L'appello presentato il 17 maggio dai sindaci di Parigi, Bruxelles e Madrid chiede l’annullamento delle esenzioni adottate dall'esecutivo comunitario insieme ai governi nazionali che permettono ai costruttori di sforare i limiti di emissione Euro 6
Le città si ribellano alle regole Ue che “legalizzano” il Dieselgate, facendo causa alla Commissione di Bruxelles. Mentre Greenpeace affibbia a Roma la maglia nera nell’Unione per la mobilità sostenibile, la Corte di giustizia europea sta valutando se dar seguito o meno al ricorso congiunto presentato dai sindaci di Parigi, Bruxelles e Madrid contro il “diritto di inquinare” accordato ai costruttori auto nel 2016. Il ricorso, introdotto il 17 maggio, chiede l’annullamento delle esenzioni adottate dalla Commissione insieme ai governi nazionali che permettono ai costruttori di auto di sforare i limiti di emissione Euro 6.
Sulla scia dello scandalo Volkswagen che nel 2015 ha dimostrato come gli ossidi di azoto (Nox) emessi dai veicoli di tutte le case automobilistiche fossero superiori alla norma, l’Ue ha deciso di sostituire gli obsoleti test in laboratorio con misurazioni più accurate su strada. L’obiettivo era porre fine all’incertezza, facendo rispettare concretamente i limiti di legge e tutelare la salute dei cittadini. Gli NOx sono infatti responsabili di 75.000 decessi prematuri ogni anno in tutta Europa, secondo l’Agenzia ambientale europea. Tuttavia, sotto le pressioni delle lobby e dei governi che spalleggiano le marche nazionali, la Commissione ha concesso un generoso periodo di deroga. Un “regalo” all’industria che sbeffeggia i limiti che l’Europarlamento, unico organo democraticamente eletto, aveva stabilito nel 2007 in rappresentanza dei cittadini.
Cosi, da settembre 2017 le emissioni dei nuovi modelli immessi sul mercato possono superare legalmente il limite di 80 mg/km del 200%, soglia che verrà ridotta solo nel 2020 ma che si attesterà al 50%. Solo nel 2019 e nel 2021, rispettivamente, le stesse soglie si applicheranno ai nuovi veicoli di modelli già esistenti che, fino ad allora, potranno quindi continuare a inquinare ai livelli attuali. “E’ un peccato che tra le città che hanno agito in giudizio non ce ne sia nessuna italiana visto che è il nostro paese ad aver il maggior parci auto diesel e il maggior numero di vittime dell’NOx in Europa – commenta Anna Gerometta, presidente dell’associazione Cittadini per l’Aria – la causa alla Corte Ue è un messaggio potente che, ci auguriamo, venga raccolto anche dalle città italiane”.
Si dovrà attendere qualche settimana prima che gli eurogiudici prendano una decisione. Se il supremo tribunale Ue giudicherà la causa ricevibile, la procedura andrà avanti. Qualora, la Corte decidesse poi di annullare il controverso regolamento, tornerebbero a imporsi automaticamente il limite massimo di NOx a 80 mg/km, ma basato sui nuovi e più efficaci test su strada. E’ la prima volta in cui la Corte di giustizia europea ascolterà gli argomenti dalle città come “persone interessate”, riflettendo la crescente autorità dei centri urbani come difensori della salute pubblica e dell’ambiente.
Nel marzo 2016, mentre il regolamento era in discussione, i sindaci di quattordici città in tutta l’Ue, compresa Milano, hanno firmato una petizione lanciando un appello ai loro governi per dare priorità alla salute dei cittadini rispetto a quelli delle lobby industriali. “I cittadini di Parigi e delle città di tutto il mondo richiedono aria pulita”, il commento di Anne Hidalgo, sindaco di Parigi, capofila dell’azione legale, e presidente della rete C40 che affilia 40 comuni di diversi paesi europei e non impegnati sul fronte della sostenibilità. “Sarebbe un tradimento verso i cittadini europei che le case automobilistiche fossero lasciate libere di dettare le regole. Abbiamo deciso di agire a nome di tutti i milioni di persone che vivono nelle grandi città europee”.