“Me ne sono andato via dalla mia terra perché costretto da miseria e umiliazione”. Jonathan Cilia Faro ha 36 anni e fa il tenore negli Stati Uniti. Sono passati 14 anni da quanto, in Italia, viveva “perennemente frustrato, tartassato da ogni tipo di pressione fiscale”. Perché quel che il mondo della musica italiana ha insegnato al 36enne di Ragusa è che per fare l’artista, nel Belpaese, devi abituarti a vedere “ragazzini di appena 18 anni girare in tournée in tutta Italia solo perché usciti da talent show di successo” mentre i professionisti si devono accontentare di paghe non adeguate. “Alcuni programmi televisivi hanno ucciso il lavoro dei professionisti, ridicolizzando l’arte italiana”, racconta il giovane siciliano, ricordando gli anni in cui non era sufficiente avere due lavori per pagare le spese vive di trasporto e le tasse sulle sue esibizioni artistiche.
“In Italia anche se lavori 80 ore a settimana non riesci a mettere insieme più di duemila euro. E tra benzina, cibo, assicurazione della macchina e gestione della casa, in pratica si lavora per sopravvivere”. Un continuo stress, uno strangolamento quotidiano tra “cattivi pagatori e debiti per pagare le tasse dei lavori precari nel settore musicale”, che lo ha portato, nel 2004, a prendere il primo volo per gli Stati Uniti, senza ripensamenti. “Sono partito arrabbiato e con 300 euro nella carta prepagata, sperando di non rivedere più quella nazione che mi aveva tolto ogni dignità”.
In Italia anche se lavori 80 ore a settimana non riesci a mettere insieme più di duemila euro
Ora Jonathan è tenore lirico popolare a tempo pieno, produttore discografico e vicepresidente di una compagnia di intrattenimento che dà lavoro a dieci professionisti italiani, proprietaria di due studi di registrazione. Diventato italo-americano nel 2000, negli States il tenore e produttore guadagna quattro volte rispetto alla paga che riceveva in Italia, tanto da raccontarsi dalla sua casa di New York, una villa trasformata in un grosso studio di registrazione residenziale. “Materialmente non posso lamentarmi, ho raggiunto tutto ciò che potevo sognare di avere”. Eppure, ci sono cose che il benessere non potrà mai ripagargli. Come “la sofferenza di essere stato costretto ad andar via per sempre, gli amici perduti, non avere potuto vedere invecchiare i miei genitori e assisterli come avrei voluto e la lontananza dai miei figli”.
Non essere profeta in patria è “un’umiliazione che non si accetta, crea rabbia e dissapore”, eppure l’America ha dato al tenore italiano una seconda possibilità per sentirsi realizzato. Certo, le difficoltà iniziali non sono mancate. “Nel primo anno, in Usa, ho lavorato giorno e notte, risparmiando e facendo la mia gavetta da emigrante nel vero senso della parola”. Poi l’incontro con persone che hanno creduto nel suo talento mediterraneo, e la voglia di ripartire.
Poi, di colpo, ti svegli e ti ricordi il motivo per cui sei scappato dall’Italia: il sistema lavorativo che non funziona
Difficile placare l’anima di un sognatore. Tanto che il tenore, se pensa alla sua vecchiaia, si immagina ben lontano dal sogno americano, a invecchiare sulle colline della Lunigiana, magari bevendo del buon vino mentre gioca a briscola. “Non ci crederai, ma dell’Italia mi manca il ‘buongiorno’ del fornaio che mi serve il pane caldo, l’aria buona, il caffè al bar con gli amici e il piacere di leggere un giornale cartaceo mentre assaporo un cappuccino”. Perché Jonathan ama l’Italia, non riesce a negarlo, ne ama le persone, l’enogastronomia, i paesaggi mozzafiato, la cultura storica e artistica. “Poi, di colpo, ti svegli e ti ricordi il motivo per cui sei scappato: il sistema lavorativo che non funziona”. Eppure, oltreoceano, mentre mangia un piatto di spaghetti davanti ad un rosso d’importazione della sua amata Sicilia, “non importa quanto sia lontano o impegnato, alla prima forchettata di spaghetti non possono non chiedermi: ‘Chissà cosa starà succedendo oggi in Italia‘”.
