Oggi è l’anniversario della strage di Capaci e mentre una nave carica di voglia di legalità e di giovani da Civitavecchia arriva in Sicilia, guardo un’immagine che difficilmente mi toglierò dalla testa. Colori pastello sfumati e tratti decisi, che ricordano le tre scimmiette sagge, simbolo di omertà e indifferenza.
L’autore non è un artista affermato né un cartoonist quotato, no. Guardo ancora quest’opera, che come un regalo piovuto dall’alto mi osserva dallo schermo di un pc. Tra i volti, appare una scritta: Cate. Respiro forte, e mi ricordo di Cate, Caterina.
La prima volta che l’ho vista sedeva tra i banchi della scuola Beccadelli, periferia Sud est della capitale. In uno spicchio di Roma che per molti è Torpignattara e che pochi inseriscono nel quadrante chiamato Alessandrino. Una scuola a rischio, la sua.
Così veniva chiamata almeno fino a qualche anno fa, prima che un esercito di professori volenterosi e tenaci apportassero miglioramenti edili, stimoli culturali come la partecipazione al Festival Pezzettini e una pista regolamentare di atletica.
Storie che succedono in periferia. Storie che la periferia fa succedere. Penso a quante parole sentiremo ripetere in queste due giornate dedicate al giudice, a sua moglie, alla loro scorta simboli di un sacrificio per l’Italia. Penso a quanti discorsi abbiamo già sentito, istituzionali e non, e osservo di nuovo l’opera di Caterina. Chi me l’ha inviata, una persona speciale e forte, non ha farcito di parole ridondanti questo affresco di denuncia. La mafia secondo Caterina, solo questo. “La mafia secondo Caterina”.
Su questa nave partita da poche ore, con oltre mille studenti diretti a Palermo, immagino ci sia anche questa disegnatrice in erba, coraggiosa e puntuale. Nella sua opera, imperfetta come tutte le opere di talento che tradiscono il talento che c’è e l’artista che sarà, si colgono tutti i segni di un acume che non ha bisogno di orpelli. Il sangue dagli occhi, dalle orecchie, dalla bocca sono il volto deturpato di quest’Italia che va a zonzo alla ricerca di una verità che andrebbe finalmente svelata.
Caterina ha disegnato delle bende. A noi il dovere di svelare delicatamente i volti massacrati, via le bende come fossero petali e vedere – finalmente – tutto quel che c’è da vedere. Un dovere anche il nostro, che si somma allo stupore di scoprire un’adolescente capace, a dodici anni, di definire senza orpelli e parole il mostro dei mostri.