E’ scattato a mezzanotte lo sciopero di 48 ore dei lavoratori di FedEx-Tnt in risposta ai 361 licenziamenti annunciati ad aprile, a due anni dall’acquisizione da parte della multinazionale americana. Punti nevralgici della protesta, che inizierà a mezzanotte e proseguirà fino alle 23:59 di venerdì, è la Lombardia, con il blocco dell’hub Fedex di Malpensa e relativi voli merci e di quello Tnt a Peschiera Borromeo. Altri presidi sono stati organizzati in molte filiali a rischio chiusura. Intento dichiarato: far sentire all’azienda il peso e il costo di un mancato accordo per far rientrare i licenziamenti. Il piano prevede la chiusura di 24 filiali FedEx sulle 34 totali presenti in Italia e licenziamento di un dipendente su quattro. Due le chiusure in Tnt, con il licenziamento di altre 46 persone. Infine ad altri 115 dipendenti, tra FedEx e TNT, verrà imposto uno spostamento geografico che, nella maggior parte dei casi, obbligherà alla perdita del lavoro.
Sui cartelli dei presidi si legge “La mia FedEx non l’avrebbe mai fatto”, a significare che Tnt, società in difficoltà da anni e con bassi livelli di esercizio, sembra conservare e infondere il suo modello su FedEx, non viceversa. “Il motivo è essenzialmente economico”, spiegano i dipendenti. “Corrieri, autisti e personale operativo FedEx sono tutti dipendenti, quindi costano di più rispetto a quelli di TNT, che sono invece esternalizzati tramite cooperative che spesso operano al limite della legalità e con problemi anche legali”.
Lo stop è unitario, vede insieme Cgil-Cisl e Uil trasporti e fa seguito ai falliti tentativi di far retrocedere i vertici della company, in ultimo al tavolo di crisi aperto al Mise dove l’unico accordo ha riguardato un’agenda di convocazioni che prevede un confronto azienda-parti sociali intorno alle date del 4-5 giugno e poi il 7 giugno l’incontro a Roma per riferire dei progressi. Lo sciopero, dopo quello del 17 maggio, certifica che non se ne sono fatti. Del resto le posizioni sembrano inconciliabili. I sindacati partono dall’assunto che Fedex è una realtà solidissima, dai bilanci tanto sani che tra il 2015-2017 ha fatto più 27% di fatturato mondo. “Quando ha acquisito TNT abbiamo tutti pensato che sarebbe stata una svolta positiva per i lavoratori”, spiega Grazia Golosi della UIL Trasporti Lombardia uscendo dall’assemblea di Malpensa. “Questo per il semplice fatto che Fedex, forte di 220mila dipendenti, ha una politica del personale che consideriamo tutti un modello: ha personale esclusivamente diretto sia a livello di magazzino che di corrieri, a differenza di Tnt che invece ha duemila dipendenti diretti e il doppio di indiretti, in gran parte esternalizzati e in subappalto dove non mancano irregolarità e precariato. Le riduzioni certificano che è successo l’esatto contrario di quanto auspicato da tutti, ovvero che il modello virtuoso di FedEx Corporation contaminasse positivamente quello di Tnt. E’ accaduto l’opposto”.
La richiesta – promossa anche con una petizione su Change.org – resta la stessa del 17 maggio, giovedì scorso, quando alla prima prova muscolare dei dipendenti ha aderito il 95% della forza lavoro. “Ritirare le procedure di licenziamento e continuare la trattativa – insiste la sindacalista – per trovare insieme una soluzione, perché non sfugge a nessuno che quando due colossi si fondono possano esserci delle sovrapposizioni, ma vanno gestire con le parti sociali senza partire imponendo i licenziamenti. Se l’azienda continuerà su questa impostazione troverà un muro. Perché l’altra cosa che non sfugge a nessuno è che così è facile, se licenzi 360 persone, metti i volumi di FedEx in Tnt e allora la domanda è “come mai non ci vanno pure i lavoratori?”, ma se lasci a casa i lavoratori e i volumi non li perdi ma li trasferisci vuol dire che poi esternalizzi questo pezzo”.
Da Peschiera è di ritorno Bruno Verco, Fit-Cisl: “L’azienda deve mettersi con i lavoratori a un tavolo e ragionare in maniera collaborativa della soluzione di questa crisi perché non è innescata da conti o flessioni delle attività ma da scelte di politica aziendale che sono incomprensibili al di fuori di una logica speculativa che ricade sulle spalle dei lavoratori. Noi contiamo ancora che si possano raggiungere gli obiettivi dell’azienda mantenendo i posti in essere, ancorché nell’ambito di una riorganizzazione da concordare e non imporre con licenziamenti e incentivi al trasferimento che sono altri tagli mascherati”.