Cervelli in fuga
Tenore negli Stati Uniti. “Ora guadagno il quadruplo rispetto all’Italia, dove si lavora per sopravvivere”
Jonathan Cilia Faro è di Ragusa, ha 36 anni ed è partito per gli Usa nel 2004, "arrabbiato e con 300 euro nella carta prepagata". Se n'è andato perché si sentiva "frustrato e tartassato dal fisco" e a New York ha trovato la sua realizzazione professionale ed economica. Ma l'Italia gli manca. Tanto
“Me ne sono andato via dalla mia terra perché costretto da miseria e umiliazione”. Jonathan Cilia Faro ha 36 anni e fa il tenore negli Stati Uniti. Sono passati 14 anni da quanto, in Italia, viveva “perennemente frustrato, tartassato da ogni tipo di pressione fiscale”. Perché quel che il mondo della musica italiana ha insegnato al 36enne di Ragusa è che per fare l’artista, nel Belpaese, devi abituarti a vedere “ragazzini di appena 18 anni girare in tournée in tutta Italia solo perché usciti da talent show di successo” mentre i professionisti si devono accontentare di paghe non adeguate. “Alcuni programmi televisivi hanno ucciso il lavoro dei professionisti, ridicolizzando l’arte italiana”, racconta il giovane siciliano, ricordando gli anni in cui non era sufficiente avere due lavori per pagare le spese vive di trasporto e le tasse sulle sue esibizioni artistiche.
“In Italia anche se lavori 80 ore a settimana non riesci a mettere insieme più di duemila euro. E tra benzina, cibo, assicurazione della macchina e gestione della casa, in pratica si lavora per sopravvivere”. Un continuo stress, uno strangolamento quotidiano tra “cattivi pagatori e debiti per pagare le tasse dei lavori precari nel settore musicale”, che lo ha portato, nel 2004, a prendere il primo volo per gli Stati Uniti, senza ripensamenti. “Sono partito arrabbiato e con 300 euro nella carta prepagata, sperando di non rivedere più quella nazione che mi aveva tolto ogni dignità”.
Ora Jonathan è tenore lirico popolare a tempo pieno, produttore discografico e vicepresidente di una compagnia di intrattenimento che dà lavoro a dieci professionisti italiani, proprietaria di due studi di registrazione. Diventato italo-americano nel 2000, negli States il tenore e produttore guadagna quattro volte rispetto alla paga che riceveva in Italia, tanto da raccontarsi dalla sua casa di New York, una villa trasformata in un grosso studio di registrazione residenziale. “Materialmente non posso lamentarmi, ho raggiunto tutto ciò che potevo sognare di avere”. Eppure, ci sono cose che il benessere non potrà mai ripagargli. Come “la sofferenza di essere stato costretto ad andar via per sempre, gli amici perduti, non avere potuto vedere invecchiare i miei genitori e assisterli come avrei voluto e la lontananza dai miei figli”.
Non essere profeta in patria è “un’umiliazione che non si accetta, crea rabbia e dissapore”, eppure l’America ha dato al tenore italiano una seconda possibilità per sentirsi realizzato. Certo, le difficoltà iniziali non sono mancate. “Nel primo anno, in Usa, ho lavorato giorno e notte, risparmiando e facendo la mia gavetta da emigrante nel vero senso della parola”. Poi l’incontro con persone che hanno creduto nel suo talento mediterraneo, e la voglia di ripartire.
