. Con carta e inchiostro a volontà, ogni somaro assurgerebbe a reincarnazione di Ribot avvolto nel tricolore.

Se qualcosa in questo magico mondo degli Harry Potter sovranisti non vi torna, forse dovrebbe sorgervi il sospetto che si stia preparando il mondo meno magico e più prosaico degli Harry Fotter, in volo su giganteschi esemplari di Aquilini Paduli.

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