Ugo Russo (classe 1991, di Nancy – Francia), attualmente è dottorando in co-tutela tra Parigi e Bologna per una ricerca sulla controcultura a Bologna negli anni 70 e 80. L’Italia per lui è stata una scelta volontaria ma anche biografica, dato che i suoi nonni sono italiani e questo lo ha portato a crescere con una doppia cultura e identità. C’è sempre stata una passione nostalgica per le radici italiane nella sua famiglia e forse Bologna per lui è anche un ritorno alle origini, alla scoperta della “italianità” nelle sue vene.
Ugo aveva già fatto un Erasmus a Bologna nel 2012, il secondo anno di specialistica. Potremmo quindi definire la sua esperienza come ibrida, continuamente a cavallo tra due Paesi. “Sicuramente quello che mi manca di più della Francia è la mia famiglia. Questa distanza geografica, per quanto Italia e Francia siano confinanti, è molto grande”. Sia la Francia che l’Italia, inoltre, sono due Paesi molto stereotipati e alcune di queste caratteristiche risultano affini.
Lo stereotipo che accomuna i due Paesi (di cui quasi tutti siamo al già al corrente) è sicuramente l’ambivalenza e competizione bonaria del binomio nord-sud. La grossa differenza tra le due nazioni, per Ugo, sta però nello spirito di unione e attaccamento. Un ideale che risulta essere molto più forte in Francia, rispetto all’Italia. Questo spirito non è tuttavia senza note dolenti, considerato che sul piano dell’identificazione il Paese francese viene percepito – internamente ed esternamente – come “Parigi e poi tutto il resto”. Un forza accentratrice della capitale che, certo, può aiutare a trainare ideologicamente un’intera nazione, ma che toglie molto potenziale alle singole identità che lo compongono. D’altra parte una tale unità lascia alla Francia la possibilità di esprimere in maniera più forte la propria immagine nazionale, anche e soprattutto sul piano economico, andando a determinare una capacità imprenditoriale spesso più efficace.
In Italia c’è un sentore molto più forte di differenziazione e competizione tra le singole regioni. Un aspetto che, peraltro, quasi mai viene percepito dai francesi o dagli stranieri in generale. Le singole identità che abitano culturalmente lo stesso territorio non riescono ad unirsi ideologicamente, dando sicuramente una variegatura di risorse molto più ampia ma anche, in un certo senso, scoordinata.
Possiamo dire, in definitiva, che se si parla di stereotipi francesi e italiani, il tutto arriva ad essere un grande gioco simmetrico di specchi, nei pro e nei contro. Per altro, uscendo dai confini nazionali e arrivando a quelli continentali, Ugo trova che l’Europa in generale oggi sia molto cambiata. “C’è una specie di uniformità crescente in tutta Europa, anche solo Bologna è molto cambiata da quando io ho fatto l’Erasmus qui. Secondo me le differenze ormai vanno messe dietro a una specie di vetrina, per cui puoi dire: ‘Ah guarda sono in Italia, a Bologna, e sto mangiando i tortellini e la mortadella‘”.
Nonostante alcune peculiarità culturali restino uniche nel loro genere (quasi perle rare) quello che va a determinare la differenza “da mettere in vetrina” è spesso la cultura e la tradizione che permette di identificare quel Paese “a colpo d’occhio”. L’esigenza del turismo, soprattutto su un piano economico, batte sempre più forte sulle casse nazionali. E questo discorso può essere esteso alla società europea in generale, non al singolo binomio Italia-Francia. Anche perché, mettendosi nei suoi panni, dove potrebbe mai “schierarsi” Ugo? “Quando sono in Francia rappresento un po’ tutti gli stereotipi italiani per i francesi, quando sono in Italia sono ‘il francese’. I baffi, il cappello, quello che ha ‘la classe’, permaloso. Quindi per me, in realtà, è strano in ogni caso!”
Scambieuropei
Associazione no profit
Cervelli in fuga - 26 Maggio 2018
‘La mia vita a metà tra Italia e Francia’. La storia di Ugo fra stereotipi e tradizione
Ugo Russo (classe 1991, di Nancy – Francia), attualmente è dottorando in co-tutela tra Parigi e Bologna per una ricerca sulla controcultura a Bologna negli anni 70 e 80. L’Italia per lui è stata una scelta volontaria ma anche biografica, dato che i suoi nonni sono italiani e questo lo ha portato a crescere con una doppia cultura e identità. C’è sempre stata una passione nostalgica per le radici italiane nella sua famiglia e forse Bologna per lui è anche un ritorno alle origini, alla scoperta della “italianità” nelle sue vene.
