Terra dei fuochi non è un marchio di individuazione (negativo) di un territorio bensì la presa di coscienza civile del fenomeno di smaltimento scorretto non dei rifiuti urbani ma dei rifiuti speciali, industriali e tossici. La Campania non è un unicum nel contesto nazionale, ma solo la punta dell’iceberg della scelta criminale di lasciare esclusivamente alla “buona volontà” dell’impresa privata il controllo e il corretto smaltimento dei rifiuti speciali, industriali e tossici.
I rifiuti si dividono in tre categorie precise: i rifiuti urbani (di cui parliamo troppo e male), che costituiscono non più del 20% dei rifiuti totali e certamente quelli che fanno meno danno alla salute e i meno responsabili del fenomeno Terra dei fuochi, cioè lo scorretto smaltimento delle altre due categorie: i rifiuti speciali “legali” (oltre 140 milioni tonn/anno) e soprattutto i rifiuti speciali industriali prodotti in regime di evasione fiscale che, come tutte le nostre audizioni in Parlamento hanno certificato, riguardano innanzitutto il nord Italia e non la Campania (non meno di 30 milioni di tonnellate/anno).
Brescia, ad esempio, è molto più Terra dei fuochi di Acerra in termini di produzione e scorretto smaltimento dei rifiuti tossici e i dati sui tumori infantili, come da noi sempre sottolineato, lo testimoniano inoppugnabilmente. In Campania vengono colpiti dal cancro 165 bambini per milione di abitanti rispetto ai 175 della media nazionale e agli oltre 200 di zone specifiche come appunto Brescia e altre zone del Nord. Da noi, come abbiamo sempre dichiarato, è la crescita dei parametri di danno alla salute a essere veramente eccezionale negli ultimi 30 anni rispetto a tutta Italia e sempre per lo scorretto smaltimento innanzitutto dei rifiuti industriali e non urbani.
Combattiamo contro il “negazionismo” della shoah ambientale dei cittadini campani che è arrivata a farci perdere sino a sette anni di aspettativa di vita, mentre continuiamo a non ricevere e pubblicamente discutere alcun dato certificato da tutti i registri tumori – come a Napoli 1 centro – ancora oggi, dopo 30 anni di disastro! Questa continua omissione e/o sottovalutazione del problema ambientale va contrastata con tutte le nostre forze. Senza tracciabilità e impianti finali a norma per i rifiuti industriali – e anche per i rifiuti speciali ospedalieri, amianto e radioattivi del tutto assenti in regione Campania – possiamo farci solo tanto ma tanto male!
Ci si accorge che siamo “quasi” a zero come impianti sul territorio regionale, creando quindi tutti i presupposti per continuare (e non fermare) il terribile dramma sanitario che soltanto con la omissione di dati (vedi ad esempio registro tumori Napoli centro) continuano a coprire.
Come dichiarato il 22 maggio (ma solo in relazione ai fanghi tossici) dall’assessore all’Ambiente della Regione Campania Fulvio Bonavitacola su Il mattino: “Gli impianti di smaltimento disposti a ricevere questo tipo di rifiuti sono quasi zero”. Il fatto che l’assessore si sia accorto solo ora di questa situazione non fa che creare presupposti per proseguire (anziché arrestare) il terribile dramma sanitario che ne consegue. Ma c’è di più! Gli impianti di smaltimento sopracitati non sono, infatti, “quasi a zero”, sono a zero completo da oltre 30 anni per tutte le categorie di rifiuti industriali nella regione Campania; come Medici dell’ambiente abbiamo fatto sottoscrivere a tutti i candidati di ciascun partito – prima delle elezioni del 4 marzo – specifico impegno scritto a dare priorità assoluta nell’impegno politico alla corretta gestione di questa categoria di rifiuti, principale responsabile del danno alla salute che sta falciando tutta Italia e innanzitutto il Nord, non solo la Campania.
Corretto quindi non parlare di Terra dei fuochi come un luogo specifico, perché tutta Italia lo è! A preoccuparci, invece, è la costante assenza di specifici impegni di programma di governo sul versante della tracciabilità dei rifiuti industriali e tossici, causa di terre dei fuochi in tutto il Paese. Il Sistri (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti) è assente per specifica volontà della industria italiana che non vuole essere controllata. Appaiono chiari i tentativi di tale settore di ostacolare la partenza di un governo non del tutto (ancora) controllato da un’industria non sostenibile, prima causa di questo disastro ambientale (e quindi sanitario).
Niente ancora è stato fatto per la tracciabilità dei manufatti e la tutela della dignità dei lavoratori “a nero” (scarpe borse e vestiti, non solo pummarole!). Siamo ancora all’anno zero contro il lavoro “a nero” che è Terra dei fuochi e ci affidiamo alla sola azione di contrasto, preziosa ma purtroppo insufficiente, delle nostre forze dell’ordine con in prima istanza i carabinieri forestali. Per questo siamo stati favorevoli e speriamo nella indicazione del generale Sergio Costa come ministro dell’Ambiente.
Limitarsi al problema rom significa (come fatto sinora da tutti) indirizzare solo sull’effetto e non sulle cause le azioni di repressione: va colpita innanzitutto la produzione industriale “a nero”. Siamo quindi anche favorevoli in linea di principio a una “flat tax”, ristretta però alle aziende (specie nei nostri territori) e finalizzata alla emersione del “lavoro a nero”, per poi procedere a sanzioni amministrative e/o penali pesantissime in caso di mantenimento di simili scappatoie di produzione e smaltimento.