Lo confermano le prime indiscrezioni trapelate sull'esito dell’autopsia sul corpo della moglie di Fausto Filippone, l'uomo che tre giorni fa ha lanciato da un viadotto sua figlia e poi, dopo ore di trattative, si è tolto la vita nello stesso modo. E a scaraventarla di sotto, sono convinti gli inquirenti, sarebbe stato proprio lui
Non una caduta accidentale e non un suicidio: Marina Angrilli sarebbe stata spinta giù dal balcone. Lo confermano le prime indiscrezioni trapelate sull’esito dell’autopsia sul corpo della moglie di Fausto Filippone, l’uomo che tre giorni fa ha lanciato da un viadotto sua figlia e poi, dopo ore di trattative, si è tolto la vita nello stesso modo. E a scaraventarla di sotto, sono convinti gli inquirenti, sarebbe stato proprio lui. L’uomo, ha poi riferito un testimone, era presente sul posto sia all’arrivo delle ambulanze che della polizia: soccorsa la donna sarebbero andati via tutti insieme. Cosa poi è successo è al vaglio degli inquirenti: di fatto nessuno ha impedito a Filippone di andare a prendere la figlia, raggiungere il viadotto, lanciarla nel vuoto e poi fare la stessa fine.
L’autopsia avrebbe consentito di appurare che, per tipologia di lesioni e di traiettorie, la donna non si sarebbe suicidata. Esclusi anche malore e colluttazioni. Si sarebbe trattato di una caduta improvvisa. A far propendere per l’ipotesi dell’omicidio c’è la valutazione tra il punto di caduta e il punto di impatto, oltre alla tipologia delle lesioni riportate. L’accertamento ha consentito di appurare che si è trattato di una caduta estremamente improvvisa. La donna è poi morta nel primo pomeriggio, in ospedale. L’autopsia sul corpo della figlia, Ludovica, ha stabilito che la bambina di 10 anni è morta sul colpo, come anche il padre.
Questa, dunque, la ricostruzione dei fatti, secondo quanto emerso finora. Il 49enne, la mattina di domenica 20 maggio porta la moglie, 51 anni, nella casa di Chieti Scalo. Non si sa cosa succede, ma l’autopsia suggerisce che sia stato lui a spingerla improvvisamente giù dal balcone. L’uomo che ha soccorso per primo la donna, Giuliano Salvio, è un medico. Intorno alle 12 esce di casa per prendere l’auto e nel cortile trova Marina Angrilli a terra. Perde molto sangue. Capisce che è una caduta dall’alto. Chiama i soccorsi. Arriva Filippone, racconta Salvio alla Tgr Abruzzo. Lui vuole andare via. Gli lascia un biglietto con un numero di telefono. Salvio chiede chi sia e quando Filippone gli risponde il marito lui lo trattiene fino all’arrivo del 118. La chiamata al 113, aveva riferito ieri il questore di Chieti, Raffaele Palumbo, arriva alla centrale alle 12:06. “Quando è arrivata l’ambulanza – racconta Salvio – Filippone era lì vicino, si muoveva nervosamente nel cortile. Dopo qualche secondo è arrivata una seconda ambulanza e dietro una volante della Polizia. I poliziotti sono scesi. Non ho badato a cosa facessero né a cosa facesse il marito che era lì presente perché a un certo punto un operatore del 118 gli ha chiesto se avesse un documento della signora. Lui ha detto: ‘Vado a cercarlo’. Poi è tornato subito dopo dicendo di non averlo. Poi sono andati via tutti insieme: le due ambulanze, la volante e il marito della signora”. A questo punto Filippone va a prendere la figlia dai parenti. Si dirige sul viadotto Alento della A14, getta la bambina dal viadotto di 40 metri, resta appeso per sette ore alla rete di recinzione al di là della balaustra e alle 20 si lascia andare.
Il movente della tragedia, però, ancora non c’è. Gli uomini della squadra Mobile di Chieti, diretti da Miriam D’Anastasio e coordinati dal pm Lucia Anna Campo, stanno lavorando senza sosta anche per capire cosa sia scattato nella mente dell’uomo e perché. Gli unici dati certi, secondo quanto ricostruito, sono il cambiamento caratteriale e lo stato di tristezza dell’uomo, sopraggiunti in seguito alla morte della madre. Non si tratta, però, di problemi psichici documentati. “La morte della madre è stato uno dei fattori che hanno provocato la decisione di Fausto Filippone”, dice lo psichiatra Massimo Di Giannantonio, che per sette ore ha cercato di convincere l’uomo a non gettarsi. “Ha detto – spiega Di Giannantonio – che la sua vita era irreversibilmente iniziata a cambiare in termini intollerabili 15 mesi prima”. Secondo lo psichiatra, l’uomo fino alla fine ha voluto portare a termine il suo piano: “Mi sono trovato davanti a un muro. Nella mente di Filippone tutto era già finito”.