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Spread, è la debolezza europea prima di quella italiana a soffiare sulla nuova fiammata

Le oscillazioni dei mercati possono fare male, ma non devono spaventare più di tanto, anche perché i movimenti sono amplificati dagli algoritmi che stanno alla base dei sistemi automatici di trading utilizzati da buona parte degli investitori istituzionali. Il problema che si pone, però, non riguarda solo l’Italia ma la debolezza stessa della costruzione europea

L’avvitamento della situazione politica in Italia ha risvegliato la speculazione ribassista che ha iniziato a testare le resistenze dell’anello debole (noi) per capire se c’è spazio per tornare a scommettere sulla disgregazione dell’Eurozona. E’ un momento difficile, fatto di eccessi, in cui soprattutto i piccoli risparmiatori debbono mantenere i nervi saldi e non precipitarsi a vendere i propri titoli per la paura di ritrovarsi con un pugno di mosche in mano.

E’ vero, lo spread è ripartito superando di slancio i 300 punti, e ciò ha conseguenze importanti sulla spesa per interessi e sui conti pubblici, oltreché sulla vita quotidiana delle persone anche in termini di maggiori costi dei mutui e dei finanziamenti. Tuttavia vendere mentre i mercati stanno crollando è la scelta più sbagliata che si possa fare, specie se si è investito in titoli di Stato (come i Btp Italia, ad esempio, diffusissimi tra i risparmiatori) con l’obiettivo di portare l’investimento a scadenza, quando verranno rimborsati a 100 a prescindere dalle oscillazioni in negativo o in positivo che può avere nel frattempo il prezzo mercato. Il default del Paese non è dietro l’angolo nonostante l’Italia non goda di buona salute e nonostante l’ondata di vendite possa creare alla lunga grossi problemi di tenuta non solo per i conti pubblici, ma anche per le aziende private, prime fra tutte le banche con la montagna di titoli di Stato che si trovano in portafoglio e con le loro stesse quotazioni che toccano nuovi minimi in Borsa. Le oscillazioni dei mercati possono fare male, ma non devono spaventare più di tanto, anche perché i movimenti sono amplificati dagli algoritmi che stanno alla base dei sistemi automatici di trading utilizzati da buona parte degli investitori istituzionali e anche per questo indicatori come l’andamento in tempo reale di spread, l’indice di Borsa e il costo d’assicurazione contro il default (Cds) non riflettono fedelmente la situazione. Al momento non siamo in una situazione di crisi di sfiducia sull’Italia: c’è preoccupazione su come evolverà la situazione politica del Paese, c’è molto nervosismo ma c’è anche la consapevolezza che dall’altra parte della barricata c’è la Bce presieduta (ancora) da Mario Draghi e a giocare contro c’è il rischio di farsi male.

La situazione politica che si è venuta a creare e una nuova campagna elettorale dai toni infuocati certamente non ci aiuteranno e non contribuiranno a migliorare la percezione che gli investitori esteri hanno del Paese. Anzi, è presumibile che – al di là degli eccessi attuali – nel corso dei mesi che ci separano dalle elezioni anticipate questi vadano progressivamente a ridurre il peso dell’Italia nei loro portafogli come misura di contenimento del rischio. Il problema che si pone, però, non riguarda solo l’Italia ma la debolezza stessa della costruzione europea che in questi anni non ha fatto alcun passo concreto in direzione di una maggiore integrazione (e quindi la situazione è più o meno la stessa di quando scoppiò la crisi dei debiti sovrani nel 2010). La nostra debolezza diventa dunque la debolezza dell’Eurozona e il fatto che la poltrona di Draghi sia in scadenza contribuisce a rendere più incerto il futuro dell’euro. Ecco perché ora sulla crisi italiana si tornano a innescare speranze speculative che in questi anni hanno continuato a covare sotto la cenere. L’estate si preannuncia molto calda.