Ugo aveva già fatto un Erasmus a Bologna nel 2012, il secondo anno di specialistica. Potremmo quindi definire la sua esperienza come ibrida, continuamente a cavallo tra due Paesi. “Sicuramente quello che mi manca di più della Francia è la mia famiglia. Questa distanza geografica, per quanto Italia e Francia siano confinanti, è molto grande”. Sia la Francia che l’Italia, inoltre, sono due Paesi molto stereotipati e alcune di queste caratteristiche risultano affini.
Lo stereotipo che accomuna i due Paesi (di cui quasi tutti siamo al già al corrente) è sicuramente l’ambivalenza e competizione bonaria del binomio nord-sud. La grossa differenza tra le due nazioni, per Ugo, sta però nello spirito di unione e attaccamento. Un ideale che risulta essere molto più forte in Francia, rispetto all’Italia. Questo spirito non è tuttavia senza note dolenti, considerato che sul piano dell’identificazione il Paese francese viene percepito – internamente ed esternamente – come “Parigi e poi tutto il resto”. Un forza accentratrice della capitale che, certo, può aiutare a trainare ideologicamente un’intera nazione, ma che toglie molto potenziale alle singole identità che lo compongono. D’altra parte una tale unità lascia alla Francia la possibilità di esprimere in maniera più forte la propria immagine nazionale, anche e soprattutto sul piano economico, andando a determinare una capacità imprenditoriale spesso più efficace.
In Italia c’è un sentore molto più forte di differenziazione e competizione tra le singole regioni. Un aspetto che, peraltro, quasi mai viene percepito dai francesi o dagli stranieri in generale. Le singole identità che abitano culturalmente lo stesso territorio non riescono ad unirsi ideologicamente, dando sicuramente una variegatura di risorse molto più ampia ma anche, in un certo senso, scoordinata.
Possiamo dire, in definitiva, che se si parla di stereotipi francesi e italiani, il tutto arriva ad essere un grande gioco simmetrico di specchi, nei pro e nei contro. Per altro, uscendo dai confini nazionali e arrivando a quelli continentali, Ugo trova che l’Europa in generale oggi sia molto cambiata. “C’è una specie di uniformità crescente in tutta Europa, anche solo Bologna è molto cambiata da quando io ho fatto l’Erasmus qui. Secondo me le differenze ormai vanno messe dietro a una specie di vetrina, per cui puoi dire: ‘Ah guarda sono in Italia, a Bologna, e sto mangiando i tortellini e la mortadella‘”.
Nonostante alcune peculiarità culturali restino uniche nel loro genere (quasi perle rare) quello che va a determinare la differenza “da mettere in vetrina” è spesso la cultura e la tradizione che permette di identificare quel Paese “a colpo d’occhio”. L’esigenza del turismo, soprattutto su un piano economico, batte sempre più forte sulle casse nazionali. E questo discorso può essere esteso alla società europea in generale, non al singolo binomio Italia-Francia. Anche perché, mettendosi nei suoi panni, dove potrebbe mai “schierarsi” Ugo? “Quando sono in Francia rappresento un po’ tutti gli stereotipi italiani per i francesi, quando sono in Italia sono ‘il francese’. I baffi, il cappello, quello che ha ‘la classe’, permaloso. Quindi per me, in realtà, è strano in ogni caso!”
