Sgomberato il campo dall'”impeachment, ipotesi che non sta da nessuna parte e che si è rivelata solo un pessimo escamotage pubblicitario di Luigi Di Maio e Giorgia Meloni per tentare di riprendersi un pezzetto di scena dopo che Matteo Salvini li ha mandati nelle retrovie, va anche affermato a chiare lettere che sulla vicenda Savona Sergio Mattarella ha sbagliato.

Infatti, il delicato equilibrio fra presidenza della Repubblica e Parlamento stabilito nella Costituzione repubblicana affida al Presidente un compito di vaglio delle scelte effettuate in tema di composizione del governo che, se non è meramente notarile, deve tuttavia essere esercitato solo in casi limite e nella salvaguardia del quadro normativo e dell’indirizzo politico costituzionale.

Il punto davvero dirimente, a proposito della diatriba sul nome di Paolo Savona, è che le scelte attinenti all’euro e alle politiche europee in genere non possono essere considerate in alcun modo “costituzionalizzate”, ovvero normativamente irrigidite a un “livello superiore” e quindi sottratte alla discrezionalità politica di corpo elettorale, Parlamento e governo.

Dato, quindi, che l’ostilità di Mattarella nei confronti di Savona è stata determinata da un’ipotetica (e tutta da dimostrare) contrarietà di quest’ultimo all’euro, si è trattata di un’illegittima discriminazione ad personam, frutto di un’inammissibile ingerenza dello stesso presidente della Repubblica in un campo, quello dell’indirizzo politico di governo, che per nulla gli compete.

Come chiarito da Massimo Villone l’esame delle idee di Savona o di altri sull’Europa, non rientra nell’accertamento dei requisiti dell’attitudine a ricoprire con “disciplina e onore” le cariche pubbliche (tra le quali quelle ministeriali) che la Costituzione richiede.

Lasciano quindi il tempo che trovano le esilaranti elucubrazioni degli improvvisati “costituzionalisti” che sostengono (tra l’altro) l’esistenza di un indirizzo “evolutivo” che porterebbe a un ampliamento dei poteri presidenziali. Come dire, ci siamo trasformati in una Repubblica presidenziale a nostra insaputa. Parole chiare su tutta la vicenda le hanno scritte, come al solito, i giuristi democratici, che parlano giustamente di “grave sconfitta della democrazia“.

Potrebbe stupire il fatto che Mattarella – molto criticato e a ragione per aver ammesso alle consultazioni preliminari un personaggio come Silvio Berlusconi – abbia dimostrato, in questa circostanza, uno zelo e un protagonismo del tutto fuori luogo, oltre che giuridicamente infondati. In realtà, ciò non stupisce affatto, dato che la cieca subalternità nei confronti delle sciagurate politiche europee costituisce da tempo legge fondamentale per la nostra pessima classe politica e si può scommettere che (Savona o no) continuerà a esserlo anche per i finti rivoluzionari del 4 di marzo.

Questi si atteggiano a paladini della sovranità popolare, ma dovunque sono al governo – dalla Lombardia a Roma – applicano pedissequamente le politiche imposte dalla finanza e dai poteri forti e si può scommettere che continueranno a farlo una volta al governo. Tutto il resto è manfrina per accalappiare il voto di un elettorato giustamente esasperato. E ancora una volta ringraziano il Pd, con “special thanks” per Mattarella.

Lo strappetto di quest’ultimo è tanto più sciagurato, in un momento nel quale più che mai l’intangibilità dei principi costituzionali, formali e sostanziali, rappresenta un bene supremo. Comunque vada a finire, l’incresciosa situazione che si è determinata in seguito all’immotivato rifiuto di Mattarella darà modo aSalvini di mettersi indebitamente in scena come salvatore del popolo.

In conclusione, il necessario rovesciamento delle perniciose politiche europee non potrà certo essere opera di demagoghi raffazzonati, quanto di un’opposizione sistematica che si leghi alle istanze popolari e trovi finalmente espressione in una sinistra rifondata sulla base di tali istanze. In questo senso un avvenimento importante è stato l’assemblea nazionale di Potere al popolo che si è svolta domenica a Napoli. Da lì riparte l’unica vera opposizione al transitorio Carlo Cottarelli e ai Salvimaio o Berlusalvini di domani. Tutti pessimi esecutori dei disegni della finanza internazionale, chiacchiere buone per i fessi a parte.

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