La ‘ndrangheta voleva gambizzare il magistrato Ernesto Napolillo perché durante un interrogatorio aveva alzato la mano come se volesse percuotere un indagato. È la confessione fatta dal pentito Cosimo Di Mauro, condannato a 8 anni e otto mesi in primo grado nel processo Alto Piemonte. Dopo la pena inflitta dal tribunale di Torino, l’uomo, considerato una figura di spicco dei clan a Biella, nello scorso settembre ha detto ai pm della procura guidata da Armando Spataro che collaborerà “perché sono stufo e voglio cambiare vita”.
E il retroscena, contenuto nei verbali di interrogatorio depositati sabato al processo d’appello, è una delle prime ricostruzioni fornite da Di Mauro. Il pentito ha raccontato che gli venne chiesto di sparare contro il pubblico ministero e che lui rifiutò di gambizzare Napolillo, all’epoca sostituto procuratore a Biella, messo sotto scorta alla fine del 2014 e dal 2016 in servizio ad Ancona.
Di Mauro ha riferito agli inquirenti del capoluogo piemontese che a chiedergli il “favore” fu Giuseppe F., soprannominato Peppone, insieme a un suo amico. “Il pm Napolillo – è a verbale – lo aveva interrogato e gli aveva fatto il gesto di menarlo. Questa cosa Giuseppe non l’ha sopportata e mi ha chiesto se fossi stato disponibile a gambizzare il magistrato. In cambio mi avrebbe dato i proventi della vendita dell’unico bene che possedevano lui e l’altro, una villetta a Massazza, in provincia di Biella, salvo trattenersi 50mila euro per loro”.
Secondo la ricostruzione di Di Mauro, l’uomo avrebbe detto: “Ci fate il favore e gambizzate il pm e vi diamo questa villetta”. Ma lui rispose “che a me insegnano che giudici e carabinieri non si toccano”. Un quarto personaggio presente alla conversazione, però, secondo Di Mauro “si dichiarò disponibile”.