“Mi propongo di essere l’avvocato difensore del popolo italiano”, questa è la frase rimasta più impressa dopo il primo intervento di Giuseppe Conte da incaricato premier al termine del colloquio con Mattarella. Una frase che a molti è sembrata banale. Se non ha convinto però non è per la frase in sé, ma per il modo in cui è stata pronunciata.
Conte è infatti apparso molto emozionato durante la sua prima uscita pubblica. Questa insicurezza nel tono della voce non combacia con la forza di una frase del genere. Un difensore del popolo ce lo aspettiamo forte e sicuro di sé nella comunicazione, come Di Maio e Salvini per esempio. La sua emozione per il momento è comprensibile, essendo stato catapultato a Palazzo Chigi dalla notte al giorno, ma Conte deve al più presto lavorare su questo aspetto.
Un altro segno di debolezza nel primo discorso del professore è stato la dichiarazione sull’Europa: “Sono consapevole della necessità di confermare la collocazione europea e internazionale dell’Italia”. Una rassicurazione all’Europa che stona con lo spirito sovranista che M5S e Lega stanno cercando di tenere vivo in questi giorni nonostante gli attacchi dall’estero.
Comprendo benissimo che si tratta di una frase necessaria dopo due ore di colloquio con Mattarella, il quale avrà chiesto una dichiarazione simile in modo molto esplicito. Spero però che il nuovo premier non si mostrerà europeista a prescindere nei prossimi mesi. Ne va della popolarità del governo stesso e perfino della sopravvivenza dei due partiti che lo hanno formato.
L’attacco dell’Ue, lo spread che sale e la borsa che scende non rappresentano qualcosa da temere. Al contrario, sono un gran colpo di fortuna per M5S e Lega.
Per essere efficace, una narrazione (di ogni tipo, anche politica) ha sempre bisogno di un antagonista. Essere antisistema è stata la narrazione vincente di M5S e Lega per anni. Il pericolo delle forze anti-establishment però, quando vanno al governo, è quello di omologarsi al sistema, perdendo il carattere che li ha fatti amare dal popolo. Il problema è che quando sei al Governo non hai un partito di maggioranza da attaccare (come avvenuto col Pd negli ultimi anni). Tantomeno puoi duellare con la minoranza, finendo in suo pugno (come ha fatto Renzi).
Il nemico dunque va trovato fuori. E l’Europa dei burocrati e della finanza è perfetta per il ruolo.
Dunque, come hanno capito Alessandro Di Battista e qualcun altro all’interno del M5S, non si dovrà cercare di tranquillizzare l’Europa con dichiarazioni del genere dopo la formazione del governo. Al contrario, si dovrà rivendicare la propria sovranità individuando nei falchi europei i nemici del cambiamento e del popolo italiano.
Ma vogliamo veramente un leader comunicativamente forte? Io mi auguro di sì, ma non tutti la pensano così. Paolo Gentiloni per esempio ha goduto di una certa popolarità fra gli italiani proprio perché comunicativamente piatto. Chi non ne può più dei litigi fra partiti e delle uscite sensazionalistiche dei loro leader, finisce per preferire dei rappresentanti silenti.
L’esser bravi a comunicare è tipico dei leader politici, i quali devono attrarre consensi. Pensiamo a Di Maio, Salvini, Berlusconi e Renzi. I premier tecnici o calati dall’alto, cioè arrivati a Palazzo Chigi senza un minimo di consenso popolare, invece sono di solito scarsi comunicatori. Pensiamo a Monti, Letta e Gentiloni. Conte è una via di mezzo: non era un candidato, però faceva parte della squadra di governo del M5S presentata prima delle elezioni. Inoltre è stato scelto dalle due forze politiche che hanno preso più voti, non dal presidente della Repubblica.
L’incaricato premier deve scegliere da che parte stare, se da quella dei leader carismatici che fanno la Storia o dei tecnici che tirano a campare e passano in un lampo. Questo dipenderà soprattutto dal M5S, perché – parliamoci chiaro – Conte non è un premier giallo-verde, Conte è un premier 5 Stelle. Lo sappiamo non solo dal fatto che era il candidato ministro della Pubblica Amministrazione del governo Di Maio. Lo vediamo anche dalla sua comunicazione.
Nel suo primo discorso ha usato alcune delle parole d’ordine della narrazione del MoVimento 5 Stelle come “Quello che si appresta a nascere sarà il governo del Cambiamento” e “Il mio intento è di dar vita ad un governo sarà dalla parte dei cittadini che tuteli i loro interessi”. Tutti concetti il cui copyright è pentastellato.
Io non credo che Conte sarà un premier fantoccio, un burattino nelle mani di Salvini e Di Maio. Questo è impossibile. Quando inizierà a lavorare, i leader degli altri Paesi parleranno con lui, sarà lui quello informato dei fatti, sarà lui a doversi assumere la responsabilità di decisioni difficili. Chiunque conosca le dinamiche della politica sa che non è possibile un continuo e costante confronto interno su ogni questione.
Ovviamente Di Maio e Salvini, avendo preso i voti, avranno il dovere di vigilare sul rispetto del programma condiviso da parte dell’uomo che hanno messo a Palazzo Chigi. Ma il lavoro lo svolgerà Conte in prima persona. Per questo motivo secondo me dobbiamo augurarci che impari in fretta a comunicare in modo efficace e che sia un leader forte in Italia e soprattutto in Europa.