Sono giorni di inquietudine profonda. Non importa che si stia dalla parte dei 5 stelle e della Lega oppure di Sergio Mattarella. Ti svegli la mattina con un malessere profondo, di quelli che stanno in fondo ai pensieri, sempre pronti a emergere. Non era forse mai successo. Non negli ultimi anni, almeno. Siamo preoccupati per l’Italia. Soffriamo nel vederla così avvilita. Schiacciata dai difetti che non riusciamo a correggere e che altre nazioni – con arroganza e senza affetto, ma anche con ragione – ci rinfacciano. Quest’Italia umiliata, sfottuta, senza più voce.
Che peccato! Abbiamo costruito insieme grandi cose: una democrazia, un Paese in fondo giusto, un sistema sanitario pubblico tra i migliori del mondo, una scuola aperta a tutti. Una giustizia lenta ma indipendente dai poteri politici ed economici più di quanto non accada altrove. Abbiamo, primi al mondo, chiuso i manicomi. Abbiamo accolto i migranti, pur tra tante difficoltà.
Esiste un modo di vivere insieme che è tutto italiano. E sarebbe una terribile perdita – per tutti, non solo per noi – se l’Europa dimenticasse il contributo che possiamo darle. Se la Germania, ricordandoci giustamente i nostri difetti, pretendesse di imporre a tutti il suo modello. Eppure non riuscendo a rinunciare ai nostri difetti (mafie, corruzione, evasione, piccole e grandi furbizie, mancanza di senso civico), rischiamo di dover rinunciare proprio alle cose belle che abbiamo saputo mettere insieme in secoli e secoli. Quel modo di sentire la vita, di saper stare insieme che altri Paesi ci invidiano (pure se loro hanno i conti a posto). Ne abbiamo bisogno. Ne ha bisogno l’Europa. E rischiamo di perderlo. Oggi.
Forse, tra tante amarezze, questi giorni di smarrimento ci hanno portato una scoperta: abbiamo paura per l’Italia. Per noi. Per la prima volta ci siamo accorti di quanto abbiamo costruito. Di chi siamo. Questo ci unisce. Partiamo da qui, senza autoindulgenza, ma con orgoglio.