Fumata nera, come le facce di Giovanni Malagò e Gaetano Miccichè, commissario e presidente della Lega calcio che ancora non riesce a decidere nulla. La Serie A non rompe definitivamente con MediaPro, gli spagnoli che hanno vinto l’asta ma non hanno presentato le garanzie, e neppure torna con la coda fra le gambe da Sky, la pay-tv che sta facendo una guerra spietata a tutti gli altri competitor pur di mantenere l’esclusiva sul calcio italiano: i diritti tv del prossimo campionato sono in un limbo sempre più pericoloso, che mette a rischio tutto il sistema.
Per uscire dallo stallo totale non sono bastate 9 ore di assemblea, spalmate su due giorni, e una notte di pressioni incrociate: la cordata pro Sky, che in Lega fa capo a Juventus e Roma e può contare sull’appoggio prezioso anche del numero uno del Coni, ha fatto di tutto per ottenere la risoluzione immediata del contratto con gli spagnoli. Dalla loro, del resto, hanno un argomento forte: MediaPro è inadempiente, non ha presentato la fideiussione da un miliardo di euro prevista dal contratto (a quanto pare non vuole o non può farlo, specie dopo che il tribunale ha sospeso il suo bando, complicando non poco la rivendita dei diritti). Il patron catalano Jaume Roures ha rilanciato offrendo altri 185 milioni di euro di anticipo cash (oltre ai 64 già versati nelle scorse settimane), ma pure su tempi e modi di questo bonifico non è stata fatta chiarezza sufficiente. Così i presidenti si sono trovati d’accordo nel mettere in mora la società di Barcellona.
Il colpo di scena, però, è arrivato dopo, intorno alle 20 di martedì sera, quando Malagò ha forzato la mano per approvare una delibera che sancisse l’immediata risoluzione del contratto, così da rientrare in possesso dei diritti e tornare come il figliol prodigo da Sky: servivano 12 voti, la maggioranza si è fermata a 11, grazie all’opposizione del fronte guidato da Claudio Lotito (Lazio, Milan, Udinese, Chievo e il Torino di Urbano Cairo, vero ago della bilancia; le retrocesse non avevano diritto di voto). Apriti cielo: minacce, urla, appelli alla responsabilità, accuse reciproche. La premiata coppia Malagò-Micciché non si è arresa, e ha preteso di lasciare aperta l’assemblea e replicare la conta stamattina alle 8, nella convinzione che una notte di pressioni influenti avrebbe portato il voto mancante. Ma l’esito non è cambiato (anzi, i voti favorevoli sono scesi a 10): la delibera contro MediaPro non è passata di nuovo, nonostante un parere legale richiesto dalla Lega rassicurasse i proprietari dei club sulla legittimità della risoluzione. Così al commissario non è rimasto che convocare un nuovo incontro per lunedì 28 maggio, lasciando furibondo la sede di via Rosellini a Milano.
La partita, però, è tutt’altro che chiusa. MediaPro non ha perso ma neanche ha vinto Sky. La rottura con gli spagnoli oggi è comunque più vicina di ieri, visto che le garanzie offerte al posto della fideiussione sono state respinte e la società è stata dichiarata inadempiente: il patron Jaume Roures ha altri 5 giorni di tempo per tirar fuori un coniglio dal cilindro che al momento non pare avere, e convincere i presidenti. Ieri si è parlato anche del possibile ingresso nell’affare di Elliott, lo stesso fondo d’investimento che di fatto già controlla il Milan tramite il prestito a Yonghong Li (c’è aria di conflitto d’interessi). Il calcio italiano ha un disperato bisogno di soldi, per chiudere i bilanci e iniziare il calciomercato. Se gli spagnoli non saranno in grado di darli, non resterà che tornare da Sky. E a quel punto la pay-tv sarebbe davvero padrona della Serie A.