Una sola udienza, poche ore di tempo e una condanna a 10 anni: il 24 maggio si è aperto e chiuso il processo nei confronti di Merzoug Touati, un blogger algerino in carcere da un anno e mezzo a causa di un post e di un video, pubblicati rispettivamente su Facebook e Youtube.
Touati è stato giudicato colpevole di “incitamento a rivolta non armata”, “incitamento a svolgere raduni e sit-in in spazi pubblici” e “rapporti con intelligence straniere per danneggiare le relazioni diplomatiche”. Avrebbe rischiato persino la pena di morte se fosse stato confermato l’ultimo capo d’imputazione, “incitamento a prendere le armi contro lo Stato”.
Amnesty International, che con la sua sezione locale ha assistito al processo, ha esaminato gli atti giudiziari e soprattutto il post e il video (non più in rete, poiché gli account di Touati sono stati eliminati) giungendo alla conclusione che non contenevano alcun incitamento alla violenza o all’odio.
Nel post pubblicato su Facebook il 2 gennaio 2017, Touati invitava la popolazione della sua città natale, Béjaïa, a manifestare contro la legge finanziaria da poco approvata. Nel video caricato su Youtube l’8 gennaio, intervistava un portavoce del ministero degli Esteri israeliano il quale negava la narrativa ufficiale algerina secondo la quale Israele era dietro le proteste in corso in varie parti del Paese.
Durante gli interrogatori, Touati ha spiegato che le interviste a diplomatici, rappresentanti delle istituzioni, difensori dei diritti umani e attivisti erano state realizzate a solo scopo di documentazione, per arricchire con una pluralità di fonti i suoi post. L’avvocato di Touati ha annunciato che presenterà ricorso in appello.