La delusione è grande come quella di chi credeva che ormai il governo fosse cosa fatta. Quando sono passate poco più di 24 ore dal rifiuto di Giuseppe Conte e soprattutto dallo strappo di Luigi Di Maio con il Colle, i parlamentari M5s girano frastornati tra i palazzi romani cercando di far passare la sbornia. “L’impressione è che ci siamo fatti prendere in giro dalla Lega e pure da Fratelli d’Italia”, commenta un eletto a ilfattoquotidiano.it. “Siamo spiazzati e disorientati, ormai ci sentivamo davvero al governo”. Un collega tra i più critici risponde al telefono e in fretta chiude la conversazione: “La scelta di chiedere l’impeachment di Sergio Mattarella? E’ stata una vera stupidaggine fatta di pancia. Ma non parlo, ora è il tempo di riflettere”. Un altro, esponente vicino ai vertici, spiega meglio quel sospetto sulla lealtà del Carroccio che circola da ore e che in pochi hanno il coraggio di dire ad alta voce: “Perché Matteo Salvini non ha ceduto su Paolo Savona ministro? E’ vero che secondo noi il capo dello Stato è andato oltre le sue prerogative, ma se ad esempio non avesse voluto il nostro Alfonso Bonafede alla Giustizia noi, seppur a malincuore, avremmo trovato un’alternativa”. In queste ore sotto accusa c’è la presunta doppia faccia della Lega, ma anche la solitudine in cui si è trincerato Di Maio nel prendere le decisioni e il ritorno dell’anima movimentista guidata da Alessandro Di Battista. Che ha detto di essere pronto a tornare in campo se si va a elezioni e che più volte in questi 85 giorni di trattative è intervenuto a gamba tesa in giochi già quasi fatti.
Il tema di cosa ha in testa Matteo Salvini è in realtà al centro delle discussioni da settimane: Di Maio ha sempre garantito con i suoi di credere nella sua sincerità, ma nella pratica il leghista è sempre stato altalenante. Da ieri inoltre si parla di un’altra ipotesi, alquanto sconvolgente per le dinamiche storiche del Movimento: non si esclude che alle prossime politiche Lega e M5s vadano da alleati. “Una cosa oltre ogni immaginazione”, dicono i più critici. Se ne parla davvero ai piani alti, ma anche tra gli esponenti considerati fedelissimi di Di Maio non mancano le perplessità: Salvini, è il ragionamento, dimostra che il suo obiettivo è prendersi il centrodestra e i corteggiamenti verso i 5 stelle potrebbero essere tentativi di provocare FI schiacciando i 5 stelle. E’ anche vero che il governo gialloverde mai partito era stato già digerito al Sud, inghiottito raccontandosi che “l’importante è arrivare nella stanza del potere”. Intanto oggi Di Maio e Salvini, nelle ore più dure, si sono incontrati e hanno detto che lavoreranno insieme in Parlamento contro l’esecutivo Cottarelli per realizzare in commissione quel contratto di governo su cui hanno lavorato. “Se è stata tutta una presa in giro”, spiegano, “lo vedremo nelle prossime settimane. Se Salvini ricuce con Berlusconi e se ci molla a metà della strada saranno segnali incontestabili”.
Di Maio intanto continua sulla linea decisa ieri nelle ore successive alla crisi con il Colle. Oggi, all’improvviso di nuovo con le vesti dell’agitatore, ha invitato alla mobilitazione di piazza. Dopo mesi a costruirsi l’immagine moderata, riparte da dove si era cominciato chiedendo agli attivisti di mobilitarsi per chiedere giustizia. La decisione di annunciare l’impeachment è quella che ha fatto saltare sulla sedia in tanti dentro il Movimento: perché, è il ragionamento, fatta sull’onda della paura di essere rimasti fregati da Salvini; perché annunciata senza avere la certezza che il Carroccio sostenga il documento. “Non importa”, spiega chi è a favore, “in questo modo faranno loro brutta figura”. Chi da giorni viene ascoltato sull’argomento è il senatore Primo Di Nicola. E’ lui che ha ricordato nelle scorse ore che “quando l’Assemblea discuteva dell’articolo 92 della Costituzione il Presidente Terracini sottolineò: ‘È assurdo pensare che il Presidente della Repubblica possa presumere di scegliere egli stesso i ministri'”. Una spiegazione che però non compare nelle dicitura finale della Carta. Oggi Di Nicola dice: “Se ci sono dubbi che il ruolo del capo dello Stato sia stato snaturato, è normale che si chiedano dei chiarimenti”. In difesa della linea sono uscite le dichiarazioni di alcuni considerati fedelissimi di Di Maio: Danilo Toninelli e Manlio Di Stefano, ad esempio. Ma per il resto regna il silenzio. Ci sono due anime: chi appoggia la linea e cavalca la delusione di essersi visti sfilare il governo da sotto il naso e chi invece è rimasto sotto choc dallo strappo deciso da Di Maio nelle ore più difficili. E ancora una volta da solo.
Ma anche le due anime hanno un punto che si tocca. In molti, anche tra i più vicini al capo M5s, sospettano che il Carroccio abbia fatto il doppio gioco. Matteo Salvini lo raccontano come un leader che ha cambiato idea ogni giorno, in un tira e molla infinito che ha sfibrato gli avversari. I 5 stelle dal canto loro, ottenuto dal Carroccio di poter avere un premier in quota grillina hanno accettato che al Mef andasse un nome leghista e per tutti i giorni delle trattative con Mattarella hanno ribadito che “non avrebbero rotto il patto”. Una lealtà a senso unico e pericolosa, è il ragionamento di una parte degli eletti. “I leghisti sono molto bravi a sedere al tavolo e trattare, noi ci siamo fatti mangiare”, spiegano. La prova sarebbe da ritrovare nella squadra con cui Conte si è presentato al Colle: ai 5 stelle sarebbero andati due dicasteri chiave come quello che condensava insieme Lavoro e Sviluppo economico (comprese le telecomunicazioni) e quello alla Giustizia; ma il Carroccio aveva per sé pedine come l’Interno, le Politiche agricole e il sottosegretario. Ha fatto gelare il sangue ad alcuni 5 stelle anche la ricomparsa della senatrice Barbara Lezzi in squadra per il ministero del Sud: un nome finito al centro delle polemiche per un mancato rimborso (sanato in ritardo) e per la famosa dichiarazione sull’uso dei “condizionatori che avevano fatto risollevare il Pil”. Ragionamenti che ora valgono poco, soprattutto alla luce del fatto che quella squadra è da buttare.
Al di là dei retroscena però, per ora vale la narrazione del leader. Che per il momento non rischia nessuna sfiducia. L’ipotesi tradimento della Lega è scartata ufficialmente dallo stesso Di Maio: “Il tradimento di Salvini nei nostri confronti”, ha detto il capo politico 5 stelle nel salotto di Barbara D’Urso su Canale 5, “è più un gioco che si sta usando a livello mediatico e dare così un alibi a chi ci ha detto ‘non potete partire'”. La versione è condivisa anche da altri: hanno fatto tutto il possibile, sostengono, hanno lavorato in piena comunione di intenti, e il veto è venuto dal capo dello Stato. Addirittura Davide Casaleggio, in silenzio in queste ore, ha smentito di aver mai pronunciato la frase “Salvini ci ha usati”, riportata dal Corriere.it. Per ora dicono tutti di essere convinti della buona fede, tanto che credono potrebbero anche strappare il sostegno della Lega sull’impeachment. Chi ha detto la verità e chi invece ha mentito? Lo dirà il tempo.