Articolo Successivo
Tenore negli Stati Uniti. “Ora guadagno il quadruplo rispetto all’Italia, dove si lavora per sopravvivere”
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Giustizia & Impunità
Albania, la Corte non convalida: liberi i 43 migranti. Opposizioni: ‘Fallimento di Meloni’. Da destra riparte l’attacco ai giudici: ‘Si sostituiscono al governo’
Politica
Almasri, ora la maggioranza vuole eliminare l’obbligatorietà dell’azione penale. M5s e Pd: “Così pm sotto il governo e politici impuniti”
FQ Magazine
Vespa scatenato difende il governo: “Ogni Stato fa cose sporchissime”. Opposizioni: “Superato il limite”
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Altri 43 migranti tornano in Italia dai centri in Albania. Presidente Meloni, errare è umano, perseverare è diabolico. Quanti altri viaggi a vuoto dovremo vedere prima che si metta fine a questa pagliacciata costosa per i contribuenti?”. Così Matteo Ricci, europarlamentare Pd, in un post sui social.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Terzo flop del ‘modello Albania’: la Corte d’Appello di Roma smonta l’ennesima trovata propagandistica del governo Meloni, sospendendo i trattenimenti e disponendo il trasferimento in Italia dei migranti deportati. Per la terza volta, la destra ha provato a forzare la mano e per la terza volta è stata bocciata. Hanno sprecato milioni di euro pubblici, violato diritti fondamentali e messo in piedi un’operazione disumana, solo per alimentare la loro propaganda. Un fallimento su tutta la linea, mentre il Paese affonda tra tagli alla sanità, precarietà e crisi sociale. Ora che farà Meloni? Toglierà la competenza anche alle Corti d’Appello per accentrarla a Palazzo Chigi?”. Così Alessandro Zan, responsabile Diritti nella segreteria nazionale Pd ed europarlamentare.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "La Corte d’Appello di Roma libera di nuovo immigrati irregolari per i quali potevano essere eseguite rapidamente le procedure di rimpatrio e rimette ancora la palla alla Corte di Giustizia Europea sulla questione dei Paesi sicuri. Le ordinanze che non convalidano i trattenimenti nel centro in Albania e che rimettono alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale, insistono sull’individuazione in via generale ed astratta dei “paesi sicuri”, ripercorrendo le motivazioni delle decisioni precedenti, senza giudicare delle posizioni dei singoli migranti. Peccato che la Corte di Cassazione ha ampiamente chiarito, lo scorso dicembre, che questa è una competenza del Governo e non della magistratura. Incredibile che la Corte d’Appello di Roma abbia considerato irrilevante questo principio e insista nel voler riconoscere ai singoli magistrati un potere che è esclusiva prerogativa dello Stato”. Lo dichiara la deputata di Fratelli d’Italia, Sara Kelany, responsabile del Dipartimento immigrazione.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Non stupisce la decisione della Corte d’Appello di Roma di bloccare, per l’ennesima volta, una misura, tra l’altro apprezzata anche in Europa, con cui l’Italia vuole fronteggiare l’immigrazione massiccia e garantire la sicurezza nazionale. I magistrati non usino il loro potere per contrastarne un altro, riconosciuto dalla costituzione e legittimato dagli italiani”. Lo dichiara il deputato della Lega Igor Iezzi.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “La Corte d’Appello di Roma libera ancora dei migranti irregolari che potevano essere rapidamente rimpatriati, rimandando di nuovo alla Corte di Giustizia Europea sulla questione dei paesi sicuri. Ma la Corte di Cassazione aveva chiarito che questa è una competenza del Governo. Evidentemente alcuni tribunali italiani considerano irrilevanti i principi fissati dalla Suprema Corte. Di fronte a questo non posso che esprimere profondo stupore". Lo dichiara il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Lucio Malan.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “E anche oggi si certifica il fallimento di Meloni. I Centri per i migranti in Albania non sono la risposta al fenomeno migratorio, che richiede rispetto per i diritti umani e condivisione delle responsabilità a livello europeo. Nei comizi Meloni potrà continuare a dire che fun-zio-ne-ran-no ma nella realtà sono solo uno spreco immane di risorse. Se quei fondi fossero stati spesi per assumere infermieri e medici, o per aumentare gli stipendi di quelli che già lavorano nella sanità pubblica, allora si’ che sarebbero stati utili agli italiani!”. Così in una nota Marina Sereni, responsabile Salute e sanità nella segreteria nazionale del Pd.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “Quella dei Cpr in Albania è una gigantesca buffonata. Siamo di fronte a centri totalmente inutili nella gestione del fenomeno migratorio, pasticciato sul piano giuridico, lesivi dei più elementari diritti umani e anche costosissimi. Il governo dovrebbe scusarsi pubblicamente, chiudere i centri e destinare gli ottocento milioni di euro che finiranno in questi luoghi inutili e dannosi a sostegno della sanità pubblica”. Così in una nota, Pierfrancesco Majorino, responsabile immigrazione nella segreteria nazionale del Pd.