Difficile placare l’anima di un sognatore. Tanto che il tenore, se pensa alla sua vecchiaia, si immagina ben lontano dal sogno americano, a invecchiare sulle colline della Lunigiana, magari bevendo del buon vino mentre gioca a briscola. “Non ci crederai, ma dell’Italia mi manca il ‘buongiorno’ del fornaio che mi serve il pane caldo, l’aria buona, il caffè al bar con gli amici e il piacere di leggere un giornale cartaceo mentre assaporo un cappuccino”. Perché Jonathan ama l’Italia, non riesce a negarlo, ne ama le persone, l’enogastronomia, i paesaggi mozzafiato, la cultura storica e artistica. “Poi, di colpo, ti svegli e ti ricordi il motivo per cui sei scappato: il sistema lavorativo che non funziona”. Eppure, oltreoceano, mentre mangia un piatto di spaghetti davanti ad un rosso d’importazione della sua amata Sicilia, “non importa quanto sia lontano o impegnato, alla prima forchettata di spaghetti non possono non chiedermi: ‘Chissà cosa starà succedendo oggi in Italia‘”.
TRUMP POWER
di Furio Colombo 12€ AcquistaArticolo Precedente
‘La mia vita a metà tra Italia e Francia’. La storia di Ugo fra stereotipi e tradizione
Articolo Successivo
Barista in Thailandia. “La sfortuna mi ha dato il coraggio di partire. Qui pieno di riminesi: mi sembra di essere a casa”
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
“Risoluzione Usa all’Onu non cita l’integrità ucraina”. Rubio: “Semplice e storica”. Mosca: “Una buona idea”. Voci al fronte: “Non sarà giusta, ma almeno sarà pace”
Da Il Fatto Quotidiano in Edicola
“Vendo io le borse Hermès false a Santanchè”. Perché ora la ministra del Turismo rischia davvero
Cronaca
Il Papa “ha riposato bene”. “Dimissioni? Sono speculazioni”. Le condizioni mediche: “Non è fuori pericolo, il vero rischio è la sepsi”
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Nessun tumore al cervello e nessuna infezione da polmonite batterica, come erroneamente riportato dalla Direzione sanitaria del Mar Rosso. Mattia è morto per un’emorragia causata da un aneurisma cerebrale e si esclude con certezza la presenza di altre patologie concomitanti. Questo quanto emerge dopo l'esame effettuato dall'Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine". Così l'avvocato Maria Virginia Maccari, che assiste i familiari di Mattia Cossettini, morto a 9 anni mentre si trovava in vacanza a Marsa Alam.
"Mattia era felicissimo della vacanza e fino a quella tragica escursione in barca non aveva manifestato alcun sintomo, nemmeno un raffreddore. Tanti sorrisi fino all’ultimo momento, allegro come tutti lo conoscevano, ma durante l’escursione in barca non c’è stata nessuna possibilità di chiamare o di ricevere i soccorsi. Secondo i genitori vi è stata sicuramente una sottovalutazione del quadro clinico iniziale; c’è poi stato un errore di refertazione da parte dei medici dell’ospedale generale governativo di Marsa Alam, che hanno interpretato la Tc senza intervenire poi su Mattia per l’assenza di attrezzature, tenuto solamente in osservazione mentre i sanitari stimavamo le più svariate patologie, dal diabete alla broncopolmonite, citando addirittura il Covid come causa di un’ossigenazione bassa quando invece Mattia non aveva neanche la tosse", spiega.
"Rimasto invece su una lettiga di ospedale, con il cuscino della camera del resort, mentre i genitori tentavano invano un trasferimento presso un altro ospedale. La famiglia sta ancora approfondendo gli aspetti relativi all’incidenza di una corretta e tempestiva diagnosi, ma quello che emerge è la necessità di sensibilizzare il Governo egiziano per favorire protocolli nella gestione delle emergenze sanitarie nella zona del mar Rosso. Il primo ospedale attrezzato è situato a circa tre ore di auto e - sottolinea - non sono disponibili mezzi di trasporto rapidi per raggiungerlo. Probabilmente sarebbe sufficiente un piccolo contributo economico da parte delle numerosissime strutture alberghiere per garantire un servizio sanitario adeguato, oppure realizzare un eliporto per trasferire i pazienti gravi, raggiungendo un luogo idoneo. Si stima la presenza di circa quindici milioni di italiani in Egitto ogni anno, di cui un terzo circa nella zona del Mar Rosso".
