Fausto Filippone ha sedato la figlia Ludovica prima di gettarla dal cavalcavia. A nove giorni da quanto avvenuto a Chieti e Francavilla, gli esami tossicologici confermano quanto ipotizzato dagli inquirenti: il piano dell’uomo che domenica 20 maggio prima ha ucciso la moglie, Marina Angrilli (51), lanciandola dal balcone di un appartamento, poi la figlia di 10 anni, buttata giù da un viadotto dell’A14, e che alla fine si è tolto la vita allo stesso modo, dopo sette ore di trattative estenuanti, era premeditato. Nel corpo della bambina è stato trovato un quantitativo notevole di benzodiazepine, un potente psicofarmaco che l’uomo ha utilizzato per sedare la figlia.
I test sono stati fatti dopo che sulla macchina di Filippone era stato trovato un bicchiere di plastica con cinquanta grammi di una polvere biancastra che, ad un prima analisi, è risultata contenere cocaina e una siringa usata. Gli esami non hanno trovato traccia di sostanze stupefacenti nei corpi dell’uomo e dalla moglie. Gli investigatori stanno cercando di capire perché Filippone avesse con sé quel quantitativo di cocaina, che non risulta presente nel suo corpo.
Tra gli elementi che avevano portato gli inquirenti a ipotizzare la premeditazione c’è quello della telefonata tra Filippone e lo studente universitario inquilino dell’appartamento di Chieti in cui si è consumata la prima parte della tragedia. Venerdì, due giorni prima del dramma, il 49enne ha chiesto al giovane di lasciare la porta aperta andando via per il weekend, spiegandogli che doveva fare le pulizie. È proprio dal balcone di quella stanza che Marina sarebbe stata spinta, dopo essere salita su una scaletta. Esclusa l’ipotesi della lite: nessuno ha sentito nulla. Una vicina però ha visto i due coniugi, tranquilli, proprio su quel balcone.
A conferma di un piano studiato in ogni dettaglio c’è anche il fatto che i parenti della coppia non sapessero che i due erano diretti all’appartamento di Chieti. Filippone, infatti, aveva detto ai familiari di dover andare a comprare una lavatrice. Altro elemento è la telefonata fatta domenica mattina dal 49enne al poligono di tiro in cui si esercitava per ottenere il porto d’armi, finalizzata a disdire l’appuntamento che aveva per le ore successive. Proprio per ottenere il porto d’armi, il 15 maggio l’uomo era stato giudicato idoneo e senza disturbi da uno psichiatra del Centro di igiene mentale di Chieti. Non è escluso che il 49enne, in un primo momento, avesse deciso di portare a termine il suo piano usando una pistola.