A unire le due vicende, secondo quanto riportano in Veneto i quotidiani locali, sarebbe la figura di Francesco Narducci, il medico morto nel 1985. A chiamarlo in causa è ancora il mostro del Circeo secondo cui Rossella sarebbe stata tenuta prigioniera nel settembre 1975 proprio nella villa sul Trasimeno di Narducci, che avrebbe partecipato al massacro
Dop aver riportato alla memoria la scomparsa di Rossella Corazzin, la 17enne pordenonese sparita nel 1975 a Tai di Cadore (Belluno), sostenendo di averla rapita e uccisa, Angelo Izzo, denunciato poi dalla procura di Roma per calunnia e autocalunnia, evoca anche il mostro di Firenze. A unire le due vicende, secondo quanto riportano in Veneto i quotidiani locali, sarebbe la figura di Francesco Narducci, il medico morto nel 1985, legato ai misteri del mostro di Firenze. A chiamarlo in causa è ancora Izzo, secondo cui Rossella sarebbe stata tenuta prigioniera, violentata e uccisa nel settembre 1975 proprio nella villa sul Trasimeno di Narducci, che avrebbe partecipato al massacro.
Sulla base delle dichiarazioni rese in due occasioni nel 2016 da Izzo all’allora procuratore di Belluno Francesco Saverio Pavone, Gianni Guido e Francesco Narducci, con Andrea Ghira e altri due giovani, si sarebbero avvicinati a Rossella a bordo di una Land Rover mentre stava passeggiando a Tai di Cadore. Sia Guido che Narducci all’epoca avevano una casa poco distante, a Cortina.
Nella casa sul lago Trasimeno – è sempre il racconto di Izzo a cui però gli inquirenti non hanno dato credito – venne inscenato un vero e proprio rito satanico: la ragazza sarebbe stata legata ad un tavolo, seviziata e violentata da dieci persone incappucciate, tra le quali lo stesso Izzo. Il quale al pm Pavone ha detto però di non aver preso parte all’assassinio. “Non ho visto l’omicidio – ha raccontato – ma sapevo che doveva essere soppressa“. Secondo Pavone un elemento cruciale per stabilire la veridicità del racconto potrebbe essere rappresentato dagli arredi dell’allora villa dei Narducci, in particolare il tavolo (qualora esistesse ancora) su cui Izzo disse si consumarono le violenze, che anche a distanza di anni potrebbe aver mantenuto delle tracce biologiche. Nelle dichiarazioni a Pavone Izzo aveva sostenuto che alla fine del rito i partecipanti si fecero un taglio sulle mani, per suggellare un patto con il sangue.