Quando Jean Claude Juncker aveva ufficializzato la proposta della Commissione europea per far quadrare il bilancio 2021-2027 dell’Unione, molti in Italia avevano parlato di “tagli inaccettabili”, di “proposte insufficienti” e di misure che avrebbero danneggiato “i più poveri”. Per il primo settennato post-Brexit, infatti, con i Paesi membri ridotti a 27, la Commissione aveva deciso di dare una sforbiciata del 5 per cento ai fondi per le politiche agricole e di coesione. Ma ora è arrivata la (parziale) smentita. Secondo i calcoli, la riforma dei fondi proposta da Bruxelles porterà nelle casse dell’Italia 2,4 miliardi di euro in più rispetto al 2014-2020. Questo nonostante i tagli del 9,9 per cento per l’Ue a 27, come rivelato da un documento interno alla Commissione consultato dall’Ansa (nelle scorse settimane si parlava di un calo del 6).
Più fondi, ma vincolati ai risultati – L’aumento è effetto di una modifica ai criteri di assegnazione delle risorse. Oltre al Pil, conteranno anche fattori come la disoccupazione giovanile. Più soldi perché stiamo peggio degli altri, insomma (almeno dal punto di vista della carenza di lavoro). Complessivamente, la fetta italiana del Fondo europeo per lo sviluppo regionale salirà dai 36,2 miliardi del precedente settennato ai 38,6 miliardi del 2021-2027. Ma c’è dell’altro. Nel 2024 è prevista una “revisione di medio termine” dei programmi di coesione. Gli Stati membri dovranno presentare regolarmente alla Commissione i loro progressi nell’implementazione delle raccomandazioni.
Chi sale e chi scende – L’Italia, che resta il principale beneficiario della politica di coesione europea dopo la Polonia, non è l’unico Paese che potrebbe vedere la sua fetta di fondi aumentata nonostante i tagli. Con lo spostamento delle risorse dal Nord-est Europa al Centro-sud previsto da Bruxelles (che tiene conto del migliorato tenore di vita negli ex Paesi sovietici, ma anche dell’impatto della crisi su molte economie del Mediterraneo), spetteranno più soldi anche a Grecia, Romania e Bulgaria (+8 per cento), Finlandia e Spagna (+5 per cento), e Cipro (+2). Invariate le risorse per Danimarca, Svezia, Belgio, Paesi Bassi, Austria e Lussemburgo. Mentre a subire le sforbiciate più pesanti sono Ungheria, Lettonia, Estonia, Repubblica Ceca e Malta con un -24 per cento. Segue il -23 della Polonia, il -22 della Slovacchia e il -21 per cento della Germania, che vedrà i suoi fondi passare da 19,8 a 15,7 miliardi. Questa proposta ora dovrà essere negoziata con le altre istituzioni europee prima di entrare in vigore.