"Nonostante tutte le immersioni subacquee effettuate in zona, anche una 'semplice' embolia polmonare diventerebbe critica a causa dell’assenza nelle vicinanze di una camera iperbarica. In alcune situazioni potrebbe fare la differenza anche la refertazione a distanza, facilmente possibile con l’utilizzo della telemedicina e nel caso di Mattia si sarebbe molto probabilmente evitata l'errata interpretazione delle immagini della Tc, fatto che ha di certo avuto un peso psicologico importante sui genitori. Non è chiaro se il tempo perso, dai primi sintomi interpretati in modo superficiale dai medici, all’incapacità di intervenire in modo attivo presso l’ospedale di Marsa Alam, potessero cambiare l’esito della vicenda. È però evidente come, qualsiasi necessità sanitaria improvvisa, che possa essere clinicamente complessa ma che nel nostro contesto sociale risulti gestibile, le possibilità di sopravvivenza in una zona così turistica e famosa siano sorprendentemente scarse. I genitori di Mattia, Marco e Alessandra, si augurano che la morte di loro figlio possa servire ad avviare questo adeguamento sanitario in Egitto per il bene dí tutti gli altri turisti italiani, non consapevoli della situazione fatiscente che potrebbero scoprire appena varcate le mura dei lussuosi resort", conclude.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Gaza, 22 feb. (Adnkronos) - Gli ostaggi israeliani Eliya Cohen, Omer Shem Tov e Omer Wenkert sono stati trasferiti alla Croce Rossa Internazionale dopo essere saliti sul palco a Nuseirat, nel centro di Gaza, prima del rilascio da parte di Hamas.
Roma, 22 feb. (Adnkronos Salute) - "In Italia sono sempre più giovani medici attratti dalla ginecologia oncologica: questa specializzazione conta bravi chirurghi intorno ai 45 anni, in Italia sono circa 50, tra cui molte donne. E loro saranno tra i protagonisti domani del simposio 'Innovation in Gyn Onc', appuntamento voluto dalla Società italiana di ginecologia e ostetricia all’interno di Esgo", European Gynaecological Oncology Congress, in corso fino a domenica a Roma (Hotel dei Congressi all’Eur). Così all’Adnkronos Salute Vito Trojano, presidente di Sigo alla vigilia del meeting all’interno del Congresso Esgo 2025, un'esperienza formativa con oltre 50 sessioni scientifiche che in questa tre giorni di lavori presentano gli ultimi sviluppi medici e scientifici nella ricerca, nel trattamento e nella cura dei tumori ginecologici, tenuti da esperti di fama mondiale.
"Sarà una giornata molto importante perché non solo è un connubio fra la Società europea di ginecologia oncologica e la Sigo – spiega Trojano – ma perché dedicata alle nuove generazioni. Obiettivo: poter fare in modo che la Ginecologia oncologica sia sempre più attrattiva e di interesse per i giovani che aspirano a fare i medici".
Tra i temi al centro del simposio, nuove proposte per la vaccinazione e lo screening del cancro cervicale, prevenzione del cancro ovarico oltre la chirurgia, medicina di precisione in oncologia ginecologica, novità dalla biopsia liquida, algoritmi terapeutici nel carcinoma ovarico di prima linea, efficacia e sopravvivenza a lungo termine con gli inibitori di Parp. E ancora: la salute digitale in oncologia ginecologica, telechirurgia, telesonografia, teleconsulenza e Hipec (chemioterapia ipertermica intraperitoneale) in oncologia ginecologica. "Ampio spazio sarà dato ovviamente alle nuove terapie mediche, alle tecniche chirurgiche e all’Intelligenza artificiale con cui i futuri chirurghi si addestrano e si formano", conclude Trojano.
Gaza, 22 feb. (Adnkronos) - A Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza, verranno rilasciati tre ostaggi (Omer Shem Tov, Eliya Cohen e Omer Wenkert) rapiti il 7 ottobre, anziché quattro come si pensava in precedenza. Il quarto ostaggio, Hisham al-Sayed, rapito nel 2015, verrà liberato in un altro luogo e senza una cerimonia pubblica. I veicoli della Croce Rossa sono presenti a Nuseirat, ma sembra che ci potrebbe essere ritardo nella consegna.