In Regione Lazio il responsabile anticorruzione è un “dipendente giornaliero”. Tutte le mattine deve richiedere un badge nuovo per potere accedere al suo ufficio e andare a lavorare. Ogni giorno, tutti i giorni, dal 2 maggio. Protagonista di questa vicenda surreale è Pompeo Savarino, che il 21 marzo era stato rimosso da Nicola Zingaretti in persona. Quarantotto ore prima si era rifiutato di firmare il provvedimento di nomina di un commissario (Stefano Acanfora ndr), reo di aver dichiarato il falso, in un ente vigilato dalla Regione Lazio.
Ma dopo la censura dell’Autorità nazionale anti corruzione sulla decisione del governatore e la sentenza del Tar, che ha chiesto il reintegro di Savarino, Zingaretti è stato costretto a fare un passo indietro. Questo almeno sembrava essere accaduto il 2 maggio quando Pompeo Savarino è rientrato in Regione. Ma da quel giorno il responsabile anticorruzione deve, come uno stagista qualsiasi, presentare tutte le mattine il proprio documento per farsi dare il tesserino di “dipendente giornaliero” e accedere agli uffici, che sulla carta però ancora non ci sono visto che la Regione, in barba a quanto richiesto dal Tar, non ha ancora ripristinato la direzione Controllo e Vigilanza che Savarino presiedeva prima di essere cacciato il 21 marzo scorso.
“Una vicenda paradossale per non dire ridicola. In oltre 30 anni di attività sindacale in Regione ho visto di tutto ma questa vicenda è incredibile. Siamo l’unica amministrazione che ha un responsabile anticorruzione giornaliero. Il presidente della prima sezione del Tar, il 26 aprile scorso, ha accolto il ricorso presentato da Savarino, chiedendo la sospensione delle deliberazioni e delle determinazioni della Regione sulla sua vicenda, comprese quelle sulle modifiche al regolamento di organizzazione degli uffici, in attesa che la camera di consiglio del Tar si pronunci il prossimo 29 maggio”, sottolinea Roberta Bernardeschi, segretario del sindacato dei dirigenti regionali Direr Sidirs. “Ma a quanto pare per Zingaretti le sentenze si possono anche non rispettare visto che la direzione Controllo e Vigilanza che Savarino presiedeva non è stata ripristinata e l’ex direttore, da oltre due settimane ormai, deve praticamente chiedere il permesso per entrare in ufficio, tutti i giorni”, aggiunge la sindacalista.
Una situazione di stand by anomala che si somma ad un’altra altrettanto singolare. Stefano Acanfora, l’aspirante commissario che Savarino si era rifiutato di nominare, da gennaio 2016 è direttore della Centrale Acquisti della Regione Lazio, l’ente che si occupa di assegnare appalti alle ditte private, in relazione alle esigenze amministrative di vario tipo. Savarino si era rifiutato di nominarlo commissario proprio perché Acanfora non aveva dichiarato di ricoprire 10 incarichi in altrettante società private. Quindi aveva segnalato, il 19 marzo, al direttore del personale della Regione, Alessandro Bacci, le dichiarazioni incomplete di Acanfora, sottolineando anche che lo stesso, al contrario di quanto previsto per legge, risultava ancora iscritto all’albo dei dottori commercialisti di Napoli. Dopo essere rientrato in Regione, il 2 maggio, ha sollecitato di nuovo il direttore del personale per ottenere una risposta, con tanto di diffida a replicare entro il 21 maggio. Una vicenda che adesso è approdata in consiglio regionale, dove il centrodestra ha depositato un’interrogazione urgente sia su Acanfora che sul ruolo di Savarino.
Al momento però, dopo 2 mesi, non risulta agli atti nessuna risposta e nessun atto amministrativo da parte del direttore del personale che, secondo la legge Severino, dovrebbe, previo confronto con l’interessato, accertare le eventuali dichiarazioni mendaci e licenziare in tronco il dipendente in questione con l’inconferibilità nella pubblica amministrazione “di qualsivoglia incarico per un periodo di 5 anni”, recita la norma.
Il commento di via Cristoforo Colombo al fattoquotidiano.it è stringato: “Gli uffici della Regione Lazio prima di intraprendere ogni provvedimento, così come richiesto anche dal Tar, attendono che sia il Tar che l’Anac concludano le rispettive valutazioni sul caso adottando le decisioni definitive. Ciò avverrà – conclude il comunicato – entro la fine del mese, dopo di che la Regione Lazio si adeguerà e adotterà i provvedimenti conseguenti”. Acanfora intanto, da quando è direttore della Centrale acquisti, ha speso oltre 3 milioni di euro per una consulenza per “assistenza organizzativa-gestionale” da parte di una società privata e altri 170 mila euro per un’altra consulenza da parte del neo senatore di Fdi Giovanbattista Fazzolari. Vicende segnalate ad ottobre scorso dal sindacato dei dirigenti regionali Direr Sidirs alla Corte dei Conti e al presidente dell’Anac Raffaele Cantone.