Condannata per la bomba della stazione del 2 agosto 1980 insieme all'attuale marito Giusva Fioravanti, l'ex Nar oggi è libera dal 2013 dopo 26 anni di carcere. Ha deposto al processo che vede imputato Gilberto Cavallini, accusato di concorso nella strage che fece 85 morti e 200 feriti. "Rapporti con Servizi o Gelli? Mai avuti". I familiari delle vittime: "Arrogante. Alcuni di noi non se la sono sentiti di essere in aula"
“A Bologna, non dovrei esserci né come teste né come condannata per una strage che non ho commesso“. Trentotto anni dopo Francesca Mambro continua a professarsi innocente. Condannata per la bomba della stazione del 2 agosto 1980 insieme all’attuale marito Giusva Fioravanti, l’ex Nar oggi ha 59 anni ed è libera dal 2013 dopo 26 anni di carcere. Occhiali da sole e foulard colorato al collo, Mambro è tornata al palazzo di giustizia del capoluogo emiliano accompagnata dai suoi legali senza rilasciare dichiarazioni a cronisti e telecamere. Poi si è seduta sul banco dei testimoni per deporre al processo che vede imputato Gilberto Cavallini, accusato di concorso nella strage che fece 85 morti e 200 feriti.
Un eccidio mai chiarito del tutto. Mambro ha mai avuto rapporti coi servizi segreti? “Assolutamente no. Non avevamo rapporti con i servizi di Stato, segreti o non segreti. Allora mi sarei arruolata. Non potevamo avere rapporti con chi pensavamo fosse nostro nemico”, sostiene l’ex Nar che non parla solo per lei. “Anche Valerio Fioravanti e Cavallini non avevano rapporti con i servizi”. “E con Licio Gelli c’erano rapporti?”, chiede il pm Antonello Gustapane. “Non ho mai avuto rapporti con Gelli o con personaggi vicini a lui. Stessa cosa per Valerio e penso per Cavallini”, risponde Mambro che continua a negare qualsiasi coinvolgimento nella strage.
“Non ho mai perso l’umanità, anche quando ho fatto cose malvagie, ma non ho fatto nulla di cui dovermi vergognare qui a Bologna”, ha sostenuto l’ex terrorista nera deponendo come teste assistita dal suo legale. “Sono qui dopo 38 anni con un grande lavoro su me stessa. Essere qui – ha aggiunto – mi provoca angoscia e ansia e credo di aver rimosso il periodo dei processi. Sono andata avanti cercando di riparare al male fatto e facendo ciò che serviva per riportare ordine nella mia vita, perché sono state dette troppe menzogne e cattiverie“. Poi, quando il pm gli ha chiesto perché nel 1979 rapinò l’armeria di via IV Novembre a Roma, Mambro ha ricordato l’episodio di via Acca Larentia, cioè l’agguato davanti alla sede dell’Msi nel 1977: a essere uccisi furono due giovani attivisti del Fronte della Gioventù, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta. “Noi dovevamo armarci per difenderci – ha detto l’ex Nar – Dopo Acca Larentia non avevamo più diritto alla vita né al dolore. Eravamo carne da macello. Avevamo bisogno di armi, non potevamo andare a mani nude. A noi le armi non ce le portavano dall’estero”. Poi ha attaccato le istituzioni dell’epoca: “Non potevamo più essere prede dell’estremismo rosso, con l’appoggio delle istituzioni, magistratura e ministero dell’Interno, che non facevano indagini sui nostri morti e facevano cadere quei fatti nell’oblio”.
La deposizione di Mambro è stata poi interrotta in anticipo: a causa di inconvenienti tecnici, il presidente della Corte d’Assise Michele Leoni ha deciso di annullare anche l’udienza prevista per venerdì 25 maggio riconvocando la testimone per il prossimo 30 maggio. Lo stesso giorno verranno sentiti anche tre dipendenti dell’Alitalia che dovranno spiegare le modalità di acquisto dei biglietti aerei e i controlli in aeroporto nei primi anni ’80: una circostanza che potrebbe essere utile per chiarire gli spostamenti di Mambro e Fioravanti nei giorni precedenti alla strage di Bologna.
Le parole utilizzate dall’ex Nar in aula, però, hanno suscitato il disappunto dei familiari delle vittime della strage. “Il suo atteggiamento? Per ora è molto arrogante. Noi abbiamo fatto il consiglio dell’associazione sabato in vista della cerimonia del 2 agosto, abbiamo parlato anche di questo e alcuni hanno detto che non sarebbero venuti perché non se la sentono di essere in aula, né con lei, né con Fioravanti. Già han fatto fatica con Ciavardini. Però comunque ci sono parecchie persone, molti qui per lavoro, ma anche molti familiari, la sala è ben piena”, ha spiegato il presidente dell’associazione Paolo Bolognesi.
Poco dopo è uscita dall’aula la vicepresidente Anna Pizzirani: “Non si può ascoltare”, ha detti. “È una settimana che mi si storcono le budella sinceramente vederla arrivare con uno spiegamento di giornalisti e televisioni come fosse una diva, una star con gli occhiali neri è una cosa veramente deprimente e che crea un certo disappunto”, aveva commentato prima della testimonianza dell’ex Nar. Un disappunto che, ha detto, nasce dal domandarsi “come gli assassini possano produrre più interesse rispetto alle vittime”. Qualcuno a poi chiesto a Pizzirani se avesse intenzione di parlare con la Mambro, come aveva fatto con Luigi Ciavardini. “A parte che è stato Ciavardini a interrogare me, a salutarmi, impudenza. Ma, come ho detto, non ho nessuna voglia, nessun interesse di parlare con lei e con suo marito, Valerio Fioravanti”, ha aggiunto la vicepresidente dell’associazione dei familiari delle vittime. Due udienze fa, infatti, in una pausa del processo, Pizzirani era stata avvicinata dalla terza persona condannata per la Strage del 2 agosto, Luigi Ciavardinini in occasione della sua testimonianza.