Lo ha sostenuto in aula l’avvocato Luigi Stortoni, che con il collega Mario Brusa difende l’ex Governatore della Lombardia, tra i quattro imputati in appello a Milano per il caso Maugeri-San Raffaele.
La ricostruzione dell’accusa “prima ancora di essere provata non tiene sotto il profilo della logica. Qui i giudizi, le impressioni si sostituiscono ai fatti. E sostenere che a monte c’è un sistematico asservimento” di Roberto Formigoni “e a valle le pressioni che egli fa, è una invenzione”. Lo ha sostenuto in aula l’avvocato Luigi Stortoni, che con il collega Mario Brusa difende l’ex governatore della Lombardia, tra i quattro imputati in appello a Milano per il caso Maugeri-San Raffaele.
Il difensore, nella sua arringa, ha tentato di smontare la ricostruzione del procuratore aggiunto Laura Pedio, applicata al processo e del sostituto pg Vincenzo Calia, che hanno chiesto 7 anni e mezzo di carcere per Formigoni proponendo di aumentare di un anno e mezzo la condanna inflitta in primo grado.
L’avvocato ha sottolineato più volte che “tutto parte dalle utilità e il cerchio si chiude sulle utilità” dell’ex presidente “perché nulla viene accertato”: a conti fatti, ha spiegato, “il grande corrotto, per cui si spendono 71 milioni per fargliene arrivare 6 ha avuto disponibilità di 20/30mila euro in contanti spalmati in 5 anni”. Ma soprattutto, per la difesa, “di quei 6 milioni, 4 sono stati spesi per le barche” sui cui l’ex governatore trascorreva, “15 giorni” di tanto in tanto, “1 milione e mezzo riguarda l’’utilità da scontò, un assurdo giuridico, relativo alla villa di Arzachena“, in costa Smeralda, venduta ad Alberto Perego (amico ‘storico’ di Formigoni) e poi “i 600mila euro” del finanziamento per la campagna elettorale di cui Pierangelo Daccò, definito “il millantatore”, “si è appropriato: arriviamo che la corruzione è di poche centinaia di migliaia di euro per condizionare la sanità lombarda. Francamente qualità e quantità fanno ridere”.